Dopo la magione degli orrori di Clock Tower, gli intrepidi Gwenelan e OjO esplorano un'altra villa non esattamente ospitale. Si gioca dunque a OTOGIRISOU, la prima Sound Novel realizzata da Chunsoft nel 1992 per Super Famicom e mai uscita dal Giappone. Sul canale di OGI l'abbiamo affrontata in diretta e per la prima volta "in italiano" grazie a un traduttore automatico. Scopriamo insieme com'è andata...
Il cavalier Cetriolo è stato chiamato a salvare la principessa Pomodoro, rapita dal crudele ministro Zucca, che ha tradito la fiducia di re Broccoli.
Scopriamo questo adventure giapponese per NES, uno dei pochi titoli appartenenti a questo genere ad aver ricevuto una traduzione ufficiale alla fine degli anni '80. E poi... tutti in padella!
Un ventenne giapponese si ritrova bloccato in un loop temporale che gli fa rivivere la stessa settimana di inizio aprile più e più volte. Al centro di tutto, uno strano sogno di morte... Riuscirà Makoto a rompere l'incantesimo?
Prima visual novel che vede come responsabile di trama e testi Kotaro Uchikoshi, apprezzato autore di Visual Novel e noto anche in occidente per titolo come Ever 17 e la trilogia di Zero Escape.
In un futuro non troppo lontano, il sogno di Icaro diventa realtà: grazie alla scoperta degli Anti-Gravitoni, agli esseri umani è concessa la possibilità di librarsi in volo indossando delle semplici scarpe in grado di generare queste speciali particelle. Ma, come nel mito greco, quando ci si porta troppo in alto, la caduta può essere rovinosa. L’amore, forse, potrà ridare le ali anche a chi le ha perdute...
Con un ritardo di 6 anni rispetto all’uscita giapponese, arriva anche in occidente la visual novel Aokana - Four Rhythms Across the Blue, realizzata da Sprite, software house veterana del genere. Si tratta di un’avventura narrativa di stampo estremamente classico che, pur non presentando una grande interattività (le scelte lasciate al giocatore sono poco meno di una ventina), offre circa cinquanta ore di gioco/lettura e quattro “route” (i “percorsi” principali in cui si può dividere la trama), mentre i finali sono sei: uno “bad”, uno “true” e quattro “good”.
Protagonista della vicenda è Masaya, un liceale che fino a qualche anno prima era considerato un astro nascente di Flying Circus, uno sport aereo nato pochi anni dopo la scoperta di particelle anti-gravità che permettono di far levitare esseri umani e piccoli oggetti.
Tuttavia, una bruciante sconfitta proprio nel momento in cui si credeva imbattibile fa sprofondare il ragazzo nella depressione e lo spinge ad abbandonare definitivamente l’attività tanto amata. Le cose iniziano a cambiare quando Asuka, una ragazza appena trasferita nella sua scuola, gli fa riscoprire la passione per il volo, tanto da spingerlo a diventare suo allenatore e mentore quando la giovane decide di iscriversi al club di Flying Circus della scuola. Da quel momento in poi, Masaya tornerà non soltanto ad aprire nuovamente il suo cuore allo sport tanto amato, ma diventerà anche meno introverso e freddo nei confronti delle persone che lo circondano.
Come detto all’inizio, Aokana ha un impianto classico che è a metà tra il charage e il plotge, termini che identificano sottocategorie di Visual Novel che rispettivamente mettono in primo piano lo sviluppo dei personaggi e quello della trama. Per tale motivo, gli appassionati di lunga data si troveranno subito a loro agio in quest’avventura, riconoscendo molti stereotipi del genere (e del mondo anime/manga), come il carattere delle quattro protagoniste femminili (tra cui non possono mancare una Loli e una delle tante versioni di una -dere, in questo caso una Hiyakasudere), la professoressa dal fascino adulto e dinamiche da "harem", con al centro il buon Masaya, ovviamente. Tantissimi anche i personaggi di contorno, tutti con personalità ben definite che contribuiscono a rendere il mondo di gioco colorato e vitale. E, come ogni Visual Novel scolastica che si rispetti, non manca un po' di fanservice, che fortunatamente si mantiene entro limiti tutto sommato ragionevoli.
Per la cronaca, va aggiunto che Aokana ha anche una componente eroge, almeno in Giappone, il che significa che la versione nipponica include scene di sesso esplicito (non animate) tra il protagonista e le ragazze con cui può intessere una relazione sentimentale. In occidente è arrivata invece la versione “All Ages” che su PC e Switch elimina la componente prettamente hentai (che include la visualizzazione dell’atto sessuale), lasciando quella ecchi (nudità parziali e “preliminari” vari). Su PS4 sono presenti ulteriori censure, ed è quindi l’edizione meno fedele all’originale, mentre su PC esiste la possibilità di scaricare una patch gratuita e ufficiale che reintegra le parti tagliate, completamente tradotte in inglese (solo nei testi, perché il doppiaggio rimane in giapponese come nel resto del gioco).
Tutta questa intricata spiegazione ha lo scopo di avvertire chi, magari incuriosito dai bei disegni e dalle ottime recensioni su Steam, fosse in procinto di scegliere Aokana come introduzione al mondo delle Visual Novel. Date le sue caratteristiche, è difficile consigliare questa avventura a un neofita, a meno che non sia già un grande appassionato di anime e manga dove la componente romantica la fa da padrone. Sia chiaro che non è certo per la difficoltà (di fatto inesistente), bensì per alcune caratteristiche di base del genere, come il fanservice, i personaggi chiaramente minorenni (nonostante i messaggi che ne attestano la maggiore età), un protagonista insopportabile e insofferente e, da un punto di vista più ludico, una quasi totale assenza di interattività che confinano questo gioco a una nicchia molto specifica.
Inoltre, e questo riguarda anche il “target” cui è rivolto Aokana, nonostante la grande attenzione posta nell’ideare il Flying Circus e nel ricreare tutto l’universo che ci gira attorno (i tornei, i vari produttori di attrezzi e accessori e così via), la verità è che questo sport non è poi così interessante, dato che ha come base il gioco dell’acchiapparella (con vari fronzoli e regole ad hoc, ma siamo lì). Le dinamiche del Flying Circus, poi, essendo basate non solo sulla tattica, ma anche sulla rapidità dell’azione, mal si sposano con un formato fatto di immagini principalmente statiche, risultando meno coinvolgenti di quanto potrebbero essere in un anime (che tra l’altro esiste, per chi fosse interessato).
Così, se il giocatore/lettore non riesce ad appassionarsi a quello che, di fatto, è uno dei punti cardine della trama, anche il resto dell’avventura perde sicuramente slancio, diventando un lento percorso verso una delle quattro possibili storie d’amore non molto dissimili da altre viste in decine di titoli simili.
Aokana è dunque una brutta Visual Novel? No, perché grafica (con decine di sfondi e di illustrazioni molto belle) e sonoro (splendide le musiche e ottimo il doppiaggio giapponese) sono di alto livello e perché in ogni caso i testi sono di buona qualità e oggettivamente il mondo del Flying Circus è stato realizzato in maniera impeccabile, sebbene soggettivamente possa poi piacere o meno. Rimane comunque un’avventura non innovativa (era già “vecchia” ai tempi dell’uscita giapponese, nel 2014) e che dal lato della trama non offre nulla di così strabiliante da farla distinguere dalla massa.
Tirando le somme, Aokana - Four Rhythms Across the Blue è un gioco consigliato agli appassionati incuriositi dal setting scolastico/sportivo che cercano una Visual Novel narrativa lunga e tecnicamente ben realizzata. Chi invece si avvicina per la prima volta al genere, forse dovrebbe rivolgere la propria attenzione ad avventure più brevi e più originali.
Re Artù si sta recando a Camlann per affrontare un’ultima volta Mordred, colui che con il suo tradimento ha messo fine al sogno di Camelot. Nei panni di uno dei personaggi resi immortali dai racconti del ciclo arturiano dovremo dunque incamminarci verso il luogo della battaglia finale, superando imboscate, boschi spettrali e ogni tipo di pericolo. Lungo la strada troveremo vecchi amici, nuovi compagni e nemici dietro ogni angolo. E ci sarà anche l’occasione per sedersi attorno al fuoco a raccontarsi qualche storia tra mito e leggenda.
Inkle è ormai una affermata realtà nell’ambito dei videogiochi narrativi e Pendragon, continua su questo filone, anche se introduce dinamiche da strategico a turni che rappresentano una novità per gli sviluppatori guidati da Jon Ingold. Purtroppo il risultato è un po’ al di sotto delle aspettative, soprattutto perché non sembra rappresentare quel concentrato di novità che si era visto nelle produzioni precedenti della software house. Con Pendragon, che si può descrivere come ibrido tra strategia e narrativa, ritroviamo dinamiche a metà tra Sorcery e 80 Days, ma in formato ridotto. Avventure sempre diverse, come nei viaggi insieme a Fogg e Passepartout, ma partite più brevi che faticano a rimanere impresse nel cuore dei giocatori. Intendiamoci, in pieno stile inkle non mancano decine di trame e sottotrame che creano un fitto reticolo di possibilità, ma le ricche descrizioni e la complessa cosmogonia di altre produzioni di questa software house lasciano spazio alle poche parole che i protagonisti si scambiano tra un passo e l’altro o a quelle che accompagnano le location presentate con grafica sì dignitosa, ma non memorabile. Qualche dialogo ha ancora il potere di stimolare la curiosità del giocatore, ma tutto scorre via rapidamente e manca quel costante senso di meraviglia che nei titoli inkle di solito accompagna ogni mossa.
A proposito di mosse, le meccaniche della parte “giocata” sono quelle di uno strategico di posizione. Si pensi agli scacchi, o a Stratego. Ogni luogo visitato dal nostro eroe è rappresentato da una piccola scacchiera, dove le pedine possono muoversi e combattere. Le dinamiche di base sono piuttosto semplici, soprattutto se si pensa che basta un solo colpo per eliminare una pedina dalla scacchiera. Non mancano alcuni elementi in grado di sparigliare le carte come le mosse speciali e il morale, ma la ripetitività di certi passaggi fanno sì che le battaglie, alla lunga, appesantiscano un po’ troppo il ritmo del gioco, tanto da assomigliare quasi a un pedaggio da pagare per veder proseguire la storia piuttosto che rappresentare un punto di forza del gioco. Più un impedimento che un divertimento, quindi.
Dal punto di vista del comparto narrativo, l’ambientazione arturiana è sicuramente affascinante e Pendragon la sfrutta bene per creare un background coerente per le varie iterazioni delle nostre avventure, ma manca sempre quel tocco di magia che ci faccia davvero vivere le vicende nei panni dei protagonisti. Inoltre, l’accento sulla generazione procedurale di mini-storie e la particolare meccanica delle fasi strategiche fanno sì che il culmine della vicenda risulti molto sacrificato sul piano narrativo. Anche Mordred, colui che con il suo tradimento ha sconvolto Camelot, appare più come un semplice pedone da rovesciare distrattamente sulla scacchiera che come il nemico ultimo e l’odiata nemesi di Artù.
Come nota curiosa, sappiate che i circa trenta racconti intorno al fuoco sono stati in larga parte creati da fan che hanno risposto all’appello di inkle diffuso tramite social media. Il numero tutto sommato limitato di storie incluse fa pensare che la nicchia cui si rivolge Pendragon sia piuttosto ristretta.
Da parte nostra, troviamo che il gioco sia sì dignitoso, ma troppo limitato e forse poco coraggioso, al netto, naturalmente, del fatto che gli sviluppatori si siano cimentati nel genere strategico per la prima volta.
In conclusione, un titolo "minore" di una software house che finora aveva sempre stupito migliorandosi a ogni uscita e che forse adesso si è fermata per riposarsi un poco. La speranza è che presto possa riprendere il suo luminoso cammino.
Avery Grey è ospite, assieme al suo micio Mochi, a casa della zia ed è in cerca di lavoro. E, guarda un po' che fortuna, c'è un Cat Cafè che cerca personale proprio lì vicino! Gli altri camerieri sembrano simpatici, il proprietario sembra un goth troppo cresciuto ma simpatico anche lui, il locale è pieno di adorabili gatti e il lavoro non è difficile.
Fantastico, no?
Un po' meno fantastica è la scoperta che fa Avery un paio di giorni dopo: chiunque lavori lì, si becca una maledizione che lo trasforma in felino appena esce dal locale. Ci sarà un modo per rompere la maledizione?
Hustle Cat è una visual novel romantica realizzata da Date Nighto. Consta di cinque routes principali (i sei camerieri che lavorano con noi) e una segreta, sbloccabile solo dopo aver completato le prime cinque.
La storia è graziosa anche se non particolarmente approfondita o coerente. Le motivazioni dietro la maledizione, per esempio, non hanno tantissimo senso e sono anche strane le reazioni di alcuni personaggi ai vari avvenimenti del gioco. Anzi, sotto questo aspetto, l'unico personaggio coerente è il nostro, che, quando scopre di starsi trasformando in felino, ha una comprensibile crisi.
Tutti gli altri invece, reagiscono con fin troppa calma a qualsiasi cosa: dalla scoperta di un tomo magico alla possibile rottura della maledizione (addirittura, una delle nostre colleghe che guadagna grazie alla maledizione, scrolla le spalle serenamente quando viene a sapere che si potrebbe sciogliere: immaginate di perdere domani il vostro posto di lavoro, non credo la prendereste allo stesso modo ^^).
Mi ha fatto piacere notare che ognuno dei personaggi, specialmente il nostro capo, sono stati approfonditi e si è cercato di non ricadere troppo nei cliché. La cosa è riuscita solo in parte, e alcune delle routes risultano troppo piatte o inverosimili; in altre, non ho capito dove sarebbe l'intesa romantica fra noi e il personaggio scelto come partner. Un paio, invece, sono riuscite molto bene e, anche se non troppo originali, sono più dettagliate (ad esempio, quella di Mason).
Nel complesso, la storia è sufficiente, con un bonus se vi piacciono i gatti, ovviamente! Ho apprezzato anche diverse battute di dialogo, anche se nel complesso non brillano. Di nuovo, ad essere meglio caratterizzato qui è il nostro personaggio, che spesso dice cose sensate; gli altri personaggi sono tutti un po' più macchiettistici.
Il gameplay è molto classico: dobbiamo, di volta in volta, scegliere cosa fare o cosa dire nelle varie situazioni. Ogni scelta ci darà dei “punti” invisibili verso uno dei nostri possibili partner e, alla fine della prima parte del gioco, imboccheremo la route del personaggio con cui avremo totalizzato più “punti”. Non è difficile capire cosa scegliere per finire con chi preferiamo e anche sbagliando una o due volte è ancora possibile finire il gioco col personaggio che ci interessa. L'eccezione è la route segreta: per imboccarla, dovremo azzeccare le prima quattro o cinque scelte (ma non è difficile per nulla, e comunque ci sono diversi indizi).
Hustle Cat è solo in inglese e si tratta di un inglese abbastanza facile, affrontabile da chiunque abbia un'educazione scolastica e se la senta di fare lo sforzo.
Graficamente è bellissimo: i personaggi sono graziosi e ovviamente i gatti lo sono ancora di più! Le illustrazioni sono un po' meno “pulite”, ma comunque molto belle. Il gioco ha una intro animata molto carina e nel menu c'è una tazzina di caffé che presenta delle decorazioni di schiuma che variano a seconda delle routes che abbiamo completato. Tocchi molto bellini, che danno un'idea di pulizia e professionalità.
Il sonoro... dipende un po' da voi: la maggior parte delle musichette non era fastidiosa, ma avrei ucciso chi ha fatto quella del menu iniziale.
Nel complesso, Hustle Cat non mi è dispiaciuta, ma non posso neanche dire che sia stata una delle più belle visual novel che abbia mai giocato. Se vi piacciono i gatti – e il romance – forse fa per voi; altrimenti, passate pure oltre.
In Liar Trick, Visual Novel a metà tra Lie to Me e Phoenix Wright seguiremo le vicende di Patrick Truth, un "consulente della polizia" molto speciale: nessuno come lui, infatti, è in grado di riconoscere le bugie semplicemente osservando le espressioni facciali di un sospettato.
Il signor OjO ci mostra la prima ora della demo, in attesa che il gioco completo sia tradotto in inglese.
Oggi proviamo assieme Raging Loop, visual novel a tinte horror ambientata nel piccolo villaggio di Yasumizu, dove gli abitanti sembrano venerare strane pietre e dove inquietanti donne con gli occhi rosso fuoco si aggirano misteriose.
OjO si cala nei panni di uno studente universitario che dovrà scoprire il terribile segreto che si cela in mezzo ai boschi del Giappone.
A Los Ojos si trovano tutte le ultime meraviglie della tecnologia, inclusi i taxi “auto-guidanti” di Capra, la megacorporazione che controlla la città.
Lina è una tassista e non è molto felice di vedere il proprio lavoro messo a rischio dalle nuove auto. Ma si sta comunque trasferendo a Los Ojos, perché è stata invitata dalla sua migliore amica di un tempo, Savy. È l'occasione di riallacciare i rapporti con lei, finalmente.
Ma quando Savy sparisce senza dare notizie e lasciando Lina senza neanche un posto per dormire, la situazione cambia radicalmente.
Così inizia Neo Cab, visual novel futuristica di Chance Agency, approdata sui nostri schermi da poco. Nei panni di Lina, dovremo riuscire a guadagnarci da vivere a Los Ojos, giorno dopo giorno, mentre investighiamo sulla scomparsa della nostra amica e, soprattutto, mentre osserviamo i cambiamenti che stanno avvenendo nella città.
La città di Los Ojos, la società di Neo Cab in generale, è una proiezione non troppo lontana nel tempo della nostra società e delle sue nuove problematiche, relative, in parte, alla tecnologia e all'abuso che ne viene fatto a spese, di solito, dei consumatori.
Per certi versi, Neo Cab ha molto in comune con Eliza, ma devo dire che Neo Cab riesce a rendere ancora più personali tante delle conseguenze che in Eliza restavano solo teoriche.
Vediamo subito, per esempio, la situazione di Lina, una delle ultime tassiste in un mondo che si sta riempiendo di macchine guidate dalla IA. È molto palese l'ansia di Lina di restare senza lavoro, cosa rimarcata dal fatto che i suoi clienti si sorprendono di trovare un “vero tassista”, come se la cosa fosse ormai un relitto di un'epoca lontana.
Ancora più straniante è l'incontro con due clienti, che cercano di “testare” Lina per capire se sia umana o sia solo un robot che finga di esserlo. Al di là di come finisce questa piccola analisi, è indice di un mondo che, rispetto a quello in cui noi ancora viviamo, sta ribaltando alcuni dei suoi valori e delle sue opnioni: lasciare la guida alle auto alle AI, per esempio, viene considerato “più sicuro” che lasciarla agli esseri umani, tant'è che nel corso del gioco assisteremo all'avanzare di una legge che vuole proibire del tutto a ogni umano di guidare.
Queste problematiche sono legate a doppio filo a un'altra innovazione tecnologica di Capra, la megacorporazione della città: i Mood Bracelet. Ricordate quando da piccoli trovavate nelle patatine quegli anelli che cambiavano colore con il vostro umore? Ecco, il Mood Bracelet è essenzialmente questo: lo indossate e lui cambia colore a seconda di come vi sentite. Lina ne riceve uno in regalo dalla sua amica.
Naturalmente, avere sempre le proprie emozioni messe in piazza e avere un oggetto attaccato addosso che “legge” costantemente come stai apre una serie di problematiche, sulla privacy e sulla manipolazione possibile da parte di chi il braccialetto le crea, che non sto neanche a elencarvi.
Tutto questo, come dicevo, è mostrato in modo molto umano, dal punto di vista di Lina e dei suoi clienti. Neo Cab segue questo schema: prima dovremo fare almeno 3 corse con i clienti, poi dovremo trovare un posto per dormire (a seconda del nostro budget), tenendo conto anche che ogni tanto occorrono soldi per “fare benzina”. Il lato manageriale del gioco è molto semplice e non si rischia davvero di restare senza soldi, se facciamo un po' di attenzione.
La vera variabile sono i clienti, perché a seconda di come li tratteremo e delle conversazioni che avremo con loro, riceveremo un punteggio più o meno elevato e più o meno soldi. Se scendiamo sotto le 4 stelle di punteggio, avremo solo 3 corse per rettificare la situazione prima del game over.
Le conversazioni sono il vero cuore del gioco. Dovremo conoscere i nostri clienti e rispondere in maniera adeguata, tenendo a bada le nostre emozioni, che influiranno sulle battute di dialogo a nostra disposizione: se Lina sarà troppo arrabbiata, o troppo felice o troppo triste, potremmo trovarci costrette a dire determinate cose o impossibilitati a dirne altre. Bisogna un po' gestire questo equilibrio: compiacendo troppo i clienti nelle loro opinioni, si rischia di arrivare a uno stato emotivo che ci è sfavorevole; viceversa, dicendo quel che pensiamo sempre e comunque, rischiamo di risultare sgradite e di ricevere una cattiva valutazione.
I clienti sono spesso ricorrenti (starà a noi decidere quanto spesso servirli) e ognuno ha la sua mini-storia da scoprire e da portare a compimento. Non voglio raccontarvi le mie preferite perché vi rovinerei la sorpresa, ma le ho trovate tutte carinissime e ben fatte. È attraverso di loro che vedremo le sfaccettature delle problematiche che Neo Cab “affronta” ed è sempre attraverso di loro che il gioco ci mostra quello che la società rischia di perdere con una sostituzione indiscriminata della tecnologia al posto degli esseri umani.
Dove Neo Cab non mi ha soddisfatta molto è nella storia principale, che ho trovato un po' tirata per i capelli. Ho apprezzato molto però l'ultima scena, una specie di puzzle/showdown fra le due amiche, in cui dobbiamo manipolare i nostri (di Lina) e i suoi (di Savy) stati emotivi per riuscire ad arrivare a una soluzione che fa “vincere” la nostra protagonista su più livelli.
Ci sono diversi finali in Neo Cab, legati a questa scena finale, ed è possibile, credo, trovarli tutti solo rifacendo l'ultima parte.
Passando al reparto tecnico, ho poco da dire su grafica e sonoro: entrambi sono adeguati anche se un po' anonimi. Il gioco è anche in italiano, per la gioia dei tanti non-anglofoni in lettura; se si volesse comunque affrontarlo in inglese, i testi non sono difficili, ma sono presenti diversi neologismi.
Neo Cab è una buona visual novel, in un certo senso complementare a Eliza: lì dove Eliza ha delle pecche (le scelte poco significative, per esempio), Neo Cab riesce bene e viceversa a Neo Cab manca un po' della raffinatezza, sia nella scrittura che nella psicologia dei personaggi, che ha Eliza. Ma fa bene il suo mestiere e offre una critica non pedante alle problematiche tecnologiche di oggi, mostrate sotto la luce diversa di tante piccole storie.
In Neo Cab, visual novel cyberpunk, indossiamo i panni di Lina, l'unica tassista umana rimasta in città che gira per le strade illuminate al neon in cerca di persone da accompagnare a destinazione, con il loro carico di vita, di opinioni e di problemi.
Anche se questa è solo una demo, Mr OjO non poteva resistere alla tentazione di aggirarsi a Los Ojos, la città a lui dedicata!
Il villaggio di Valinorth è l'unico, in tutta Alestia, dove ancora nascono i Seer, i Veggenti, capaci, grazie alla loro connessione con il regno degli Spiriti, di avere visioni del futuro e di guidare, così, il villaggio alla prosperità.
Noi siamo il nuovo Veggente, e gli Spiriti ci hanno appena fatto sapere che il villaggio sta per essere attaccato e distrutto. Riusciremo a correre ai ripari e ad evitare la morte dei nostri amici? E, soprattutto, chi ha intenzione di attaccarci e perché?
Winds of Change è una visual novel della Tall Tail Studios e una dal sistema abbastanza complesso e approfondito. Questo è il punto forte di Winds of Change: dissemina, attraverso una storia abbastanza lunga e articolata, un sistema di scelte significative a più livelli.
Da una parte abbiamo le scelte “classiche”: nome e sesso del nostro personaggio, con che atteggiamento rispondere agli altri, cose così. Il modo in cui sceglieremo di rispondere agli altri personaggi modificherà il loro atteggiamento nei nostri confronti, iniziando una romance in alcuni casi, e portandoli a cambiare le loro idee su se stessi e sul mondo in altri casi.
Oltre a queste scelte, dovremo decidere anche come rispondere alla minaccia al nostro villaggio (e a tutta Alestia): con chi allearci, se risparmiare nemici, se costruire una caserma oppure no...
Queste scelte hanno molteplici effetti nel corso del gioco: da un lato alzano i livelli di Purezza/Corruzione (a seconda delle scelte) del mondo; dall'altro possono alzare/abbassare il morale delle nostre truppe, dalle quali dipende la sorte delle varie battaglie; e infine, ogni scelta può avere ripercussioni positive o negative molto più avanti.
Il sistema non è del tutto trasparente: non è mai del tutto chiaro quale influenza abbiano la Purezza/Corruzione, per esempio. È errato pensare che una sia positiva e l'altra negativa di per sé stesse; mi è sembrato che esse riflettessero semplicemente il grado dei cambiamenti dello status quo (e quindi di “corruzione”) che io ho permesso. Non è affatto detto che far restare le cose come sono sempre state sia la scelta migliore in un dato momento, quindi la corruzione non va vista come negativa. Sarebbe stato meglio, però, se questo dubbio fosse chiarito all'interno del gioco.
Infine, abbiamo le scelte-non-scelte, cioè quelle che o le fai o ti stai dando la zappa sui piedi da solo, quindi: perché non dovresti farle? Queste riguardano essenzialmente i nostri companion. Ce ne sono una marea in Winds of Change, e noi possiamo averne in tutto 7 nel party: qualcuno dovrà essere lasciato indietro per ragioni di trama.
Durante il viaggio, avremo la possibilità di fare delle chiacchierate a tu-per-tu con ognuno di loro e, se le faremo tutte, potremo sbloccare un'ultima scena con loro in cui guadagneremo la loro lealtà. Come dicevo, non c'è alcun beneficio nel NON fare questi dialoghi, mentre se li faremo il morale dei nostri companion salirà e alcuni di loro avranno salva la vita (altri possono comunque morire nel finale).
Le scelte importanti, quindi, sono molte e variegate e, benché non si arrivi al livello di un buon rpg, in alcuni casi i vari livelli di scelta si intersecano: dire una data cosa a un personaggio porta ripercussioni su un'altra scelta e così via. Purtroppo, più spesso succede che i vari livelli restino separati. Mi posso comunque dire soddisfatta da questo punto di vista.
Ma passiamo alla storia, il motivo principale per cui una persona si avvicina a una visual novel. Ultimamente, mi sono trovata a recensire visual novel molto promettenti, dai sistemi interessanti e ben pensati, che però falliscono sotto l'aspetto narrativo. Purtroppo, anche Winds of Change non raggiunge la piena sufficienza da questo punto di vista.
Le premesse sono buone. La storia è un fantasy abbastanza classico, ma il villaggio di Valinorth rivela dettagli curiosi che fanno pensare che l'ambientazione sia stata studiata un minimo. L'idea di base è interessante, anche se non originalissima.
Il problema sorge con i personaggi, che non riescono a essere verosimili, se non in rari casi. Tutti, dal capo ribelle al capo "kattivo", suonano come moderni ragazzini che non hanno mai passato un giorno a pianificare per la propria sopravvivenza o ad ammazzare gente a comando. Semplicemente non sono credibili.
Non è solo un problema di come suonano i dialoghi, ma anche di azioni che i personaggi compiono. Per esempio, il capo dei "kattivi" (il capo in seconda, diciamo, al vertice ci sono tre "Kattivoni") ha un apprendista che, fin dalle primissime scene, si rivela infido e stronzo. È la classica situazione in cui il tuo sottoposto è lì per farti le scarpe, quindi *non ti ci puoi fidare*. È chiaro, anche un bambino di 10 anni ci arriverebbe – questo anche a causa della mancanza di sottigliezza nella scrittura, su cui tornerò dopo.
Bene, cosa fa il kattivo? Gli racconta tutti i suoi dubbi esistenziali, pregandolo di non dire nulla ai Tre Kattivoni. È inutile che vi dica che la cosa non ha alcun senso, perché il capo kattivo è un sicario esperto, è lì da anni (secoli) a fare quel mestiere, se fosse stato così idiota non si spiegherebbe come sia sopravvissuto. Eppure i personaggi di Winds of Change fanno spesso cose come queste, completamente senza senso per il ruolo che ricoprono e l'esperienza che dovrebbero avere.
La scrittura manca anche di sottigliezza, come dicevo, così che ogni personaggio dice sempre quello che pensa e tutti i problemi sono spiattellati al giocatore in modo molto ingenuo. La storia è anche troppo lunga: quasi tutte le battute e le schermate potevano essere ridotte di due terzi e non si sarebbe perso quasi nulla: è una cosa necessaria, specialmente quando, come in questo caso, seguiamo TUTTI i personaggi (possiamo infatti, di volta in volta, vedere cosa fanno “i kattivi” o “gli altri buoni” durante le nostre scene).
Anche l'ambientazione, al di là del villaggio di Valinorth, sembra un po' presa al 3x2 al supermercato: avrete notato che i personaggi sono animali, ma a parte l'occasionale accenno ad artigli o corna o ali, si comportano esattamente come esseri umani.
Non è un disastro come Ballad Singer o Dry Drowning: intanto, non ho trovato errori grammaticali o espressioni magrebine in Winds of Change, esclusi i classici refusi che capitano in ogni titolo. Capisco che doversi rallegrare di trovare il titolo scritto correttamente a livello grammaticale sia triste, ma tant'è.
In secondo luogo, i personaggi non sono tutti e sempre da buttare. Alcuni di loro hanno scene molto belle e che per miracolo non sono spiegate al giocatore con i disegnini (penso a Damek, per esempio). Inoltre, per quanto la loro personalità sia realizzata maluccio ed espressa peggio, sono comunque personaggi, a differenza di altri. I personaggi di Dry Drowning, per esempio, erano solo “veicoli” per le idee dell'autore, privi di una personalità propria, che rimanesse coerente nella storia. Quelli di Winds of Change, invece, hanno una personalità, prima di avere idee. Siamo, insomma, al gradino base della costruzione dei personaggi.
Ho solo cose buone da dire dell'aspetto tecnico, invece. I disegni sono fantastici, i personaggi sono tutti sexy e hanno un sacco di sprite. Tutti i dialoghi sono doppiati, in inglese. Il doppiaggio è così così, ma le voci son state scelte bene e comunque è possibile disattivarle dal menù. L'unica cosa di cui mi voglio lamentare è il brano del menu, che ho trovato fastidioso, ma sono sicura che è una cosa soggettiva.
È presente un tasto skip (GRAZIE) ed è possibile rileggere i dialoghi e le descrizioni passate in qualsiasi momento. Il tasto Skip è fondamentale per chi volesse vedere tutti e due i finali principali.
Dico “finali principali”, perché, viste le numerose scelte e variabili, al di là della scelta che faremo alla fine del gioco, avremo poi un finale diverso per quasi ogni personaggio e per ogni posto che avremo visitato. Ottimo lavoro anche da questo punto di vista.
Il gioco è solo in inglese, un inglese abbastanza facile, e dura un decina d'ore se esplorato proprio tutto.
Sono un po' delusa da Winds of Change, ma è stato comunque carino giocarlo. Sarebbe stato meno stancante se fosse stato più corto o se fosse stato scritto meglio. Grazie al suo gameplay davvero molto curato e allo sforzo fatto nella parte narrativa, raggiunge la sufficienza, ma sono altre le visual novel che consiglierei a mani basse.
Accompagniamo OjO nei suoi panni da detective in Root Letter - Last Answer, remaster di una visual novel investigativa uscita nel 2016 e ambientata nella città di Matsue, nella prefettura di Shimane, che pare abbia anche finanziato lo sviluppo del gioco.
OjO ci porta alla scoperta della prima ora di questa curiosa visual novel!
Siamo nel 1935. La detective inglese Laura Silver e il suo collega Orewell Cooper vengono inviati in Cecoslovacchia a indagare sul Vodnik, un mostro acquatico che, a quanto pare, esiste e ha deciso di ammazzare qualcuno.
Arrivati a Pilsen, i due detective scoprono che il loro contatto è stato ucciso nella vasca da bagno. È chiaro che sia stato proprio il Vodnik... oppure no? In fondo, il personale dell'hotel dove risiediamo è molto sospetto. Starà a noi scoprire la verità nella visual novel che andiamo a recensire oggi.
In realtà, si tratta del primo capitolo di quella che dovrebbe diventare una trilogia: Misadventures of Laura Silver. Il gioco mischia elementi della visual novel con elementi dell'avventura investigativa, il tutto in chiave comica e con un paio di minigiochi nel mezzo, per gradire.
I due elementi principali sono molto interconnessi: le scelte di dialogo che dovremo compiere sono legate principalmente al caso e dobbiamo quindi decidere cosa chiedere o cosa rispondere per non suscitare sospetti e per carpire più informazioni possibile.
Il cast dei personaggi è vario e sopra le righe, così come l'umorismo, che non mi ha convinta appieno. Di buono c'è che tutti i personaggi sembrano avere un background coerente che motiva le loro azioni e lati che inizialmente non ci aspetteremmo. Laura è un personaggio scostante, brusco e seccato dal resto dell'umanità, cosa che me l'ha resa subito simpatica; ma la sua caratterizzazione non è così piatta: vengono lanciati "hint" sul suo passato e sul perché sta andando a caccia di bestie mitologiche che, presumo, vedremo meglio nei prossimi capitoli.
Non altrettanto risalta il suo collega, un po' relegato al ruolo di spalla, spesso comica. Gli altri personaggi, che vi lascio il piacere di scoprire, mi sono sembrati più sfaccettati e mi sono rimasti impressi molto di più, anche la bambina piagnucolosa dell'hotel.
Ho letto altre recensioni secondo le quali l'investigazione sarebbe semplice. A me non è sembrato, ma forse sono stata tonta io. Non basta interrogare i vari personaggi, dovremo anche esaminare le varie location – e *senza* un'indicazione su dove si trovano gli hotspot!
Gli indizi ci sono, ma alla prima ho beccato un bad ending. Ci sono molti bad ending in Laura Silver ^^', e un solo True Ending, che si raggiunge capendo chi è il criminale e vincendo il successivo minigioco – non difficilissimo, ma neanche semplice come ci si potrebbe aspettare da una visual novel.
Voglio plaudire anche un paio di trovate che non voglio spoilerarvi, in cui il gioco cerca davvero di mettervi nei panni di Laura e voi dovrete fisicamente combattere quello che sta combattendo lei. Bell'aggiunta!
Graficamente, ho apprezzato moltissimo l'intro animata e gli sprite dei personaggi, che hanno il loro stile, a metà fra il “puccioso” e il “quirky”. Le musiche passano facilmente da un genere all'altro: le sto già dimenticando ma mi hanno fatto piacevole compagnia.
Purtroppo invece manca un tasto per skippare i dialoghi già letti. Questo rende il compito di rifare il gioco per cercare altri finali o esplorare altre strade... un compito, appunto, invece di una piacevole rigiocata. Vi prego, creatori di VN che non usate Ren'Py, non scordatevi di questo tasto, è forse quello più importante dopo il tasto “salva gioco”.
Infine, ho letto di giocatori che non sono riusciti a chiudere il gioco dopo i credits, ma io non ho avuto questo problema: sarà stato un bug già risolto.
Laura Silver è in inglese e in turco, poiché i creatori, la Studio Attic Salt, sono turchi. L'inglese è un po' difficile, a causa dell'umorismo e dei doppi sensi che riempiono i dialoghi dei personaggi, ma credo che sia affrontabile con un dizionario. L'unico vero problema sono un paio di sequenze a tempo: sono veramente poche e le parole a schermo sono pochissime, ma alla prima possono fregare chi non riesce a seguire bene la lingua.
Laura Silver è un bel primo capitolo per un personaggio che ha del potenziale. L'umorismo ancora non mi convince, è troppo esagerato in alcuni punti, e la storia nel complesso potrebbe essere limata in più parti, ma non si tratta affatto di una brutta visual novel. Il gameplay è vario, divertente e contiene trovate interessanti e fantasiose. Sono curiosa di vedere cosa ci riserverà il secondo capitolo!
Forse è superfluo spiegare cos'è Eliza, il programma del 1964, ma andiamo sul sicuro: Eliza fu un simulatore di conversazione sviluppato appunto nel 1964 al MIT da Joseph Weizenbaum. Era un programma molto rozzo, che simulava molto alla buona l'approccio di un terapeuta: faceva domande all'interlocutore usando le parole chiave che venivano fuori durante la conversazione.
Nonostante la sua scarsa intelligenza, Eliza fu ben ricevuto quando venne realizzato: all'epoca molti ebbero la sensazione di parlare con una persona “vera” ed erano convinti che il programma fosse davvero intelligente.
Ebbene, l'Eliza di cui parliamo oggi prende spunto dall'Eliza del 1964 e costruisce una storia sulla salute mentale e sull'uso della tecnologia per risolvere i problemi di oggi. Si tratta di una visual novel, realizzata da Zachtronics, in cui noi interpretiamo Evelyn, nuova assunta alla Skandha.
La Skandha offre il servizio di consulenza psicologica Eliza, così chiamato in nome dell'Eliza originale: è un'IA che ascolta le persone, diagnostica un problema e offre delle soluzioni, fra cui esercizi di meditazione e consigli su quali medicine richiedere al proprio medico.
Evelyn è un Proxy: a differenza di altri programmi di consulenza psicologica, Eliza offre un'interfaccia umana. Il Proxy legge le risposte che il programma consiglia in modo che il servizio possa godere sia della precisione del programma, che del “tocco umano” dato dalla “persona vera” che sta dall'altro lato del tavolo. Può un programma sostituire effettivamente una vera seduta psicologica? È possibile, grazie alla tecnologia, ridurre le sofferenza dell'umanità? Quali sono i rischi in cui è possibile incorrere durante il percorso? Queste sono le principali, ma non le uniche, domande che si pone Eliza.
Partiamo dunque dall'analisi della storia. Attraverso la storia di Evelyn, che deve fare i conti con il suo passato e con i tre anni in cui si è allontanata dal mondo, andremo a esplorare le possibilità di Eliza, il suo futuro, e a conoscere le persone che ci hanno lavorato in passato e quelle che ci lavorano adesso.
La narrazione è molto coinvolgente e i personaggi sono veramente ben resi, tutti quanti: da Evelyn, sulla quale ho un paio di riserve che esprimerò più sotto, ai clienti con cui avrà a che fare, ai colleghi e ai pochi amici che ha. Quello che mi ha colpito di più è forse Soren, personaggio molto fastidioso, ubriacone e totale "creep", che però suscita lo stesso la compassione del giocatore, quando il gioco ci mostra le sue motivazioni.
Le tematiche affrontate sono terribilmente attuali e tutte, ma proprio tutte, sono drammatizzate attraverso i vari personaggi. Eliza mostra la nostra società, nel futuro, sì, ma fondamentalmente è la nostra, ossia una società che tende non solo e non tanto a sostituire l'essere umano con la macchina, quanto a usare la macchina per “pensare” e dedurre al posto dell'essere umano.
Perché la cosa più inquietante dello scenario proposto dal gioco non è tanto la mancanza di contatto umano, quanto la presunta capacità di Eliza di diagnosticare correttamente il problema del “paziente” (fra virgolette perché Eliza, nel gioco, non è ancora riconosciuto come strumento medico e non può prescrivere medicinali, ma, come dice un personaggio, la cosa è destinata a cambiare “se l'FDA continua a stare dalla nostra parte”). E, soprattutto, di saper applicare il rimedio necessario. Tutto questo, senza che ci sia alcun medico nel team che ha creato Eliza e che lo aggiorna costantemente.
Pochi personaggi si pongono quest'ultimo problema e le domande sull'efficacia del programma, che sono in effetti parecchie nel corso del gioco, non vengono quasi mai affrontate in maniera seria e professionale, ossia chiedendo il parere di medici. Si ricorre quasi sempre all'esperienza personale, che come è ben risaputo, non è mai prova sufficiente di alcunché, e alle “idee” che i diversi personaggi hanno della situazione.
L'unico personaggio nel gioco che è effettivamente uno psicologo nutre dubbi sull'efficacia del programma, ma propone lui stesso una soluzione che non è veramente tale, che ricorre anch'essa alla tecnologia come panacea di tutti i mali e che di fatto “sposta” il problema sotto il tappeto invece che risolverlo. Non risulta un personaggio particolarmente autorevole.
Non critico questa scelta dal punto di vista narrativo... ma è curioso come sia involontariamente specchio di una bruttissima abitudine della nostra società, quella appunto di non appoggiare il nostro parere su quello degli esperti del settore, ma di costruire le nostre idee sulle fragilissime basi del sentimento personale. Peccato che anche questo non sia stato tenuto in conto dal gioco.
La cosa furba di Eliza, se non un po' irrealistica, è stata quella di creare dei personaggi, la gran parte se non tutti, dalle buone intenzioni. Quasi nessuno, nel gioco, parte con l'idea “maligna” di sfruttare il malessere e i dati dei “pazienti”, tutti vogliono aiutare i propri simili, o se stessi, o vogliono cavalcare un'onda che, comunque, qualcuno cavalcherà. La dipendenza dalla tecnologia, l'assimilazione dei dati personali da parte delle multinazionali, lo sviluppo di intelligenze artificiali che un giorno ci sostituiranno o ci affiancheranno anche nelle mansioni che ora consideriamo nostro appannaggio, appaiono inevitabili in ogni caso.
Eliza dipinge quindi lo scenario migliore possibile, ossia quello in cui il nostro benessere psicologico è affidato a gente che è seriamente benintenzionata e che adotta tutte le misure necessarie per tenere al sicuro i nostri dati sensibili – e mostra che, nonostante questo, le complicazioni ci sono, sono gravi, e il problema originario è tutto fuorché risolto.
Questo si vede prima di tutto nei pazienti, persone con problemi spesso gravi che, nonostante il disclaimer all'avvio di Eliza che raccomanda di rivolgersi a una vera figura medica in questa situazione, non possono, per soldi, per vergogna, perché non sanno di stare davvero male, andare da un vero medico. Ed è ambigua la posizione degli impiegati della Skandha: quanto vogliono davvero aiutare queste persone? Perché non c'è una feature in Eliza che avvisi della gravità del problema e suggerisca, invece del programma di meditazione incorporato nell'app, di rivolgersi a uno specialista?
Viene quindi mostrata anche la questione etica: cosa fare quando quello che stai programmando può, sì, avere utilizzi positivi, ma può anche essere usato per fare danni, ma grossi danni? È lecito per un programmatore considerarsi solo “l'esecutore” dei comandi dall'alto e non assumersi alcuna responsabilità di quello che sta andando a creare e di come sarà usato? Anche il Proxy, d'altronde, è mero “strumento” del programma, recita le battute che deve recitare, e quanta responsabilità ha quando interagisce con persone che dovrebbero essere in cura?
Come dicevo, la scelta furba è stata quella di creare personaggi ben intenzionati e non macchiette malvagie disposte a tutto pur di fare quel milioncino in più: è stato furbo perché indubbiamente molti di coloro che lavorano dietro programmi controversi sono effettivamente ben intenzionati. Il gioco lascia aperto il giudizio finale, ossia quanto questa gente abbia ragione e quanto invece sia avulsa dalla realtà e dalle logiche normali. Eliza è pieno di piccoli dettagli che, anche se non commentati apertamente, mostrano diverse sfaccettature della problematica scelta come tema, e non posso dire di essere rimasta delusa, anzi.
Veniamo al gameplay. Qui, si poteva fare di meglio. Apparentemente, il sistema è più complesso del solito, per una visual novel. Abbiamo numerose scelte durante i dialoghi e nessuna, invece, nelle sedute con i pazienti: qui possiamo solo dire quello che ci suggerisce Eliza.
Per il primo capitolo (Eliza ne ha 7 in tutto) va anche bene, ma presto ci si accorge che le scelte che facciamo durante i dialoghi sono poco significative. Possiamo decidere di dirci pro o contro certe idee, ma questo non ci preclude la possibilità di scegliere un finale diverso nel capitolo 7; possiamo anche decidere se passare alcuni pomeriggi con questo o quel personaggio o da soli, ma anche questo non porta a nessuna conseguenza specifica. Alla fine del capitolo 7 potremo decidere cosa fare e raggiungeremo uno di 5 finali. Non c'è un finale migliore dell'altro (se non dal punto di vista soggettivo).
Anche per quanto riguarda le sedute come Proxy, avremo la possibilità di andare "off script" solo nell'ultimo capitolo. Fa strano che Evelyn non possa/voglia provare ad andare "off script" prima, specialmente quando si trova davanti a persone che chiaramente hanno bisogno di aiuto e non di sentirsi raccomandare l'app meditativa “Delfini Golosi”. E per giunta sembra anche una stronza, quando dice di farlo “per ricerca”. Quando infine possiamo andare "off script", i rischi per noi sono minimi, e il momento è spogliato dell'impatto che poteva avere.
Capisco anche che l'idea era quella di farci esplorare Eliza e le possibilità offerte ad Evelyn nella loro interezza prima di farci scegliere. Ma ci sarebbero stati modi di ottenere lo stesso risultato con delle scelte che facessero la differenza. Al momento, mi è parso quasi di avere davanti una kinetic novel in alcuni momenti, specialmente nelle sedute con i pazienti, e fa strano che nonostante i comportamenti diversi che possiamo avere, alla fine il mondo aspetti la nostra scelta come se fossimo la principessa sul pisello. Un gameplay più significativo avrebbe reso anche la storia più profonda e avrebbe accentuato l'importanza della scelta presa dalla protagonista.
Chiudiamo, come sempre, con il punto di vista tecnico. Dal lato grafico, Eliza non delude: i disegni sono bellissimi, sia quelli degli sfondi che gli sprite dei personaggi. La colonna sonora non sarà indimenticabile ma ha bei pezzi, adatti alle varie scene e poco intrusivi.
Lamento invece la mancanza di un tasto “passa veloce oltre il testo già letto”. Quando si vuole fare una visual novel che non usi Ren'Py, si dovrebbero quanto meno inserire le opzioni a cui Ren'Py ci ha abituati. È vero che qui possiamo saltellare da un capitolo all'altro e che è possibile skippare intere scene già lette, ma non è la stessa cosa: se io voglio ricominciare il gioco per vedere se facendo determinate scelte dall'inizio cambia qualcosa alla fine, sono comunque costretta a fare una marea di click!
È invece presente un tasto “history” che ci mostra quel che abbiamo letto fino a quel momento, e c'è la funziona "Auto", anche se ha solo due velocità (quindi non è possibile settarla alla velocità super-folle per ovviare alla mancanza del tasto Skip ^^').
Eliza è una buona visual novel, con un comparto narrativo di ottimo livello. Si sarebbero potute migliorare diverse cosucce, ma nel complesso sono soddisfatta di come mostra uno spaccato della nostra società e dell'industria tecnologica attraverso le vicende di un cast di personaggi realistico e abbastanza sfaccettato. Il gameplay invece poteva essere curato di più, o forse meglio: peccato, perché se così fosse stato avrebbe fatto un bel salto di qualità. Nonostante questo, la consiglio a tutti quelli che non odiano le visual novel e sono interessati all'argomento.
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