Pendragon

Re Artù si sta recando a Camlann per affrontare un’ultima volta Mordred, colui che con il suo tradimento ha messo fine al sogno di Camelot. Nei panni di uno dei personaggi resi immortali dai racconti del ciclo arturiano dovremo dunque incamminarci verso il luogo della battaglia finale, superando imboscate, boschi spettrali e ogni tipo di pericolo. Lungo la strada troveremo vecchi amici, nuovi compagni e nemici dietro ogni angolo. E ci sarà anche l’occasione per sedersi attorno al fuoco a raccontarsi qualche storia tra mito e leggenda.

Inkle è ormai una affermata realtà nell’ambito dei videogiochi narrativi e Pendragon, continua su questo filone, anche se introduce dinamiche da strategico a turni che rappresentano una novità per gli sviluppatori guidati da Jon Ingold. Purtroppo il risultato è un po’ al di sotto delle aspettative, soprattutto perché non sembra rappresentare quel concentrato di novità che si era visto nelle produzioni precedenti della software house. Con Pendragon, che si può descrivere come ibrido tra strategia e narrativa, ritroviamo dinamiche a metà tra Sorcery e 80 Days, ma in formato ridotto. Avventure sempre diverse, come nei viaggi insieme a Fogg e Passepartout, ma partite più brevi che faticano a rimanere impresse nel cuore dei giocatori. Intendiamoci, in pieno stile inkle non mancano decine di trame e sottotrame che creano un fitto reticolo di possibilità, ma le ricche descrizioni e la complessa cosmogonia di altre produzioni di questa software house lasciano spazio alle poche parole che i protagonisti si scambiano tra un passo e l’altro o a quelle che accompagnano le location presentate con grafica sì dignitosa, ma non memorabile. Qualche dialogo ha ancora il potere di stimolare la curiosità del giocatore, ma tutto scorre via rapidamente e manca quel costante senso di meraviglia che nei titoli inkle di solito accompagna ogni mossa.



A proposito di mosse, le meccaniche della parte “giocata” sono quelle di uno strategico di posizione. Si pensi agli scacchi, o a Stratego. Ogni luogo visitato dal nostro eroe è rappresentato da una piccola scacchiera, dove le pedine possono muoversi e combattere. Le dinamiche di base sono piuttosto semplici, soprattutto se si pensa che basta un solo colpo per eliminare una pedina dalla scacchiera. Non mancano alcuni elementi in grado di sparigliare le carte come le mosse speciali e il morale, ma la ripetitività di certi passaggi fanno sì che le battaglie, alla lunga, appesantiscano un po’ troppo il ritmo del gioco, tanto da assomigliare quasi a un pedaggio da pagare per veder proseguire la storia piuttosto che rappresentare un punto di forza del gioco. Più un impedimento che un divertimento, quindi.

Dal punto di vista del comparto narrativo, l’ambientazione arturiana è sicuramente affascinante e Pendragon la sfrutta bene per creare un background coerente per le varie iterazioni delle nostre avventure, ma manca sempre quel tocco di magia che ci faccia davvero vivere le vicende nei panni dei protagonisti. Inoltre, l’accento sulla generazione procedurale di mini-storie e la particolare meccanica delle fasi strategiche fanno sì che il culmine della vicenda risulti molto sacrificato sul piano narrativo. Anche Mordred, colui che con il suo tradimento ha sconvolto Camelot, appare più come un semplice pedone da rovesciare distrattamente sulla scacchiera che come il nemico ultimo e l’odiata nemesi di Artù.

Come nota curiosa, sappiate che i circa trenta racconti intorno al fuoco sono stati in larga parte creati da fan che hanno risposto all’appello di inkle diffuso tramite social media. Il numero tutto sommato limitato di storie incluse fa pensare che la nicchia cui si rivolge Pendragon sia piuttosto ristretta.
Da parte nostra, troviamo che il gioco sia sì dignitoso, ma troppo limitato e forse poco coraggioso, al netto, naturalmente, del fatto che gli sviluppatori si siano cimentati nel genere strategico per la prima volta.
In conclusione, un titolo "minore" di una software house che finora aveva sempre stupito migliorandosi a ogni uscita e che forse adesso si è fermata per riposarsi un poco. La speranza è che presto possa riprendere il suo luminoso cammino.
 

Heaven's Vault

Aliya Elasra non è la tipica studiosa che ci si aspetterebbe di trovare su Iox. Invece di rimanere china sui libri in stanze polverose, lei preferisce salire sulla sua nave stellare ed esplorare le correnti galattiche della Nebulosa in cerca di antichi artefatti e di lingue sconosciute. Ma che futuro potrà mai avere un’archeologa così sui generis, in un mondo che rigetta l’idea di tempo lineare e pensa che la storia non sia altro che un eterno ritorno?

Non ci vogliamo nascondere dietro a un dito. Noi di OldGamesItalia adoriamo la inkle, software house che ci ha regalato gioiellini come 80 Days e la saga di Sorcery in formato digitale. Era dunque con grande impazienza che attendevamo l’arrivo di Heaven’s Vault, la nuova fatica di Jon Ingold & soci, che promette di offrire su PC e PS4 un’esperienza non lineare, una cosmogonia dettagliatissima e, soprattutto, l’elemento che gli autori più hanno messo in evidenza nei vari annunci che hanno accompagnato la lunga gestazione del gioco: la presenza di un linguaggio completamente creato ex-novo per stimolare le doti deduttive del giocatore.

Non si tratta di un semplice alfabeto alternativo che si limita a sostituire le singole lettere con ghirigori più o meno originali, ma di un sistema rigoroso basato su ideogrammi e regole semantiche proprie. Per motivi di gameplay, la struttura delle frasi ricalca quella dell’inglese moderno, ma la cosa sarà di ben poco aiuto quando, all’inizio, ci si troverà di fronte a curve e riccioli che sembrano gettati a caso sul monitor. E il più delle volte non ci saranno nemmeno gli spazi a suddividere le varie parole. Tuttavia, a mano a mano che si scopriranno nuove frasi incise su un artefatto o su un ingresso monumentale, quegli sgorbi inizieranno ad assumere un significato, dapprima semplice (uomo, luce, acqua…), poi via via sempre più complesso fino a esprimere concetti più articolati e astratti.

Se il lavoro fatto da inkle da un punto di vista linguistico è fantastico e unico nel suo genere (non a caso si sono avvalsi della consulenza di professionisti in materia), anche il lato tecnico di questo elemento nasconde qualche chicca interessante: le frasi, distribuite come si diceva su oggetti e parti dello scenario, sono generate proceduralmente in base alle conoscenze acquisite dal giocatore e al contesto in cui vengono ritrovate. Le prime sequenze saranno semplici e brevi, ma verso fine gioco ci si ritroverà di fronte a periodi lunghi e con termini mai riscontrati prima. E dato che ogni partita fa storia a sé, due giocatori potrebbero non vedere mai la stessa frase.

La non linearità è quindi l’altra caratteristica focale di Heaven’s Vault, ma non c’è da stupirsi, visti i titoli pubblicati in passato da questa software house. Grazie alla sua barca spaziale, Aliya è in grado di muoversi all’interno della Nebulosa viaggiando senza un ordine prestabilito tra le varie lune che compongono il Protettorato di Iox. Non tutte le destinazioni saranno disponibili sin dall’inizio, ma sarà possibile scoprirle grazie alle informazioni raccolte durante i viaggi. Raramente, però, le destinazioni saranno chiaramente indicate sulla mappa. Più spesso, invece, verrà fornita soltanto la posizione generica delle lune da trovare e il giocatore dovrà vagare un bel po’ tra i vari “fiumi spaziali”.

Come si può ben intuire, lasciare tanta libertà rappresenta una sfida non da poco per qualsiasi programmatore e purtroppo non si può dire che la casa di 80 Days sia riuscita appieno a superarla. Le fasi iniziali accompagnano bene le scelte fatte, ma più si avanza con la storia (e si parla di almeno 20 ore di gioco per la prima “run”) si comincia a notare un pericoloso sfilacciamento delle sequenze e si fa sempre più forte l’impressione che alcune parti di trama siano bruscamente tagliate o lasciate in sospeso senza troppe spiegazioni. Certo, tutto dipende da quali bivi si sono intrapresi, ma la cosa lascia parecchio amaro in bocca, soprattutto che la storia è proprio uno dei punti di forza di questa software house. Bisogna anche dire, però, che quando tutto funziona bene, l’effetto è assolutamente piacevole.

Da un punto di vista tecnico, Heaven’s Vault segna il passaggio di inkle dal genere dell’avventura testuale a quello dell’avventura grafica vera e propria: Aliya si muove all’interno di un ambiente 3D, controllata direttamente tramite mouse e tastiera o, ancor meglio, tramite joypad. Per parlare con un PNG o per interagire con un oggetto non sarà possibile usare un parser testuale o scegliere una risposta tra varie opzioni, ma sarà necessario far spostare fisicamente la protagonista da un punto all’altro della location.
Purtroppo la lentezza dei movimenti, unita all’ampiezza degli ambienti e a un aspetto grafico piuttosto grezzo (sia nelle sue parti 3D, gli scenari, sia in quelle 2D, i personaggi), rendono l’esplorazione piuttosto tediosa, soprattutto quando ci si ritrova a visitare lo stesso luogo più volte. La cosa è addirittura più evidente durante i viaggi spaziali che fin troppo frequentemente durano diversi minuti. È vero che, grazie ai dialoghi “spontanei” che ogni tanto appaiono a schermo, i trasferimenti sono un’occasione per ampliare la trama, ma la verità è che la cosa andava bilanciata meglio. Una patch resa disponibile pochi giorni dopo l'uscita del gioco ha limitato la ripetitività dei viaggi spaziali, che ora sono molto più rapidi e meno noiosi.

Come in ogni avventura grafica che si rispetti, anche in Heaven's Vault non mancano altri individui (virtuali) con cui interagire. Non sono presenti in gran numero, a dire il vero, e non sempre risultano ben definiti o integrati nella storia, ma gli abitanti della Nebulosa riescono in qualche modo a intrigare, forse perché si ha sempre la sensazione che sappiano di più di quanto non lascino trasparire. Interessante notare come il loro atteggiamento nei confronti della protagonista sia influenzato dal tono in cui saranno impostati i dialoghi, il che può portare anche a conseguenze a lungo termine.
La maggior parte del tempo sarà comunque spesa in solitudine, su lune abbandonate. In realtà, proprio soli non si rimane mai, dato che in ogni viaggio ci sarà sempre il fedele "Six", un robot che nel nome e nelle fattezze ricorda il celebre “Numero 5” del film Corto Circuito, e che avrà un ruolo di primo piano nella trama. O forse no! Anche in questo caso, le scelte saranno determinanti per “plasmare” carattere e destino del compagno robotico di Aliya.

Tra le varie ed eventuali, vanno sicuramente citate le ottime musiche, molto “d’atmosfera” (in pieno stile inkle), la scontata mancanza di traduzione italiana (ma è assai dubbio che il gioco sarà tradotto in altre lingue) e la presenza di una modalità New Game + che permette di rivivere le vicende di Aliya rendendo le frasi da tradurre più lunghe e complesse, ma mantenendo tutte le conoscenze acquisite durante la partita (o le partite) precedenti. E che dire poi della linea del tempo in cui sono registrati tutti gli eventi di cui l’archeologa ha conoscenza diretta o indiretta? Una vera gioia per qualsiasi storiografo!

Heaven’s Vault è sicuramente un gioco molto ambizioso, bisogna riconoscerlo, soprattutto per una piccola software house come inkle, e propone caratteristiche tecniche e di gameplay originali e uniche. Tuttavia, la stessa ambizione che sorregge tutto il progetto è anche l’elemento che determina l’esistenza delle varie imperfezioni che troppo spesso fanno capolino durante una partita. Volendo fare un bilancio fra pregi e magagne, i pregi risultano comunque più numerosi, ma forse in misura minore rispetto ai titoli precedenti. Heaven’s Vault è quindi un gioco che probabilmente dividerà gli appassionati tra chi ne adora l’originalità e l’audacia, e chi non riesce ad accettarne i limiti e la mancanza di coesione. E noi di OldGamesItalia? Beh, inutile nascondersi dietro a un dito: l’abbiamo adorato!
 

Kelley Armstrong's Cainsville Files

Cainsville Files è una graphic novel scritta da Kelley Armstrong, una prolifica autrice fantasy Canadese con all'attivo alcuni "New York Times Best Sellers".

Il gioco è stato scritto utilizzando l'engine inklewriter e illustrato da Julie Dillon.
Si tratta di un gioco più piccolo e assai più modesto, sia nelle intenzioni che nella realizzazione, dei successivi titoli Inkle, (Sorcery! o 80 Days). Tuttavia si rivela una lettura complessivamente piacevole, che saprà intrattenervi per qualche ora con un'investigazione dai tratti horror. 

Cainsville Files è la storia di una giovane detective privata alle prime armi. Giovane, single, orfana e molto legata alla memoria della sua ultima matrigna, nonché poliziotta dimissionaria. La nostra investigatrice dovrà vedersela con la sparizione di un suo ex e della sua attuale compagna, forse per mano di un assassino seriale attivo in città.
Il titolo, per quanto concettualmente completamente autonomo, rappresenta una sorta di prequel digitale alla saga di Cainsville della stessa autrice (saga ancora in corso, con il terzo libro in uscita).

In verità la trama non è niente di originale, a cavallo fra la storia investigativa, l'horror e il sovrannaturale. Presenta una buona dose di cliché e di situazioni già abbondantemente viste. Riesce però a farsi giocare fino in fondo grazie a una buona scrittura e a un'ottima gestione dei tempi narrativi. Non vi folgorerà, ma si farà leggere.
Le musiche di sottofondo sono alquanto povere, ma non disturbano. Stesso discorso per i fondali e per i personaggi: poveri e con tratti quasi infantili, ma fanno il loro dovere.

È la parte ludica che invece lascia un po' a desiderare.
Ci sono molto scelte, inframmezzate da una giusta quantità di testo, ma è praticamente impossibile morire o restare bloccati.
In tutto ci sono 33 indizi da scoprire. Il sottoscritto ha finito a 32/33 senza alcuna fatica e senza sentire mai il bisogno di "riavvolgere" la storia per sondare gli esiti di scelte diverse. In più, fra le variabili della storia, c'è anche la possibilità di una romance, che però io ho scelto di non perseguire.
In buona sostanza però questo Cainsville Files è più "narrativa interattiva"" che "avventura testuale"". Difficile dire se sia un bene o un male: in ultima analisi dipende dai gusti. Del resto questa tendenza ormai è ben visibile anche nelle competizioni di genere, basti pensare al secondo posto di un titolo come Creatures Such As We all'IfComp 2014. È ormai evidente che le nuove piattaforme di sviluppo (di cui inklewriter è certamente una delle più avanzate e interessanti) stiano lentamente spostando l'interactive fiction verso la sua componente narrativa, allontanandola invece dall'impostazione enigmistica/esplorativa dei titoli classici a parser testuale.

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Down Among the Dead Men

Down among the dead men,
Down among the dead men,
Down, down, down, down,
Down among the dead men let him lie.

John Dyer (1700-58)

Down Among the Dead Men è un adattamento digitale realizzato con inklewriter dell'omonimo libro-game di Dave Morris, autore anche di Frankenstein (altro libro-game passato per le mani degli InkleStudios).

Il titolo è tratto da una canzone popolare del 1700 di John Dyer e riassume bene l'atmosfera piratesca di questo titolo. Dimenticatevi però le scanzonate isole caraibiche di Monkey Island o le romantiche avventure "a tinte rosa" di Plundered Hearts: questo Down Among the Dead Men è un gradevole e originale connubio fra pirati e fantasy.
Il gioco narra la storia di come il protagonista e i suoi tre compagni riusciranno a scappare da un vascello pirata e salvare fra mille peripezie la vita della Regina! Le loro temerarie avventure li vedranno solcare i sette mari, fra cannibali, streghe e vulcani; arrivando a possedere una nave tutta loro e magari diventando loro stessi dei veri pirati!
L'ambientazione è abbastanza originale, grazie alle sue vaghe influenze fantasy; la storia invece presenta un intreccio abbastanza esile e con situazioni da "cliché piratesco".
Il fascino del racconto e il suo buon ritmo narrativo sono però garantiti dal serrato susseguirsi di tantissimi episodi avventurosi. Pur senza trovate geniali, c'è tantissima varietà in Down Among the Dead Men e al termine del gioco sarete davvero gratificati dalla sensazione di aver portato a compimento una lunga avventura piratesca.



Il gioco è diviso in vari capitoli da giocare in sequenza. Il giocatore non può annullare le singole scelte, ma può in ogni momento riprendere la storia dall'inizio di uno qualsiasi dei capitoli già giocati (annullando quindi tutte le scelte successive eseguite). Come in tutti i giochi Inkle c'è grandissima attenzione alla quantità di testo da leggere prima di arrivare alla scelta multipla successiva, e questo giova non poco all'esperienza di gioco.
Assolutamente da segnalare come Down Among the Dead Men, rispetto ad altri titoli simili dell'attuale generazione di interactive fiction (fra cui anche Cainsville Files, sempre degli InkleStudios), mantenga una dimensione "giocosa". Il titolo presenta infatti tre livelli diversi di difficoltà. Quello più basso farà sì che la trama si adatti per correggere ogni vostro sbaglio, in modo tale che arrivare alla fine sia solo "questione di click". Il livello più alto invece (che corrisponde grosso modo al libro-game originale) è una sfida vera e propria, che non ammette errori e che vi costringerà a "riavvolgere"" la storia più e più volte, alla disperata ricerca del percorso giusto per arrivare al sospirato finale. Vi garantisco che, per finirlo a difficoltà massima, dovrete penare un bel po' e imparerete a conoscere bene le conseguenze di ogni singola scelta.



Down Among the Dead Men, pur non essendo un titolo vasto e complesso come la successiva produzione degli InkleStudios (vedi 80 Days e Sorecery!), è però in grado di esprimere al massimo le potenzialità dell'engine inklewriter.
Il gioco è in grado di gestire livelli di difficoltà diversi, protagonisti di sesso e capacità diverse, e anche una sorta di inventario degli oggetti chiave che abbiamo trovato. Il risultato è un numero davvero cospicuo di variabili, che capitolo dopo capitolo si sommeranno per restituirvi una storia fluida ma veramente interattiva.

Non è la migliore storia di pirati mai scritta, però è davvero interattiva e dinamica, divertente e impegnativa. Un buon esempio di narrativa interattiva a scelta multipla che non rinuncia però alla sua componente ludica. Ahimé, solo per iOS e solo in inglese.

Questa recensione fa parte del Ciclo Inkle Studios.

80 Days

Se a Jules Verne avessero mostrato una versione del suo Giro del mondo in 80 giorni trasformato in un libro-game e adattato per essere giocato su tablet, il grande scrittore avrebbe dapprima sorriso divertito, ma poi ne sarebbe rimasto affascinato. E ne avrebbe avuto ben d'onde, visto che si sarebbe trovato tra le mani un signor gioco! Lo stesso gioco che noi fortunati uomini e donne del futuro possiamo acquistare per pochi euro per le nostre piattaforme iOS e android (NOTA: il gioco è ora disponibile anche su PC/MAC).

80 Days è la riproposizione videoludica delle avventure del gentleman inglese Phineas Fogg e del suo devoto servitore Passepartout, impegnati nel tentativo di girare intorno al mondo e di tornare a Londra in meno di tre mesi. Lo scopo del gioco è quindi palese: aiutare i due avventurosi a raggiungere la loro destinazione in tempo utile per vincere la scommessa. Ma, come si dice, "l'importante è il viaggio e non la destinazione" e 80 Days ne è l'esempio lampante.

Strutturato come un'avventura a bivi ibridata con elementi da gioco da tavolo, il gioiellino targato inkle è basato quasi esclusivamente su un'interazione di tipo testuale. Al di là degli spostamenti sulla mappa, infatti, il giocatore può intervenire sugli eventi esclusivamente affidandosi alle generose descrizioni che il gioco gli sciorina davanti agli occhi in ogni occasione: durante un viaggio in treno, nell'intimità della propria stanza d'albergo, tra le viuzze di un suk arabo... tutti luoghi ricostruiti semplicemente con descrizioni testuali. Di tanto in tanto il testo si interrompe e al lettore (che di fatto "interpreta" Passepartout) si richiede di scegliere fra una o più opzioni, vaghe quel tanto che basta da non dare un'idea precisa di quel che accadrà poi. E le diramazioni sono innumerevoli: un tranquillo viaggio in nave si trasforma in un giallo alla maniera di Agatha Christie, la carrozza di un treno espresso fa da sfondo a un match clandestino tra il fido valletto e un campione di pugilato, una passeggiata al chiaro di luna fa sbocciare amori proibiti... Al giocatore, con un tocco di dito, è dato un grande potere. Ma anche una grande responsabilità:  l'impossibilità di salvare e ricaricare rende ogni decisione definitiva, con tutti i pro e i contro che ciò comporta.

Come si diceva, il viaggio è importante, ma non è tutto, suvvia. Anche la destinazione ha la sua rilevanza, per cui è necessario pianificare bene i propri spostamenti (considerando anche gli imprevisti che sicuramente capiteranno) al fine di portare il dinamico duo all'ombra del Big Ben in tempo per il tè delle cinque e per vincere la scommessa. Si parte da Londra con un budget di 4000 sterline e una valigia in cui disporre qualche effetto personale e qualche souvenir (da vendere a caro prezzo nei mercati all'altro capo del mondo). Esplorando le città e parlando con vari personaggi è possibile scoprire quali mezzi connettono un paese all'altro, aprendo così nuove vie verso Est (attraverso più di 100 location). E se si pianifica, bisogna pianificare bene, dato che i biglietti costano e non sempre i treni partono quando farebbe più comodo (a meno che...).

L'impianto di gioco è davvero semplice, tutto sommato, ma la miriade di differenti variabili che si possono incontrare durante le partite lo rendono un gioco dall'alto tasso di rigiocabilità. A ciò contribuisce l'innegabile fascino che trasuda da ogni dettaglio. I testi composti da Meg Jayanth sono impeccabili; forse un po' prolissi, ma capaci di illustrare scene molto evocative. Le illustrazioni, semplici ma al contempo dettagliate, ben trasmettono lo spirito dinamico di questa corsa contro il tempo. L'interfaccia è molto asciutta, in pieno stile "app", ma ben si sposa con tutto il resto. Le musiche, non moltissime, si fanno apprezzare specialmente nelle schermate di spostamento grazie al loro ritmo incalzante.

Ma la cosa che più affascina di 80 Days è che non si tratta di una mera trasposizione del romanzo di Verne in versione videogame. È, piuttosto, una rilettura in chiave steampunk di tale opera, con tanto di trame e intrighi che arricchiscono il mondo di gioco e lo rendono lontano e misterioso quasi quanto i mondi narrati da Verne dovevano apparire lontani e misteriosi agli occhi dei lettori del Giro del mondo. Macchine volanti a energia atomica, hovercraft a vapore, gilde alchemiche, sette segrete... ogni tratta del viaggio verso Londra può nascondere dei piccoli dettagli su una realtà a cui il giocatore non potrà mai avere piena conoscenza e che per tale motivo diventa tremendamente coinvolgente e appassionante.

Certo, 80 Days ha anche i suoi difetti: una generale prolissità, l'assenza di un feedback più chiaro riguardo all'evoluzione di Passepartout e un endgame poco soddisfacente causa mancanza di un bel riassuntone con tutte le imprese compiute da Mr. Fogg e compagno d'avventure (questi ultimi due davvero fastidiosi, perché basterebbe poco per dare un po' di soddisfazione in più al giocatore).

Rimane però indubbio che giochi convincenti e divertenti come questo dimostrino quanto il genere dell'Interactive Fiction abbia ancora molto da dire nell'universo videoludico odierno. Le possibilità offerte dalle nuove piattaforme non chiedono altro che essere sfruttate a dovere e la inkle, che tra i suoi fondatori ha Jon Ingold (famoso autore d'IF non commerciale), si sta ritagliando un ruolo di tutto rispetto con prodotti di prima qualità: al momento 80 Days è la sua punta di diamante, ma se queste sono le premesse non c'è dubbio che in futuro se ne vedranno ancora delle belle.

PS. La versione per computer è stata ottimamente realizzata dallo studio Cape Guy utilizzando l'engine Unity, ormai un pilastro delle produzioni indie (e non solo). Aspetto e meccaniche di gioco sono gli stessi della versione mobile (con qualche piacevole abbellimento), ma inkle ha approfittato di questa occasione per aggiungere 20 città esplorabili (assieme a mete più "esotiche") e circa 100.000 parole di testo (che danno vita, tra le altre cose, ad almeno due nuove sottotrame). Tutte le qualità dell'originale si confermano anche su desktop/laptop, anche se bisogna dire che la versione per smartphone rimane quella concettualmente più fedele allo spirito "on the road" di 80 Days. Ma si tratta solo delle considerazioni di un romantico...

Disponibile su GOG, Steam e Green Man.

 

Questa recensione fa parte del Ciclo Inkle Studios.

Inkle Studios
Il futuro dell'Interactive Fiction?

L'interactive fiction è un genere di nicchia, che ha però dimostrato di sapersi evolvere nel tempo. In questi ultimi anni sono comparsi nuovi linguaggi di programmazione e nuove software house; intorno alle avventure testuali è tornato a concretizzarsi un mercato vero e proprio.
Gli InkleStudios, con il loro engine Inklewriter, sono la software house che forse più di ogni altra ha saputo interpretare questa nuova epoca dell'interactive fiction. Ed è quindi a loro che è dedicato questo ciclo di approfondimento di OldGamesItalia e IfItalia.

Ma partiamo dall'inizio, per cercare di capire meglio le nuove tendenze del genere.
Alcuni nuovi linguaggi di programmazione col tempo hanno reso l'interactive fiction più user-friendly, spostando in parte l'ago della bilancia del gameplay dalla componente ludico/enigmistica (tipica della decennale tradizione del genere) a quella più prettamente narrativa (che caratterizza invece molto nuovi titoli). Accanto ai vecchi parser a linea di comando si sono affacciate nuove interfacce e nuove tipologie d'interazione. Fra queste:

- interfacce a link ipertestuali, come quelle dei giochi programmati in Twine (es. With Those We Love Alive di Porpentine) o in Unundum (es. Mere Anarchy di Bruno Dias)

- interfacce a scelta multipla, fra cui tipo i tantissimi titoli editi da Choice of Games (vedi Creatures Such as We di Lynnea Glasser) o quelli realizzati con Versu (vedi Blood & Laurels di Emily Short) o proprio con Inklewriter

La Inkle è stata fondata da due ex dipendenti della Sony, probabilmente stanchi di lavorare all'ennesimo titolo "derivativo": Jon Ingold e Joseph Humfrey.
I più esperti avranno sicuramente riconosciuto il nome di Jon Ingold, che prima di diventare un gamedesigner professionista ha avuto modo di farsi conoscere sulla scena amatoriale dell'interactive fiction con titoli di grandissimo spessore, fra cui i famosissimi Fail-Safe (2000) e All Roads (2001; vincitore della IF Comp 2001 e vincitore degli XYZZY Awards 2001 per Best Setting, Best Story e Best Game).

La Inkle esordisce su AppStore nel 2012 con un adattamento del Frankenstein di Mary Shelley, scritto da Dave Morris (celebre autore di librigame).

La app è talmente elegante e ben realizzata che, nonostante un'accoglienza controversa della stampa, finisce subito sotto i riflettori di Apple, lanciando la Inkle nel mercato di massa del mobile. Da qui inizia un lungo percorso di crescita e maturazione, ricco di successi e caratterizzato da titoli sempre più ampi e complessi, fino all'ottimo e gigantesco 80 Days, vincitore di numerosissimi riconoscimenti.
Nel corso di questo ciclo, vi proporremo le recensioni di tutti i loro titoli usciti fino ad oggi.



I giochi Inkle si appoggiano, per quanto riguarda la parte narrativa, all'engine InkleWriter.
Tale engine è liberamente utilizzabile on-line e ad una cifra irrisoria la Inkle offre un servizio di porting delle proprie opere su piattaforma Kindle.
Esiste già una raccolta dei migliori titoli amatoriali realizzati con Inklewriter, gratuitamente scaricabile da AppStore: Future Voices, che contiene alcune letture interessanti e originali, seppur dallo scarso contenuto ludico.

EDIT: L'engine InkleWriter è stato recentemente utilizzato anche per i dialoghi di the Banner Saga.
[si ringrazia Yak per l'interessante precisazione]

Come gli altri engine simili citati sopra, InkleWriter ha la funzione principale di gestire la "combinazione" del testo, facilitando la creazione di storie interattive che sappiano tener conto di un numero elevato di variabili dipendenti dalle scelte del lettore.
La qualità di questi engine viene misurata sulla base della loro capacità di adeguare la storia alle scelte del giocatore, riducendo contemporaneamente quanto più possibile il testo che deve essere scritto da parte dell'autore. Detto in altre parole: un buon engine è quello che consente la maggiore interattività possibile con il minor "spreco" possibile di testo.
La vera sfida del futuro per la narrativa interattiva sarà esattamente questo: immaginare meccaniche in grado di espandere la libertà del giocatore all'interno della storia, riducendo al contempo la percentuale di testo che al termine della storia resta "non letto".
Avremo giochi che, sempre di più, sapranno adattare automaticamente il testo alle scelte del giocatore. Mutando al volo le descrizioni, gestendo in modo dinamico il "mood" dei PNG, garantendo scelte piccole e grandi, ma tutte potenzialmente capaci di cambiare il corso della storia.
Che dire? Noi non aspettiamo che di vivere queste nuove "esperienze testuali", consapevoli che giochi come 80 Days contengono in sé una radiosa speranza per il futuro dell'interactive fiction! E siamo anche pronti a rinunciare a qualche enigma e a qualche dungeon da mappare, se la qualità e l'interattività della narrazione saprà fare davvero un balzo in avanti.

INDICE DEI CONTENUTI DEL CICLO:

- FailSafebreve avventura con ambietazione fantascientifica

- Intervista a Jon Ingold, realizzata da Rob Grassi!

- 80 Days, il giro del mondo adesso anche su pc!

- Sorcery!, dai librigame di Steve Jackson!

- Down Among The Dead Men, adattamento del librogame di David Morris

- Frankenstein, dall'opera di Mary Shelley

- First Draft of the Revolution di Emily Short

Il sito ufficiale degli Inkle Studios

Scrivi la tua storia interattiva con InkleWriter

"inkle Adventures!" il bundle dei principali giochi della Inkle su AppStore

Discutiamone insieme sul forum di IfItalia

80 Days arriva su Pc!

80 Days, titolo Inkle per Android e iOS che vi abbiamo presentato qualche tempo fa, sta per essere rilasciato su GOG, Steam e Humble Store per la fine di Settembre.

L'avventura, che ci fa seguire il viaggio di Phineas Fogg e del suo servitore Passepartout, è un'avventura testuale a bivi con qualche elemento di gioco da tavolo. La Inkle ha intenzione di includere, nella versione pc, 30 nuove città e più di 150 mila parole in più: un aggiornamento abbastanza corposo che farà felici tutti i fan del gioco.

80 Days sarà disponibile su Steam, GOG e Humble Store il 29 Settembre, al prezzo di 9,99 dollari.