Arriva Campus Invaders di Marco Vallarino

La nuova avventura testuale di Marco Vallarino è di genere fantas­cientifico-demenzial­e: il giocatore in visita all'università del videogioco si trova a dover fronteggiare un'inv­asione aliena con l'­aiuto dei dirigenti del campus e di quello che tro­verà in giro, inclusa una misteriosa mer­endina al catrame.

Lo stile goliardico e paradossale si ri­collega a Zigamus, di cui Campus Invaders 1.0 rappresenta lo spin­-off con gli alieni al posto degli zombi. Ma è anche un omaggio alla Guida Galattica di Douglas Adams, da cui come sapete la Infocom ha tratto anche una fo­rmidabile Interactive Fiction.

Il gioco rappresenta anche un esperimen­to social-creativo: Campus Invaders 1.0 è infa­tti un extended-game aperto alle proposte dei giocatori per event­uali modifiche o agg­iunte. Chiunque rius­cirà a finire l'avventura, tramite la password della sezione segre­ta, potrà partecipare alla ri­scrittura dell'avven­tura per l'edizione 2.0 prevista per il 202­3.

Qui trovate la scheda del gioco. 

E qui visitate la pagina del sito ufficiale di Marco Vallarino.

Campus Invaders

Titolo:
Campus Invaders
Autore:
Marco Vallarino
Genere:
Fantascienza, Surreale, Umoristica
Anno:
2022
Sviluppato:
Inform6 - formato Z-Code
Piattaforma:
Windows, Linux, OS X, Android, iOS
Download:
Campus Invaders 1.0 Scarica il gioco

L'avventura testuale è di genere fantascientifico-demenziale. Il giocatore in visita all'università del videogioco si trova a dover fronteggiare un'invasione aliena con l'aiuto dei dirigenti del campus e di quello che troverà in giro, inclusa una misteriosa merendina al catrame.

Lo stile goliardico e paradossale si ricollega a Zigamus, di cui Campus Invaders 1.0 rappresenta lo spin-off con gli alieni al posto degli zombi. Ma è anche un omaggio alla Guida Galattica di Douglas Adams, da cui come sapete la Infocom ha tratto anche una formidabile Interactive Fiction.

Il gioco rappresenta anche un esperimento social-creativo: Campus Invaders 1.0 è infatti un extended-game aperto alle proposte dei giocatori per eventuali modifiche o aggiunte. Chiunque riuscirà a finire l'avventura, tramite la password della sezione segreta, potrà partecipare alla riscrittura dell'avventura per l'edizione 2.0 prevista per il 2023.

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The Procession to Calvary

La guerra è finita! Giovanni l'Immortale ha vinto e il paese è in fiamme. La Morte va in giro a raccogliere le teste dei cadaveri. Tutto è in ordine.
Questo significa anche, però, che la nostra protagonista non può più uccidere nessuno! Per fortuna, l'avversario di Giovanni l'Immortale, il Paradisiaco Peter, è stato sconfitto ma è ancora vivo: è fuggito nella sua cattedrale oltreoceano. Quindi, c'è ancora una persona che la nostra può uccidere...

The Procession to Calvary è un'avventura grafica dell'autore indie Joe Richardson, finanziata tramite Kickstarter. Come potete vedere dalle immagini, la grafica del gioco è realizzata facendo un collage di diversi dipinti rinascimentali. La nostra protagonista, per esempio, viene dal quadro Bellona di Rembrandt.
Il risultato è bellissimo e straniante, specialmente grazie alle animazioni, volutamente piatte e scattose, che rendono i movimenti dei personaggi alieni e a volte ridicoli. Procession to Calvary gioca molto sul contrasto fra il suo aspetto, serio e “acculturato”, e... tutti gli altri elementi del gioco, dalla narrazione, surreale e piena di umorismo nero, agli enigmi, logici nella loro assurdità, fino appunto alle animazioni. Nessuno di questi elementi, da solo, è chissà quale meraviglia, ma assieme funzionano benissimo.



La storia, per esempio, di per sé non è niente di speciale: dobbiamo andare a uccidere Heavenly Peter. Fine. Non ci sono intrecci particolari, non ci sono “personaggi” nel vero senso del termine (se non, forse, il mago di strada). Ma funziona lo stesso, grazie ai dialoghi brillanti e all'umorismo che permea il gioco. Le situazioni che il gioco costruisce sono tutte surreali e fantastiche: la mia preferita è la scena delle crocifissioni, con la tizia in mezzo che vende magliette con le stampe dei condannati come ricordo per i loro cari.
L'umorismo, molto crudo in alcuni casi, e assolutamente non politically correct, è stato definito simile a quello di South Park. In realtà, nonostante ci somigli per temi scelti, quello di The Procession to Calvary è meno crasso, più secco – molto british, e d'altronde Richardson è inglese.

Gli enigmi si adeguano all'assurdità dell'ambientazione, ma sono sempre molto logici. Ho avuto difficoltà solo con uno, che mi ha bloccata per qualche giorno (e a posteriori potevo arrivare prima alla soluzione); in media, gli enigmi non sono tanto difficili e la loro risoluzione dà solo modesta soddisfazione. Il bello è scoprire le cose assurde che dobbiamo fare e vedere le conseguenze altrettanto assurde delle nostre azioni: lo scopo di uno dei primi enigmi sarà dover sottrarre delle stampelle a un invalido – con il suo consenso, per di più!

Un'opzione che avremo sempre disponibile sarà quella di infilzare cose e persone con la spada. Farlo o non farlo potrà modificare il finale che otterremo: ce ne sono tre in tutto, due “buoni” e uno non poi così tanto, ma altrettanto spassoso.



Va anche notata la grande cura dei dettagli che è stata riposta nel gioco. Per esempio, molti sono i riferimenti alle opere utilizzate e alla storia dietro le opere (che non è necessario conoscere, per godersi il gioco, ma che, se la si conosce, ovviamente regala momenti esilaranti). È anche presente un'area del gioco dedicata a ogni singolo quadro utilizzato, ognuno con un titolo diverso e stupidissimo. Un'altra area è dedicata ai ritratti di alcuni dei backers del gioco e devo applaudire l'autore per il siparietto che precede l'entrata in questa area.
Ancora, quando cerchiamo di combinare due oggetti che non devono essere combinati, o quando proviamo a usare un oggetto con l'ambiente in maniera errata, spesso la protagonista dice frasi specifiche invece delle due-tre frasi di default di molte avventure grafiche. L'autore ha davvero pensato a tantissimi dettagli!

Ultimo aspetto da considerare, le musiche: sono usati prevalentemente pezzi di musica classica e barocca, con una punta di Stars and Stripes di Sousa. I musicisti fanno parte delle varie aree e possiamo applaudirli tutti! Un altro tocco che ho apprezzato.
The Procession to Calvary è in inglese e non è un inglese semplicissimo: sconsiglio il gioco a chi mastica poco la lingua, mentre è affrontabile, secondo me, per chi ha una buona comprensione dell'inglese di base e se la sente di fare quello sforzo in più per decifrare parole un po' arcaiche, magari con un dizionario.

Mi sono divertita molto con Procession to Calvary! E' divertente e ben fatto, pieno di trovate assurde. Non innova il genere, non propone nulla di indimenticabile, forse, ma a suo modo è originale e vi regalerà tante risate.

The Hand of Glory

Lazarus Bundy è un detective della polizia di Miami, e nella sua carriera ha risolto brillantemente molti casi. Adesso, però, è incappato in Blowtorch, un killer che sembra impossibile da catturare. Quando anche l'ennesimo tentativo fallisce, e a Bundy viene ritirato il distintivo, tutto sembra perduto. Ma un ultimo caso si profila all'orizzonte: il rapimento di Kathrin Mulzberg, figlia di un riccone di Miami. Riuscirà il detective a ripristinare la sua reputazione e a risolvere il caso?

Questi quesiti resteranno senza risposta, perché The Hand of Glory è solo la prima parte di un'avventura grafica realizzata, dalla Madit Enterteinment e dalla Daring Touch, in due episodi.

Il gioco si ispira, molto esplicitamente, alle serie di Broken Sword e Gabriel Knight, classici del genere.

The Hand of Glory ha infatti lo stile di gioco “classico”: dovremo raccogliere oggetti, combinarli e in generale risolvere puzzle ed enigmi disseminati lungo il corso del gioco.
Il design degli enigmi è buono, fatta eccezione per un paio di situazioni inverosimili e troppo convolute (il puzzle del bingo e quello del pianoforte).
Forse la difficoltà generale avrebbe potuto essere maggiore: un avventuriero stagionato non si bloccherà facilmente, gli enigmi non sono molto complessi. Però, le aree sono molte, gli oggetti da trovare anche, e le piste da seguire in contemporanea sono quasi sempre due o tre, quindi l'esperienza non risulta lineare e automatica neanche per chi è molto esperto.

Interessante la piccola comparsata che fa Alice, la “spalla” di Bundy. Potremo utilizzarla per breve tempo e avremo a disposizione la sua capacità di leggere il linguaggio del corpo, un po' la versione semplificata di quel che abbiamo già visto in, per esempio, Moebius.

Purtroppo, questa feature appare solo una volta o due, e qui comincia a vedersi un po' quello che è uno dei problemi principali del gioco: la mancanza di focus. Da un lato, il gioco è “vecchio”, nel senso che si rifà un po' supinamente a meccaniche vecchie, conservandone anche gli elementi ampiamente superati (i puzzle convoluti e fuori luogo). Dall'altro lato, strizza l'occhio al “nuovo” con cose come la feature di Alice, senza però darle il necessario spazio o svilupparla a tutto tondo.

Direi comunque che dal lato del gameplay si è fatto un lavoro sufficiente, specialmente considerando che questa è la prima avventura grafica dell'autore, Stefano Rossitto.

Dal lato narrativo, invece, i problemi abbondano.

La storia, di per sé, riprende un po' il tono al limite del verosimile di Broken Sword, ma va un po' troppo in là con l'umorismo e con la mancanza di verosimiglianza, da una parte, e con la tragedia, dall'altra. I cattivi sono o assolutamente macchiettistici e ridicoli (nel senso che non fanno alcuna paura), oppure sono dipinti come molto spaventosi e le loro gesta sono descritte con dettagli anche molto crudi (Blowtorch), come se la crudezza in sé dimostrasse che le cose si fanno “serie”. Siamo di nuovo alla mancanza di focus: un momento c'è una scena assolutamente assurda e dall'intento comico (la lotta dei due operai), il momento dopo Bundy sta sparando un pistolotto melodrammatico, sulla sua vita o sull'indagine o su qualcosa, che vorrebbe essere preso sul serio, ma è molto difficile farlo.

Manca coesione nella visione artistica generale, e questa mancanza di coesione si sente a più livelli. Per esempio, da un lato, si vede che c'è stato lo sforzo di pensare e realizzare molti dettagli, sia dell'ambientazione che dei personaggi. Ho anche apprezzato che si siano evitati i cliché più beceri e il citazionismo ai classici delle avventure grafiche, che francamente ha rotto le scatole da un po'.

Ma i dettagli scelti non sono coesi fra loro, non lavorano a creare un'immagine unica e distintiva dei personaggi o dell'ambientazione, non li caratterizzano veramente. Alcuni sembrano quasi scelti a caso, come il vestiario di Bundy: maniche corte con guanti e sciarpa. E' di discendenza italiana, non tedesca, se ve lo steste chiedendo.

O ancora il comportamento incoerente dei cattivi: catturano Bundy senza ucciderlo, cosa assurda ma accettabile con un certo sforzo per via del tono “alla Broken Sword” (che comunque gestiva la sua logica interna con più coerenza), però poi ammazzano il cane.

E, ovviamente, non manca l'elemento sempre presente nelle detective stories che non riescono a gestire gli indizi e la rivelazione della verità: Bundy che non capisce cosa chiarissime che gli stanno sotto gli occhi, mentre noi siamo lì che abbiamo capito già da tre ore.

Anche il lato artistico soffre di questa discrepanza: i disegni, già abbastanza acerbi, sembrano realizzati da mani diverse. Nella stessa area abbiamo due stili contrastanti, senza apparente logica: dettagliati e arzigogolati da una parte, piatti e lineari due centimetri poco più in là.

Ancora: se il ritmo dell'avventura di per sé è buono, perché succede sempre qualcosa e non ci si annoia mai, il ritmo con cui si sviluppa la storia è strano e traballante. Il gioco è diviso in giornate, ma non è chiaro il ritmo di queste giornate: finiscono di botto, senza che uno se lo aspetti. Non viene scandito il tempo in modo efficace.
L'ultima giornata, peraltro, procede a velocità accelerata e ho avuto l'impressione che si volesse chiudere tutto in fretta. Un pezzo è addirittura saltato, con Bundy che ci racconta come ha risolto il problema! Ora, capisco che magari non era molto divertente farci fare quella cosa e si voleva far passare il giocatore a quella successiva, ma questa è la pezza sul buco: inventarsi qualcosa di più divertente, in modo da non avere questo brutto salto? Non ricordo un altro gioco in cui mi sia successa una cosa simile.

Ma sopratutto, manca il building dietro qualsiasi sviluppo della storia, e anche dietro il protagonista, Bundy, e la sua spalla, Alice. C'è il tentativo di dare loro uno spessore ma, purtroppo, lo si fa nel modo sbagliato.

E se Alice se la cava con una tritissima backstory, che strizza l'occhio al femminismo nel modo più pigro possibile, e che ovviamente è spiattellata al giocatore in un dialogo, a Bundy tocca l'elemento che mi ha fatto scadere tutta la storia. La spiegazione sarà priva di spoiler.

Alla fine del gioco, dopo che Bundy ha ripetutamente fallito nella sua missione ed è tornato a casa sconfitto, alle ripetute insistenze di Alice che lo sprona a non arrendersi, lui risponde con una “rivelazione” su se stesso che cade dal cielo e che dovrebbe, credo, nell'ottica di chi ha scritto, suonare Tragica e dare immediato spessore a un personaggio che finora è risultato di carta velina.

Purtroppo, non funziona così, a meno che non ci si trovi in una puntata di Beautiful. Non si prende un argomento come questo (ma nessun argomento, ma specialmente questo tipo di cosa) per calarlo di botto nella storia, senza costruzione, senza niente, sperando o pretendendo che crei profondità.

Se questa è la storia di un uomo che sta lottando contro questa cosa (o contro il suo orgoglio, più probabilmente, ma è inutile stare a spaccare il capello), se questo è il problema che lo porta a sbattersi e a fallire, devono perlomeno esserci dettagli, lungo il corso del gioco, che a posteriori facciano capire che sì, lui non ce l'ha fatta per questo, e qui lottava contro questo, e lì ha fallito per questo. Non è affatto così in The Hand of Glory: Bundy non ha mai nessuna “fitta lancinante” e il suo corpo non “lo tradisce” mai. Bundy si arrampica per i cornicioni, salta, insegue gente, fa voli dalla finestra e prende cazzotti da energumeni alti il doppio di lui. Soffre come qualsiasi persona normale, in un set fatto di finto-cattivi e battute assurde – un set che non si fa prendere sul serio e che adesso fa finta, invece, di avere “qualcosa da dire”.

I Grandi Argomenti, da soli, non fanno lo spessore, come non la fanno i dettagli truculenti: è la conoscenza che si ha di questi argomenti, il modo in cui si usano per rivelare qualcosa dell'animo umano, che fanno la magia. Non si prendono a caso, per metterli lì e dare un tocco di Serietà alla propria opera.

Se volete un esempio di gioco che sia old, comico ma serio e che gestisce eccellentemente sia gli enigmi, sia la sua ambientazione e i personaggi, senza ricorrere ai trucchi delle soap per parlare comunque di esperienze orribili, giocate Paradigm, altro gioco indie realizzato da un solo autore.

Chiudiamo con il reparto tecnico. Del comparto grafico abbiamo già detto. Le animazioni sono poche e bruttine, purtroppo. La musica, invece, non mi è dispiaciuta: è abbastanza varia da adattarsi alle varie situazioni e l'ho trovata anche molto piacevole da ascoltare.

Il doppiaggio del gioco è in inglese e mi è parso molto buono. Ovviamente, tutti i testi sono in italiano. Per una volta, è la traduzione inglese a lasciare un po' perplessi in alcune sue parti, ma lasciamo ai nativi anglofoni il compito di analizzarla.

Ho molta difficoltà a suggerire The Hand of Glory, e mi dispiace, perché ero partita molto ben disposta e già pronta ad aspettarmi una storia “alla Broken Sword”, con i suoi personaggi un po' sopra le righe e le sue situazioni abbastanza inverosimili. Ma ho pochi elementi positivi davanti. È vero che quantomeno gli enigmi non insultano il vostro cervello, ma questo è forse l'unico pro del gioco e non posso credere che, nel 2020, questa sia la vostra unica scelta.

Misadventures of Laura Silver - Chapter 1

Siamo nel 1935. La detective inglese Laura Silver e il suo collega Orewell Cooper vengono inviati in Cecoslovacchia a indagare sul Vodnik, un mostro acquatico che, a quanto pare, esiste e ha deciso di ammazzare qualcuno.

Arrivati a Pilsen, i due detective scoprono che il loro contatto è stato ucciso nella vasca da bagno. È chiaro che sia stato proprio il Vodnik... oppure no? In fondo, il personale dell'hotel dove risiediamo è molto sospetto. Starà a noi scoprire la verità nella visual novel che andiamo a recensire oggi.

In realtà, si tratta del primo capitolo di quella che dovrebbe diventare una trilogia: Misadventures of Laura Silver. Il gioco mischia elementi della visual novel con elementi dell'avventura investigativa, il tutto in chiave comica e con un paio di minigiochi nel mezzo, per gradire.

I due elementi principali sono molto interconnessi: le scelte di dialogo che dovremo compiere sono legate principalmente al caso e dobbiamo quindi decidere cosa chiedere o cosa rispondere per non suscitare sospetti e per carpire più informazioni possibile.

Il cast dei personaggi è vario e sopra le righe, così come l'umorismo, che non mi ha convinta appieno. Di buono c'è che tutti i personaggi sembrano avere un background coerente che motiva le loro azioni e lati che inizialmente non ci aspetteremmo. Laura è un personaggio scostante, brusco e seccato dal resto dell'umanità, cosa che me l'ha resa subito simpatica; ma la sua caratterizzazione non è così piatta: vengono lanciati "hint" sul suo passato e sul perché sta andando a caccia di bestie mitologiche che, presumo, vedremo meglio nei prossimi capitoli.

Non altrettanto risalta il suo collega, un po' relegato al ruolo di spalla, spesso comica. Gli altri personaggi, che vi lascio il piacere di scoprire, mi sono sembrati più sfaccettati e mi sono rimasti impressi molto di più, anche la bambina piagnucolosa dell'hotel.

Ho letto altre recensioni secondo le quali l'investigazione sarebbe semplice. A me non è sembrato, ma forse sono stata tonta io. Non basta interrogare i vari personaggi, dovremo anche esaminare le varie location – e *senza* un'indicazione su dove si trovano gli hotspot!

Gli indizi ci sono, ma alla prima ho beccato un bad ending. Ci sono molti bad ending in Laura Silver ^^', e un solo True Ending, che si raggiunge capendo chi è il criminale e vincendo il successivo minigioco – non difficilissimo, ma neanche semplice come ci si potrebbe aspettare da una visual novel.

Voglio plaudire anche un paio di trovate che non voglio spoilerarvi, in cui il gioco cerca davvero di mettervi nei panni di Laura e voi dovrete fisicamente combattere quello che sta combattendo lei. Bell'aggiunta!

Graficamente, ho apprezzato moltissimo l'intro animata e gli sprite dei personaggi, che hanno il loro stile, a metà fra il “puccioso” e il “quirky”. Le musiche passano facilmente da un genere all'altro: le sto già dimenticando ma mi hanno fatto piacevole compagnia.

Purtroppo invece manca un tasto per skippare i dialoghi già letti. Questo rende il compito di rifare il gioco per cercare altri finali o esplorare altre strade... un compito, appunto, invece di una piacevole rigiocata. Vi prego, creatori di VN che non usate Ren'Py, non scordatevi di questo tasto, è forse quello più importante dopo il tasto “salva gioco”.
Infine, ho letto di giocatori che non sono riusciti a chiudere il gioco dopo i credits, ma io non ho avuto questo problema: sarà stato un bug già risolto.

Laura Silver è in inglese e in turco, poiché i creatori, la Studio Attic Salt, sono turchi. L'inglese è un po' difficile, a causa dell'umorismo e dei doppi sensi che riempiono i dialoghi dei personaggi, ma credo che sia affrontabile con un dizionario. L'unico vero problema sono un paio di sequenze a tempo: sono veramente poche e le parole a schermo sono pochissime, ma alla prima possono fregare chi non riesce a seguire bene la lingua.

Laura Silver è un bel primo capitolo per un personaggio che ha del potenziale. L'umorismo ancora non mi convince, è troppo esagerato in alcuni punti, e la storia nel complesso potrebbe essere limata in più parti, ma non si tratta affatto di una brutta visual novel. Il gameplay è vario, divertente e contiene trovate interessanti e fantasiose. Sono curiosa di vedere cosa ci riserverà il secondo capitolo!

Detective Gallo

Negli ultimi dieci anni abbiamo assistito al proliferare e consolidarsi di una produzione di videogiochi indie internazionale di grande valore, come ben saprà chi segue da tempo la nostra rubrica INDIEtro Tutta. Hanno visto la luce titoli molto belli, gradevoli e interessanti, basti pensare alle due stagioni di The Last Door, o alle avventure di Tilo in Ghost of a Tale, o alla produzione di Gilbert, per citarne solo alcuni. Spesso questi sviluppatori indie, per realizzare al meglio il loro progetto, non possono contare sulle cifre, sui milioni, che normalmente una casa produttrice affermata, come per esempio Ubisoft, investe nei propri team di sviluppo, perciò ricorrono al sistema di finanziamento online, il crowdfunding, introdotto anni fa da Kickstarter; cioè cercano tra il pubblico degli investitori disposti a credere nel progetto e a sostenerlo economicamente. Mercato indie e crowdfunding viaggiano quindi spesso a braccetto.

Anche noi italiani, seppur con qualche ritardo, abbiamo iniziato ad affacciarci sul mercato di questo tipo di produzioni, e ovviamente anche nel campo delle avventure grafiche. Perciò, oggi sono qui per parlarvi, con colpevole ritardo, di un titolo completamente nostrano uscito nel corso del 2018, che si inserisce perfettamente in questa categoria di produzioni indie: Detective Gallo.

“Detective Gallo è un’avventura punta e clicca interamente illustrata e animata a mano, di genere umoristico”, così riporta la pagina Steam dedicata al gioco, creata da Footprints Games, cioè dai due fratelli Maurizio e Francesco De Angelis, e prodotta da Adventure Productions. Se seguite il nostro sito, o partecipate alla vita del forum di OGI, saprete che Detective Gallo è stato finanziato al termine di una campagna crowdfunding su Eppela, riuscendo a raccogliere 15.000 euro. Una briciola se pensiamo che produzioni indie straniere spesso accedono a cifre ben più sostanziose, come per esempio i 150.000$ di Mage’s Initiation degli Himalaya Studios. Quindi sono rimasto particolarmente colpito dalle immagini e dai video del gioco in circolazione, che ci presentavano un titolo dallo splendido stile visivo e dalle animazioni fluide e ben pulite. Il mio animo ligure, e la mia titubanza nei confronti del mercato italiano dei videogiochi, spesso invaso di vere e proprie ciofeche, mi hanno fatto subito esclamare: “dove sta la fregatura?” e, molto dubbioso, ho acquistato il gioco. E, ve lo anticipo, è stata... un’incredibile sorpresa! Ma parliamone più nel dettaglio.

Il protagonista del gioco, Detective Gallo per l’appunto, è un pennuto e scontroso investigatore privato alle prese con un bizzarro caso d’omicidio: qualcuno ha assassinato le amate piante del miliardario Phil Cloro, introducendosi nella di lui magione durante una sua assenza. Un punto di partenza davvero originale, da cui prenderà vita l’indagine del nostro pennuto brontolone. Viene da sé, già dalle premesse, che ci troviamo di fronte a un’avventura grafica di stampo umoristico.

La prima cosa a balzare all’occhio è la bellissima e variopinta grafica, realizzata da Maurizio De Angelis e colorata dal talentuoso Mauro Sorghienti. Quasi tutti i personaggi del gioco sono uccelli “antropomorfi” e questo mi ha da subito ricordato Disney e le avventure dei paperi, poi però ho avuto il piacere di intervistare lo stesso Maurizio (ne approfitto per ringraziarlo della sua pazienza) che mi ha fornito maggiori dettagli su questo aspetto. Infatti, ho scoperto che per lo stile grafico si sono ispirati, a livello di disegno, ai giochi dallo stile “deformed toon” dei classici LucasArts (Peter Chan su tutti) e ai grandi fumetti della scuola disneyana (come Cavazzano e Mastrantuono). Invece, lo stile dei personaggi strizza l’occhio alla serie originale anni ’80 Duck Tales, in versione noir. In realtà, in origine Detective Gallo, avrebbe dovuto essere realizzato in bianco e nero, per ricreare il classico stile delle “detective stories”, ma poi il team di sviluppo ha optato per il colore, per non perdere (parole di De Angelis) l’interessante resa cromatica che avrebbero potuto ottenere scegliendo la giusta palette per le singole location. A mio parere, il risultato è ottimo: il comparto grafico è davvero ben curato e piacevole all’occhio, e le animazioni dei personaggi sono fluide e ben realizzate.

Mi ha poi colpito molto constatare come il motore di gioco utilizzato per realizzare Detective Gallo sia AGS. Ho spesso notato come i videogiochi realizzati con questo engine portassero con sé alcune problematiche tecniche, come la gestione delle risoluzioni e dei filtri grafici, difetti che invece non ho riscontrato in questo titolo. AGS nasce infatti per lo sviluppo di giochi in pixel art, ma negli anni le potenzialità di questo engine sono aumentate e alcuni suoi limiti sono divenuti “superabili”, sebbene sia richiesto un certo sforzo per raggiungere il grado di personalizzazione desiderata (sia in termini di interfaccia che di asset implementati). Francesco De Angelis, il programmatore di Detective Gallo, non aveva esperienza diretta né con AGS né con la programmazione di videogiochi; tuttavia le sue competenze informatiche da ingegnere elettronico gli hanno fornito l’input necessario per spingere l’engine nella giusta direzione, a favore di quello che il team aveva in mente per Detective Gallo. Io, giocando con l’ultima versione disponibile del gioco, non ho incontrato mai alcun problema o baco che potesse inficiare la mia esperienza, il titolo è caratterizzato da una grande pulizia tecnica.

Detective Gallo è un’avventura incredibilmente ben costruita a livello di storia e di gameplay. La narrazione si svolge in un totale di circa quindici location, accessibili via via che il gioco progredisce, e l’esperienza di gioco, se si esplora a fondo ogni possibilità, si assesta su circa 6 ore di durata. Ho letto alcune recensioni che criticavano il titolo sostenendo che fosse troppo breve, ma queste sono le solite idiozie di recensori abituati a giocare a titoli tripla A dove la narrazione viene estesa all’infinito (annacquandola). Detective Gallo racconta la sua storia, mai banale e sempre sul pezzo, nell’arco delle 6 ore, senza mai annoiare il giocatore, evitando i tempi morti, avvalendosi di un razionale backtracking, che ci porterà a visitare spesso vecchie location.

Ma questo intenso girovagare tra le “stanze” non annoia, proprio perché è controbilanciato da un ottimo equilibrio tra elementi narrativi, durata e gameplay, inteso come difficoltà degli enigmi. La storia, poi, non manca di colpi di scena e di “twist” improvvisi di trama. Io stesso sono rimasto “fregato” da uno di questi “twist”, che mi ha portato persino ad arrabbiarmi nei confronti degli sviluppatori per la presunta banalità di una data scelta, poi, quando ho scoperto di essere stato buggerato, non ho potuto fare a meno di mettermi a ridere come uno scemo davanti al monitor del PC. Senza contare, infine, il piccolo climax che conduce a un ispirato finale: una vera genialata.

I miei pensieri trovano conferma nelle parole di De Angelis, che spiega come alle spalle del progetto ci sia un accurato e lungo lavoro di progettazione. L’intera storia è stata scritta prima di iniziare la programmazione del gioco: doveva funzionare tutta la trama nelle sue linee generali e nei suoi snodi principali. Tutti i dialoghi sono stati scritti all’inizio, ma poi sono stati modificati man mano che procedevano con lo sviluppo del gioco. Per esempio, sono state tagliate ampie parti di dialoghi ed enigmi per dare un certo ritmo al gioco, evitando di annacquare la storia. I personaggi, poi, sono molto ben caratterizzati, per me Gallo è quello curato meglio, ma ho adorato particolarmente il personaggio del Baby Teppista, il ribelle. Davvero divertenti e degne di nota le conversazioni telefoniche con l’informatore, a volte mi sono ritrovato a telefonargli solo per sentire se aveva nuove freddure o storielle da rifilarmi.

Gli enigmi sono ben studiati e congegnati, di stampo classico, prevedono manipolazione di oggetti dell’inventario e interazione con gli hotspot delle stanze. Non sono mai eccessivamente impegnativi, anzi sono un elemento utile a creare quella formula ben equilibrata (e non annacquata) di cui parlavo poco più su. A prescindere da questo fattore, non avrebbe avuto alcun senso inserire al giorno d’oggi enigmi troppo complessi, di quelli che magari ti impegnano per ore e ore, quando gran parte del pubblico corre a guardare un video di soluzioni se si blocca per più di una quindicina di minuti, rendendo l’enigma un fallimento di progettazione. Una feature piuttosto importante è quella che permette di visualizzare, premendo la barra spaziatrice, tutti gli hotspot presenti nella schermata: io non ne farei mai uso, ma capisco che ci siano moltissime persone che la trovano una funzione imprescindibile. Apprezzo il fatto che ne abbiano lasciato l’utilizzo a discrezione del giocatore, senza imporlo come invece è successo con la director’s cut di Broken Sword.

E l’umorismo? Le battute? I due fratelli De Angelis non solo hanno ideato il concept del gioco, ma anche scritto tutta la storia e i dialoghi. Il loro lavoro di scrittura è stato supportato da Cristiano Caliendo, che si è occupato di scrivere diversi dialoghi e di aggiungere gag molto divertenti. Ma un lavoro di scrittura sarebbe vano se il doppiaggio non fosse di livello: è per questo che non si può non citare Carlo De Rensis, executive producer e supervisore del doppiaggio, che ha svolto un ottimo lavoro di direzione dei doppiatori sia inglesi che italiani. Personalmente ho trovato le gag e l’umorismo di ottimo livello, anche se ogni tanto mi è capitata una battuta “stonata” o un po’ “forzata”, soprattutto nella prima metà del gioco, ma questo va anche in base ai gusti. Tutto sommato, ritengo l’umorismo di Gallo “più divertente” rispetto a quello di Deponia. A una mia precisa domanda, Maurizio De Angelis risponde che in generale si può dire che Detective Gallo rispecchi l’umorismo suo e di suo fratello e che non ci sono battute che cambierebbero a livelli di contenuto, ma di sicuro, oggi, a distanza di tempo dalla release date, renderebbero tutti i dialoghi molto più veloci e dinamici, per far funzionare meglio i tempi comici, per spiazzare e per coinvolgere continuamente il giocatore.

La musica di Detective Gallo presenza numerose tracce jazz che si sposano davvero bene con la storia noir del gioco, ed è stata composta ed eseguita da Gennaro Nocerino, bravissimo nel saper cogliere il mood giusto, caratterizzando ogni singola location del gioco e i passaggi cruciali della trama. Gennaro è un musicista freelance che, oltre a lavorare come compositore in ambito videoludico, vanta produzioni musicali per cinema e televisione in Italia e all’estero.

Non dimentichiamo che la redazione di Adventure Gamers ha omaggiato Detective Gallo del premio Best Writing Comedy agli Aggie Awards 2018, dove uno dei candidati in lizza era Leisure Suit Larry: Wet Dreams Don’t Dry. Alla mia domanda: “Cosa avreste fatto con 100.000 euro a disposizione?”, Maurizio risponde che sicuramente avrebbero reso le location più piene di personaggi e più animate in generale. Avrebbero anche migliorato le animazioni di tutti i personaggi e aggiunto dei video animati per sottolineare i passaggi cruciali della storia, per darle maggiore dinamismo e ritmo. Capite quindi quanto è importante partecipare alle campagne crowdfunding di questi videogiochi? Con soli 15.000 euro sono riusciti a sfornare un ottimo gioco che ha convinto anche a livello internazionale, figuriamoci con un budget superiore!

In conclusione, la mia esperienza con Detective Gallo è stata positiva, l’ho trovato un gioco piacevole, divertente, ben strutturato e molto equilibrato in tutti i suoi aspetti; un gioco che vi saprà svagare e strappare più di una risata. Come punti negativi non ho grandi critiche da fare… come ho già spiegato, forse qua e là c’è qualche battuta un po’ forzata, e per completezza aggiungo che, in un determinato punto del gioco, sono incappato anche in un evidente errore di scrittura: ci sono un paio di frasi in uno scambio con il taxista che andrebbero riviste. Ma questo non inficia la godibilità del titolo. Mi aspetto grandi cose in futuro da Footprints Games. De Angelis mi fa sapere che hanno già in cantiere un nuovo progetto videoludico che non sarà il seguito di Detective Gallo, bensì una nuova avventura grafica, che probabilmente si avvarrà di una campagna crowdfunding su Kickstarter. Però, nel frattempo, non hanno dimenticato il loro “primo amore”: in questo periodo, si stanno concentrando sull’origin story “Detective Gallo Story”, una serie a fumetti divisa in 7 capitoli, che possono essere letti online sul sito Astromica.com. Il primo capitolo è già stato pubblicato il 30 Maggio e a breve uscirà il secondo (hanno cadenza bimestrale).

Detective Gallo è disponibile anche su console PlayStation 4 e Nintendo Switch. In particolare, trovo quest’ultima incarnazione molto interessante: quale miglior modo di sbrogliare l’indagine del nostro detective, se non al mare, sotto un ombrellone, sorseggiando un cocktail ghiacciato?

Proviamo MADievals in Accesso Anticipato!

Esce oggi in Accesso Anticipato un'altra avventura grafica italiata a sfondo umoristico: MADievals, sviluppata dalla 2finger e pubblicata da Daring Touch.

Noi interpreteremo un "misterioso" cavaliere di nome Rusty Steelknee, alla ricerca della Lampada Idolo nel regno di Manzasun. Il regno, però, è stato colpito da una maledizione ed è perennemente nell'oscurità: naturalmente, il nostro Rusty dovrà capire cosa sta succedendo e cercare di uscirne vivo.

Gli sviluppatori hanno voluto rilasciare il gioco, ancora incompleto, in Accesso Anticipato per ricevere i feedback dei giocatori e farne tesoro. Vi lasciamo dunque al trailer del gioco e alla pagina Steam.

Affrontiamo le sabbie eterne in Aeon of Sands - The Trail

OjO si cosparge di crema solare e inizia il suo viaggio nel deserto di Aeon of Sands - The Trail, il dungeon crawler con un cuore da adventure uscito oggi e che vede tra i suoi autori l'italiano Marco Pedrana. Colto da un irrefrenabile spirito patriottico, il vostro OjO è lieto di accompagnare tutti gli OldGamer in un rapido giretto tra le dune.

428 Shibuya Scramble

I destini di cinque (improbabili) personaggi si intrecciano all'incrocio più famoso di Shibuya: si tratta del detective Kano, alle prese con il rapimento di una ragazza; del giornalista Minorikawa, chiamato ad aiutare un collega pronto al suicidio; del ribelle Achi, che passa le sue giornate raccogliendo la spazzatura lasciata dagli altri; del ricercatore Osawa, padre della ragazza rapita; e di Tama, rimasta intrappolata nel costume di una mascotte.
Le vite di questi cinque disgraziati sono più connesse di quel che sembrerebbe: la fortuna di uno può essere la sfiga di un altro, e starà a noi cercare di districarci in mezzo a tutto questo. Vediamo come!

428: Shibuya Scramble è una visual novel per cui i fan hanno tanto penato: uscita in Giappone nel 2008, è stata tradotta solo adesso, dopo quasi 10 anni, per il resto del mondo.

Il gioco si svolge nell'arco di una singola giornata, ed è diviso in ore, durante ognuna delle quali dovremo giocare tutti e 5 i personaggi. Le scelte che compiremo giocando con uno di loro si rifletteranno su tutti gli altri, portando in alcuni casi a dei Bad Endings per uno o l'altro dei personaggi. Dovremo cercare un po' la quadratura del cerchio, in modo che tutti arrivino più o meno serenamente alla fine dell'ora, così da poter passare alla successiva.

Bisogna andare per tentativi, sbloccando Bad Endings che ci daranno indicazioni su cosa dobbiamo modificare per andare avanti. I Bad Endings sono in sé stessi interessanti e più o meno assurdi (come vedremo, tutta la storia di 428 Shibuya Scramble è comica): collezionarli è uno degli scopi del gioco, tanto che saremo ricompensati con una storia extra se ne abbiamo beccati abbastanza.

In alcuni casi, i percorsi di certi personaggi saranno inaccessibili e dovremo sbloccarli “frugando” nelle storie degli altri. Il testo è disseminato di ipertesti – e a volte di ipertesti dentro ipertesti – che contengono commenti, o mini-storie, o ancora trivia sugli argomenti più disparati. Alcuni di questi ipertesti, segnati in rosso, collegano due personaggi e permettono di fare il salto da uno all'altro, sbloccando appunto le loro storie. Si tratta quindi quasi di un puzzle, ma narrativo, e più difficile a mano a mano che il gioco avanza: verso la fine, bisogna esplorare molto di più per riuscire a proseguire e a trovare tutti i collegamenti.

La storia, dicevo, è comica, persino demenziale in certi momenti. La scrittura in sé lascia un po' a desiderare ma l'intreccio e i personaggi compensano in gran parte questa pecca.

I personaggi sono l'anima del gioco: ognuno ha la sua storia, il suo carattere e il suo percorso personale, ognuno ha i suoi ostacoli da affrontare per raggiungere il finale. Ce ne sono alcuni che risaltano più di altri, ma tutti hanno il loro perché e la loro caratterizzazione è curata. Anche i diversi personaggi “secondari” sono stati realizzati con attenzione e resteranno spesso impressi quanto se non più di alcuni dei principali (come dimenticare il detective a casa di Osawa e le sue banane?). Massimi punti sotto questo punto di vista.

La trama è assolutamente pazzoide. Quello che parte come un rapimento evolve in qualcosa di molto di più e si intreccia con molteplici storie secondarie. Il risultato è un potpourri magnifico, dove momenti comici si alternano a momenti commoventi, tristi, epici e semplicemente da facepalm. Non è mai facile immaginare quel che succederà nella scena successiva, o quale deve essere il risultato che dobbiamo cercare di ottenere. In questo, Shibuya Scramble è molto bravo: riesce a dare un chiaro senso di direzione ma a mantenere la suspance fino alla fine.

Parliamo un attimo degli Extra. Molte Visual Novel li hanno, come illustrazioni bonus o OST, o piccole storie aggiuntive... Shibuya scramble ha molto di più. Ci sono due finali (oltre agli innumerevoli Bad Endings), uno “normale” e l'altro “true”. Il True Ending a sua volta sblocca diverse storie secondarie (bisogna avere determinati requisiti, come un certo numero di Bad Endings), giocando le quali sbloccheremo un'altra storia ancora (mitica!). È presente anche un Quiz e la raccolta di tutte le clip che abbiamo incontrato giocando.

Come avete sicuramente già notato dalle immagini, sfondi e pg non sono stati disegnati, ma sono fotografie (e brevi clip di live action). Questa è una scelta favolosa, perché gli attori sono tutti assolutamente perfetti per le parti (assurde) che devono ricoprire. Avrei voluto solo che ci fossero più clip animate!

Il testo cambia font, grandezza e velocità di “apparizione a schermo” a seconda del mood della scena che stiamo leggendo. È una trovata un pochino ingenua al giorno d'oggi (e io non la amo, specialmente quando il testo rallenta, perché già a velocità normale per me è lento), ma funziona.

La vera mancanza è quella del tasto Skip: in Shibuya Scramble è possibile skippare intere scene, ma non skipparne solo una parte. Le scene sono tutte brevi, è vero, e questo sistema è stato implementato per questioni tecniche (essenzialmente, quando si modifica qualcosa, nella timeline di un personaggio, che va a toccare un evento, di un altro pg, che avevamo già letto, dobbiamo leggere ex-novo la scena cambiata, non possiamo leggerne metà: quindi ogni ora è divisa in scene e micro-scene, in modo da sostituire quelle cambiate all'occorrenza). Avrei comunque preferito poter skippare direttamente all'ultimo punto letto.

La visual novel è in inglese. Non è sempre un inglese facilissimo, ma direi che in massima parte può essere affrontato con pazienza e un dizionario, se la lunghezza non spaventa: il gioco dura almeno un 25 ore, senza contare i vari Extra. Qualche parte è doppiata, decentemente e in giapponese grazie al cielo.

428: Shibuya Scramble non delude, neanche i fan che hanno atteso 10 anni per poterci giocare. E' un mix unico e assurdo di storie e personaggi pazzeschi; il sistema delle scelte "a puzzle", la miriade di cose da scoprire e sbloccare e gli Extra originali e interattivi spingono il giocatore a esplorare tutti gli anfratti del gioco... e ancora non sarebbe abbastanza! Promosso in pieno!

Beat Cop

Dopo l'incidente alla casa del senatore, Kelly, il detective affidato al caso, viene retrocesso e sbattuto sulla strada a fare multe alle auto. Tutti sembrano pensare che sia stato lui a rubare i diamanti dalla casa del senatore... assieme a qualcos'altro, di cui Kelly non sa nulla. Adesso, ha solo 21 giorni per fare luce sulla vicenda e recuperare i diamanti, se vuole tornare ad essere un detective. E, naturalmente, non può neanche trascurare la sua nuova posizione, se non vuole essere licenziato direttamente.

Starà a noi aiutare Kelly a sopravvivere fra complotti politici, scontri fra mafia e bande di colore, la sua ex moglie che gli chiede gli alimenti e il minimo di multe da portare a casa. Ma con che gioco abbiamo a che fare? Scopriamolo assieme!

Beat Cop è un simulatore di polizia a scorrimento, circa, ambientato negli anni '80. Il gioco è diviso in giornate: all'inizio di ogni giornata il nostro capo ci assegnerà gli obiettivi del momento, che possono andare dalle semplici multe alla ricerca di un determinato veicolo che trasporta droga. Poi, verremo lasciati sulla nostra strada e dovremo occuparci noi di tutto, compresi eventuali imprevisti e, ovviamente, le nostre indagini personali, quelle che dovrebbero aiutarci a tornare detective.

Nelle prime fasi, il gioco è frenetico, perché abbiamo ancora poca familiarità con la strada, con i suoi “abitanti” e con i tipi di multe. Dovremo quindi correre da un lato all'altro, controllando di volta in volta ticket, gomme e luci delle auto parcheggiate per raggiungere la quota, e cercando di essere presto al posto giusto quando avviene una rapina o un altro crimine. Kelly ha un punteggio Stamina che decresce nel corso della giornata e che possiamo ripristinare mangiando qualcosa (azione che però consuma tempo): un punteggio basso farà stancare prima il nostro Kelly, cosa che potrebbe rallentarlo nell'inseguimento dei criminali.

Altro fattore da tenere in conto sono le due “bande” che lottano per il dominio del quartiere: la mafia da una parte e i gangster neri dall'altra. Fermare i crimini associati a una delle due fazioni farà perdere Reputazione con la relativa “banda”, e se la Reputazione scenderà abbastanza verremo uccisi (allegria). Sarà possibile chiudere un occhio di tanto in tanto o addirittura fare dei lavoretti per i criminali, in modo da riguadagnare Reputazione e fare qualche soldo extra.

A tutto questo, aggiungiamo gli alimenti che Kelly dovrà pagare alla ex-moglie, sempre più alti (la sua ex-moglie è bene ammanigliata).

È un sottile equilibrio quello che si deve cercare, quindi, fra le bande criminali, la polizia, l'ex-moglie e le nostre indagini personali? Ehm, no.

Il problema di Beat Cop è che, in realtà, una volta presa dimestichezza col gioco, il tutto risulta abbastanza facile. Intanto, spesso non serve esaminare nel dettaglio le auto per fare le multe: una volta capiti “i segnali”, è possibile dedurre che infrazioni dobbiamo segnalare solo passando davanti ai veicoli, con grande risparmio di tempo. In questo modo, è facile duplicare o anche triplicare il numero di multe giornaliere, con conseguente bonus sullo stipendio, che ci consentirà facilmente di pagare gli alimenti. Non serve dunque “sporcarsi le mani” facendo lavoretti per le due fazioni e sarà possibile spendere altri soldi per evitare un eccessivo abbassamento della Reputazione.

Viceversa, è possibile perdere uno scenario per una scemenza fuori dal nostro controllo. Ad esempio, anche con la Stamina al massimo, è impossibile arrivare dall'altra parte della nostra strada in 10 secondi, il tempo che abbiamo per beccare alcuni criminali. Quindi, in alcuni casi, si rischia di fallire un compito per pura sfiga.

Tutto questo fa sì che il gioco sia divertente nelle prime fasi ma un po' noioso e ripetitivo una volta che si è padroneggiato il meccanismo, quando l'illusione di non poter “vincere tutto al 100%” senza neanche sporcarsi le mani viene a cadere. Peccato, perché il gioco in sé è carino e l'ambiguità morale dei poliziotti, la difficoltà che trovano nel compiere il proprio lavoro senza compromessi, sono alcuni dei temi portanti della storia, e così cadono un po' piatti.

La storia in sé non dà molte soddisfazioni, perché termina bruscamente con un'immaginetta buttata lì ed è completamente su binari. Mentre negli eventi di tutti i giorni avremo ampie possibilità di scegliere cosa fare, come rispondere a Tizio o Caio, se aiutare la mafia o no, ecc, nella storia principale Kelly farà tutto da solo e il nostro unico compito sarà fare in modo di trovarci al posto giusto nel momento giusto (cosa facile, come abbiamo visto). L'unica vera scelta ci verrà data alla fine del gioco, quando potremo scegliere uno fra diversi finali, tutti abbastanza anticlimatici. Di nuovo un peccato, sembra quasi che la storia principale sia una scusa per il resto... e in effetti un pochino è così.

“Il resto” sarebbe la vita quotidiana di Kelly e sopratutto la vita della strada da lui pattugliata. Dal punto di vista dell'ambientazione, non posso lamentarmi. L'intento era evidentemente quello di rappresentare un periodo difficile per la polizia e anche per gli abitanti del paese. Le due cose vanno a braccetto, naturalmente: poliziotti lasciati bene o male soli sulle proprie strade, a dover fare i conti, senza molto supporto, con mafia e gang di quartiere, saranno molto più propensi a “prendersela” con i cittadini che dovrebbero proteggere. Kelly stesso è fondamentalmente un manesco, la cui prima risposta a tutto è pestare qualcuno: entra negli appartamenti sfondando le porte, pesta i colpevoli (…), insulta la gente... Alcune di queste reazioni sono sotto il nostro controllo, altre no.

A farci maggiormente le spese sono ovviamente i cittadini di second'ordine, ossia tutti quelli di colore (sia i neri, nel caso specifico, che i cinesi), immediatamente sospettati di qualsiasi cosa e a cui Kelly si rivolge a prescindere in modo aggressivo e/o insultandoli (mentre con i mafiosi, almeno quando ci parla faccia a faccia, Kelly ha un altro contegno).

Questa atmosfera, un po' da “giungla selvaggia”, è ben resa dal gioco, specialmente nelle prime fasi, quando assistiamo a una sparatoria che ci vedrà coinvolti e vediamo l'ostilità o l'indifferenza dei nostri colleghi, alcuni dei quali sono quasi sicuramente sul libro paga di qualche criminale... o di qualche politico. Kelly stesso è vittima di un complotto politico e ben pochi alzano un dito per aiutarlo.

Una parentesi sulla “political uncorrectness” del gioco. Beat Cop è stato molto criticato per il linguaggio “scorretto” utilizzato dai personaggi. Come ormai saprete, non giudico un gioco in base a questi fattori, ma volevo dire che secondo me l'intento è stato spesso travisato.
È vero che Beat Cop utilizza questo linguaggio “scorretto” in modo abbastanza “goliardico”, ma fondamentalmente il messaggio che lancia è di tutt'altro tipo. Alla fine dei conti, è chiaro che la piaga della storia sono prima di tutto i politici corrotti/arraffoni e molti dei criminali che incontreremo nel gioco sono più o meno vittime di un complesso stato di cose. C'è anche una bella differenza fra il modo in cui sono rappresentate le gang nere rispetto ai mafiosi, ed è chiaro secondo me che sono i secondi ad essere visti in maniera peggiore. L'atteggiamento di Kelly (e di altri poliziotti del gioco) è frutto del fatto che si trova, *da solo*, ad avere a che fare con numerosi criminali, in un'epoca in cui il razzismo era pervasivo, e in generale con una situazione in precario equilibrio.

La stessa cosa vale per il maschilismo del gioco: sì, piovono commenti maschilisti e in generale schifosi da parte di diversi personaggi, ma mi sembrano coerenti con l'ambientazione e va fatto notare come le donne che compaiono, nelle loro parole e nelle loro azioni, rigettano questi commenti. La collega donna di Kelly non si fa problemi a rispondere al collega porco ed è lui spesso che ci fa una pessima figura, per esempio.
Ora, non so se sia una fedele riproduzione degli anni '80 o meno, ma lo scenario ha senso e il fatto che sia stato costruito così non significa che gli sviluppatori auspichino a un ritorno allo “sparo prima, chiedo poi” e all'aperto razzismo/maschilismo delle forze dell'ordine. Anche se si vuole giudicare un gioco da questi elementi (cosa che trovo poco professionale, ma vabbè), bisognerebbe assicurarsi che il gioco davvero esprima determinati concetti, altrimenti il prossimo step sarà accusare Nabokov di istigazione alla pedofilia.

Ma torniamo a noi: l'ambientazione e le storielle dei vari abitanti della strada sono quello che mi ha spinta a finire il gioco: ogni giorno Beat Cop riserva una qualche sorpresa e una “mini-storia” che va dal serio al grottesco. C'è ovunque una punta di umorismo nel gioco, che dà vita a scene fuori dal normale, come quella in cui dovremo fare da palo mentre in un'officina girano un porno (il tutto a causa di un'altra situazione assurda nella quale ci siamo trovati immischiati).

Viceversa, troviamo mini-storie adrenaliniche o toccanti, come quella in cui dovremo scovare e bloccare un'attentato, o quella in cui la polizia tedesca ci chiederà aiuto per scovare un ex-nazista.

Come potete vedere dalle immagini, la grafica di Beat Cop è super-carina! I particolari sono tantissimi e ben realizzati, tant'è che è da questi dettagli minuscoli che, spesso, potrete capire ad occhio che multe fare.
La OST è curiosa, riprende i giochi e i telefilm di anni fa: a volte risulta ripetitiva, ma non così tanto da farvi venir voglia di spegnere le casse.
Nel gioco c'è qualche sbavatura qua e là: spesso ci toccherà cliccare qualcosa dietro a un baloon e non sarà possibile farlo. È un problema, visto che molti eventi sono a tempo e sbagliare il click può essere fatale. In un caso, mi si è bloccata una quest, ma rifacendo il giorno in questione, sono riuscita a ri-sbloccarla. È più seccante quando si fallisce un evento per la sfiga.

Beat Cop viene promosso con riserva. L'idea era carina, l'esecuzione lascia un po' a desiderare. L'ambientazione è ben riuscita e secondo me anche il mix di serio e faceto è ben fatto, ma il gameplay doveva supportare questa visione. Doveva essere più difficile, costringere il giocatore a fare dei compromessi da qualche parte e dare la possibilità di fare una vera investigazione (almeno in parte) per la trama principale. Così com'è, è un giochino carino da fare ogni tanto, che diventa ripetitivo dopo un po', ma che si può completare fra un gioco più impegnativo e l'altro.

Two Point Hospital

Two Point Hospital è il tanto atteso erede spirituale di Theme Hospital e il buon Ojo è diventato Dottore per mostrarcelo!

Nel video qui sotto, Dottor Houjo ci mostererà punti forza e punti deboli di questo simulatore di ospedale; vedremo quanto ha ereditato dal classico a cui si ispira, che cosa fa diversamente e quali sono i risultati. Nelle fasi più avanzate del video, vengono mostrati anche i vari menù del gioco e le icone - che sono più semplici di quanto non sembri.

Death Coming

Sapete come si dice, no? La morte arriva per tutti, prima o poi. In Death Coming, la morte arriva più prima che poi.

Death Coming è un puzzle game della NEXT Studio in cui impersoniamo l'assistente del Tristo Mietitore. Il nostro compito è, ovviamente, quello di ammazzare più persone possibile, scatenando dei piccoli (o, a volte, non tanto piccoli) incidenti.

Ogni mappa va esaminata a fondo, in modo da imparare i pattern dei vari personaggini e la posizione delle varie Trappole Mortali, degli oggetti, dall'aspetto anche innocuo, che possono essere usati per uccidere qualcuno. Per esempio, un semplice vaso di fiori, se cade nel momento giusto, può essere infausto...

Bisogna avere inventiva e tempismo, in modo da non sprecare le Trappole e da far fuori più gente possibile. In alcuni casi, dovremo eliminare alcuni NPC specifici in modo da attirarne altri, che altrimenti sarebbero inaccessibili.

Le aree sono molto varie e tutte simpaticissime. Si va da una fabbrica di missili alla prigione di King Kong a un'isola misteriosa. C'è sempre una storiella che fa da sfondo alle mappe. Per esempio, nella mappa di King Kong, c'è la biondina che vuole liberare Kong e fuggire con lui. Nella mappa dell'isola, abbiamo una specie di Indiana Jones che vuole scoprire i segreti dell'isola.

Uccidendo i giusti NPC, faremo progredire queste storie, ma non è necessario farlo per vincere lo scenario. Dobbiamo uccidere un numero minimo di personaggi, e ci sono 3 NPC speciali per ogni mappa (i personaggi chiave per la “storiella” dello scenario, diciamo). Se riusciamo a uccidere tutti, ma proprio tutti gli NPC, avremo un bel bonus al punteggio, oltre che la soddisfazione di vedere lo scenario completo. Altri bonus si ottengono facendo delle combo kill, ossia uccidendo più gente in una sola mossa.

Le mappe aumentano man a mano di complessità. Ben presto viene inserito il tempo atmosferico, che modifica le Trappole: alcune funzionano solo con la pioggia, per esempio, altre con la neve, altre con il sole, e così via. Quando avremo la possibilità di modificare il tempo a piacimento (circa), ci troveremo spesso a dover intrecciare le trappole fra loro per massimizzare la nostra efficacia.

Un altro ostacolo è dato dagli Angeli, la “polizia” dei cieli che viene a romperci le balle dopo un tot di uccisioni. Gli Angeli hanno un cono visivo celeste e se ci beccano a cliccare su qualcosa entro il loro cono, ci “multano” - ossia, ci tolgono una vita. Come nel più classico dei casi, abbiamo 3 vite, poi dobbiamo ricominciare il livello.

Death Coming è simpaticissimo e molto carino; il problema è che, specialmente all'inizio, risulta ripetitivo. Un'altra cosa che non ho molto apprezzato, è che siamo quasi obbligati a dover rifare lo scenario almeno due volte, se vogliamo puntare a uccidere tutti quanti: la prima volta, è difficile riuscire a capire bene tutti gli intrecci di NPC/trappole/agenti atmosferici/ecc ecc... Quindi tocca “sprecare” una ventina di minuti per scoprire i segreti dello scenario, poi tornare indietro e rifarlo “per bene”. È frustrante anche quando si crepa proprio alla fine, quando mancava giusto UN dannato NPC per terminare con il massimo punteggio: anche in quel caso, bisogna ripartire da zero. Questo, comunque, succede raramente, basta stare davvero attentissimi ai maledetti angeli.

Ulteriore occasione di varietà è data dagli scenari bonus, in cui bisogna ammazzare quanti più angeli possibile, per esempio, o far fuori un sacco di NPC in maniera più “diretta” e cose così.

Graficamente, il gioco è adorabile, pucciosissimo. Tutti i personaggini sono kawaii e blocchettosi, la palette è molto colorata, gli effetti sonori sono comici. La musichetta di fondo è carina e, se non dico sciocchezze, si tratta di una versione dello Schiaccianoci.

Death Coming è anche in italiano. La traduzione presenta qualche errore, ma è più che sufficiente per giocare senza problemi.

Che dire? Ogni tanto serve anche un gioco come Death Coming, da giocare in mezzo a roba più impegnativa, magari. Giocarlo tutto di un fiato potrebbe annoiare, perché, nonostante la varietà che si sforza di introdurre, la meccanica è bene o male sempre quella. Ma è carinissimo, simpatico, dona una sfida non indifferente (specie negli scenari avanzati) ma è scalabile anche per chi non vuole impegnarsi tantissimo. Molto ben riuscito!