Re Artù si sta recando a Camlann per affrontare un’ultima volta Mordred, colui che con il suo tradimento ha messo fine al sogno di Camelot. Nei panni di uno dei personaggi resi immortali dai racconti del ciclo arturiano dovremo dunque incamminarci verso il luogo della battaglia finale, superando imboscate, boschi spettrali e ogni tipo di pericolo. Lungo la strada troveremo vecchi amici, nuovi compagni e nemici dietro ogni angolo. E ci sarà anche l’occasione per sedersi attorno al fuoco a raccontarsi qualche storia tra mito e leggenda.
Inkle è ormai una affermata realtà nell’ambito dei videogiochi narrativi e Pendragon, continua su questo filone, anche se introduce dinamiche da strategico a turni che rappresentano una novità per gli sviluppatori guidati da Jon Ingold. Purtroppo il risultato è un po’ al di sotto delle aspettative, soprattutto perché non sembra rappresentare quel concentrato di novità che si era visto nelle produzioni precedenti della software house. Con Pendragon, che si può descrivere come ibrido tra strategia e narrativa, ritroviamo dinamiche a metà tra Sorcery e 80 Days, ma in formato ridotto. Avventure sempre diverse, come nei viaggi insieme a Fogg e Passepartout, ma partite più brevi che faticano a rimanere impresse nel cuore dei giocatori. Intendiamoci, in pieno stile inkle non mancano decine di trame e sottotrame che creano un fitto reticolo di possibilità, ma le ricche descrizioni e la complessa cosmogonia di altre produzioni di questa software house lasciano spazio alle poche parole che i protagonisti si scambiano tra un passo e l’altro o a quelle che accompagnano le location presentate con grafica sì dignitosa, ma non memorabile. Qualche dialogo ha ancora il potere di stimolare la curiosità del giocatore, ma tutto scorre via rapidamente e manca quel costante senso di meraviglia che nei titoli inkle di solito accompagna ogni mossa.
A proposito di mosse, le meccaniche della parte “giocata” sono quelle di uno strategico di posizione. Si pensi agli scacchi, o a Stratego. Ogni luogo visitato dal nostro eroe è rappresentato da una piccola scacchiera, dove le pedine possono muoversi e combattere. Le dinamiche di base sono piuttosto semplici, soprattutto se si pensa che basta un solo colpo per eliminare una pedina dalla scacchiera. Non mancano alcuni elementi in grado di sparigliare le carte come le mosse speciali e il morale, ma la ripetitività di certi passaggi fanno sì che le battaglie, alla lunga, appesantiscano un po’ troppo il ritmo del gioco, tanto da assomigliare quasi a un pedaggio da pagare per veder proseguire la storia piuttosto che rappresentare un punto di forza del gioco. Più un impedimento che un divertimento, quindi.
Dal punto di vista del comparto narrativo, l’ambientazione arturiana è sicuramente affascinante e Pendragon la sfrutta bene per creare un background coerente per le varie iterazioni delle nostre avventure, ma manca sempre quel tocco di magia che ci faccia davvero vivere le vicende nei panni dei protagonisti. Inoltre, l’accento sulla generazione procedurale di mini-storie e la particolare meccanica delle fasi strategiche fanno sì che il culmine della vicenda risulti molto sacrificato sul piano narrativo. Anche Mordred, colui che con il suo tradimento ha sconvolto Camelot, appare più come un semplice pedone da rovesciare distrattamente sulla scacchiera che come il nemico ultimo e l’odiata nemesi di Artù.
Come nota curiosa, sappiate che i circa trenta racconti intorno al fuoco sono stati in larga parte creati da fan che hanno risposto all’appello di inkle diffuso tramite social media. Il numero tutto sommato limitato di storie incluse fa pensare che la nicchia cui si rivolge Pendragon sia piuttosto ristretta.
Da parte nostra, troviamo che il gioco sia sì dignitoso, ma troppo limitato e forse poco coraggioso, al netto, naturalmente, del fatto che gli sviluppatori si siano cimentati nel genere strategico per la prima volta.
In conclusione, un titolo "minore" di una software house che finora aveva sempre stupito migliorandosi a ogni uscita e che forse adesso si è fermata per riposarsi un poco. La speranza è che presto possa riprendere il suo luminoso cammino.
Aliya Elasra non è la tipica studiosa che ci si aspetterebbe di trovare su Iox. Invece di rimanere china sui libri in stanze polverose, lei preferisce salire sulla sua nave stellare ed esplorare le correnti galattiche della Nebulosa in cerca di antichi artefatti e di lingue sconosciute. Ma che futuro potrà mai avere un’archeologa così sui generis, in un mondo che rigetta l’idea di tempo lineare e pensa che la storia non sia altro che un eterno ritorno?
Non ci vogliamo nascondere dietro a un dito. Noi di OldGamesItalia adoriamo la inkle, software house che ci ha regalato gioiellini come 80 Days e la saga di Sorcery in formato digitale. Era dunque con grande impazienza che attendevamo l’arrivo di Heaven’s Vault, la nuova fatica di Jon Ingold & soci, che promette di offrire su PC e PS4 un’esperienza non lineare, una cosmogonia dettagliatissima e, soprattutto, l’elemento che gli autori più hanno messo in evidenza nei vari annunci che hanno accompagnato la lunga gestazione del gioco: la presenza di un linguaggio completamente creato ex-novo per stimolare le doti deduttive del giocatore.
Non si tratta di un semplice alfabeto alternativo che si limita a sostituire le singole lettere con ghirigori più o meno originali, ma di un sistema rigoroso basato su ideogrammi e regole semantiche proprie. Per motivi di gameplay, la struttura delle frasi ricalca quella dell’inglese moderno, ma la cosa sarà di ben poco aiuto quando, all’inizio, ci si troverà di fronte a curve e riccioli che sembrano gettati a caso sul monitor. E il più delle volte non ci saranno nemmeno gli spazi a suddividere le varie parole. Tuttavia, a mano a mano che si scopriranno nuove frasi incise su un artefatto o su un ingresso monumentale, quegli sgorbi inizieranno ad assumere un significato, dapprima semplice (uomo, luce, acqua…), poi via via sempre più complesso fino a esprimere concetti più articolati e astratti.
Se il lavoro fatto da inkle da un punto di vista linguistico è fantastico e unico nel suo genere (non a caso si sono avvalsi della consulenza di professionisti in materia), anche il lato tecnico di questo elemento nasconde qualche chicca interessante: le frasi, distribuite come si diceva su oggetti e parti dello scenario, sono generate proceduralmente in base alle conoscenze acquisite dal giocatore e al contesto in cui vengono ritrovate. Le prime sequenze saranno semplici e brevi, ma verso fine gioco ci si ritroverà di fronte a periodi lunghi e con termini mai riscontrati prima. E dato che ogni partita fa storia a sé, due giocatori potrebbero non vedere mai la stessa frase.
La non linearità è quindi l’altra caratteristica focale di Heaven’s Vault, ma non c’è da stupirsi, visti i titoli pubblicati in passato da questa software house. Grazie alla sua barca spaziale, Aliya è in grado di muoversi all’interno della Nebulosa viaggiando senza un ordine prestabilito tra le varie lune che compongono il Protettorato di Iox. Non tutte le destinazioni saranno disponibili sin dall’inizio, ma sarà possibile scoprirle grazie alle informazioni raccolte durante i viaggi. Raramente, però, le destinazioni saranno chiaramente indicate sulla mappa. Più spesso, invece, verrà fornita soltanto la posizione generica delle lune da trovare e il giocatore dovrà vagare un bel po’ tra i vari “fiumi spaziali”.
Come si può ben intuire, lasciare tanta libertà rappresenta una sfida non da poco per qualsiasi programmatore e purtroppo non si può dire che la casa di 80 Days sia riuscita appieno a superarla. Le fasi iniziali accompagnano bene le scelte fatte, ma più si avanza con la storia (e si parla di almeno 20 ore di gioco per la prima “run”) si comincia a notare un pericoloso sfilacciamento delle sequenze e si fa sempre più forte l’impressione che alcune parti di trama siano bruscamente tagliate o lasciate in sospeso senza troppe spiegazioni. Certo, tutto dipende da quali bivi si sono intrapresi, ma la cosa lascia parecchio amaro in bocca, soprattutto che la storia è proprio uno dei punti di forza di questa software house. Bisogna anche dire, però, che quando tutto funziona bene, l’effetto è assolutamente piacevole.
Da un punto di vista tecnico, Heaven’s Vault segna il passaggio di inkle dal genere dell’avventura testuale a quello dell’avventura grafica vera e propria: Aliya si muove all’interno di un ambiente 3D, controllata direttamente tramite mouse e tastiera o, ancor meglio, tramite joypad. Per parlare con un PNG o per interagire con un oggetto non sarà possibile usare un parser testuale o scegliere una risposta tra varie opzioni, ma sarà necessario far spostare fisicamente la protagonista da un punto all’altro della location.
Purtroppo la lentezza dei movimenti, unita all’ampiezza degli ambienti e a un aspetto grafico piuttosto grezzo (sia nelle sue parti 3D, gli scenari, sia in quelle 2D, i personaggi), rendono l’esplorazione piuttosto tediosa, soprattutto quando ci si ritrova a visitare lo stesso luogo più volte. La cosa è addirittura più evidente durante i viaggi spaziali che fin troppo frequentemente durano diversi minuti. È vero che, grazie ai dialoghi “spontanei” che ogni tanto appaiono a schermo, i trasferimenti sono un’occasione per ampliare la trama, ma la verità è che la cosa andava bilanciata meglio. Una patch resa disponibile pochi giorni dopo l'uscita del gioco ha limitato la ripetitività dei viaggi spaziali, che ora sono molto più rapidi e meno noiosi.
Come in ogni avventura grafica che si rispetti, anche in Heaven's Vault non mancano altri individui (virtuali) con cui interagire. Non sono presenti in gran numero, a dire il vero, e non sempre risultano ben definiti o integrati nella storia, ma gli abitanti della Nebulosa riescono in qualche modo a intrigare, forse perché si ha sempre la sensazione che sappiano di più di quanto non lascino trasparire. Interessante notare come il loro atteggiamento nei confronti della protagonista sia influenzato dal tono in cui saranno impostati i dialoghi, il che può portare anche a conseguenze a lungo termine.
La maggior parte del tempo sarà comunque spesa in solitudine, su lune abbandonate. In realtà, proprio soli non si rimane mai, dato che in ogni viaggio ci sarà sempre il fedele "Six", un robot che nel nome e nelle fattezze ricorda il celebre “Numero 5” del film Corto Circuito, e che avrà un ruolo di primo piano nella trama. O forse no! Anche in questo caso, le scelte saranno determinanti per “plasmare” carattere e destino del compagno robotico di Aliya.
Tra le varie ed eventuali, vanno sicuramente citate le ottime musiche, molto “d’atmosfera” (in pieno stile inkle), la scontata mancanza di traduzione italiana (ma è assai dubbio che il gioco sarà tradotto in altre lingue) e la presenza di una modalità New Game + che permette di rivivere le vicende di Aliya rendendo le frasi da tradurre più lunghe e complesse, ma mantenendo tutte le conoscenze acquisite durante la partita (o le partite) precedenti. E che dire poi della linea del tempo in cui sono registrati tutti gli eventi di cui l’archeologa ha conoscenza diretta o indiretta? Una vera gioia per qualsiasi storiografo!
Heaven’s Vault è sicuramente un gioco molto ambizioso, bisogna riconoscerlo, soprattutto per una piccola software house come inkle, e propone caratteristiche tecniche e di gameplay originali e uniche. Tuttavia, la stessa ambizione che sorregge tutto il progetto è anche l’elemento che determina l’esistenza delle varie imperfezioni che troppo spesso fanno capolino durante una partita. Volendo fare un bilancio fra pregi e magagne, i pregi risultano comunque più numerosi, ma forse in misura minore rispetto ai titoli precedenti. Heaven’s Vault è quindi un gioco che probabilmente dividerà gli appassionati tra chi ne adora l’originalità e l’audacia, e chi non riesce ad accettarne i limiti e la mancanza di coesione. E noi di OldGamesItalia? Beh, inutile nascondersi dietro a un dito: l’abbiamo adorato!
Nata dalla penna di Steve Jackson, la saga di Sorcery! (Sortilegio in italiano) è sicuramente una delle più conosciute dagli amanti di quei libri game che tanto successo ebbero durante gli anni '80. A circa 3 decenni dall'uscita del primo libro, la serie è sbarcata anche su dispositivi mobili grazie a inkle, la software house fondata (tra gli altri) da uno dei guru delle Avventure Testuali post Infocom, l'inglese Jon Ingold.
Vista la natura peculiare del gioco, noi di OGI abbiamo deciso di fare un piccolo esperimento, ovvero realizzare una recensione a più mani: ogni capitolo dei quattro che compongono Sorcery! è stato recensito da un OldGamer diverso. A completare l'articolo, un'introduzione e una postfazione trattano le caratteristiche generali del titolo nella sua interezza.
INTRODUZIONE (Ragfox)
Giocare a Sorcery! significa accettare un tipo di interazione che al giorno d'oggi è da considerarsi "di nicchia": banditi i ritmi forsennati di un action game moderno, qui (quasi) tutto è in forma testuale. Ad ogni "mossa" (il gioco è, di fatto, a turni), una descrizione dettagliata introduce il giocatore alla classica domanda "Cosa intendi fare?" e lo pone di fronte a diverse opzioni. Da qui si dipana un universo di possibilità, ognuna con conseguenze più o meno determinanti ai fini del completamento dell'avventura. Addentrarsi nella foresta invece che seguire il sentiero potrebbe portare allo scontro con un mostro, mentre risparmiare la vita a un assassino potrebbe far guadagnare al protagonista un prezioso alleato. E se l'esito di una scelta non piace, si può persino tornare indietro al "paragrafo" incriminato. Insomma, l'essenza pura di un libro-game!
Tecnicamente, Sorcery! si presenta in maniera impeccabile: la grafica 2D/3D ad alta risoluzione ricorda quella dei giochi da tavolo di qualche lustro fa (non a caso il disegnatore lavora per la Wizards of the Coast) e le illustrazioni che impreziosiscono le descrizioni testuali sono prese in larga parte dalla versione cartacea. Un richiamo al passato che sicuramente inumidirà gli occhi a più di un appassionato. Le musiche, epiche e dal vago sapore orientaleggiante, accompagnano l'avventura solo nei momenti in cui è necessario sottolineare momenti particolarmente intensi, mentre gran parte del gioco presenta esclusivamente qualche effetto ambientale tipo il cinguettare degli uccelli o il fluire dell'acqua di un fiume..
Ma attenzione: con Sorcery! la inkle non ha realizzato una semplice trasposizione del materiale cartaceo con l'aggiunta di qualche effetto qua e là. Si è invece prodotta in un vero e proprio adattamento, mantenendo sì il feeling dell'originale, ma andando anche a modificare, se non proprio a stravolgere, alcune meccaniche di base: le feature che sono presenti in questa serie non si sarebbero mai potute ritrovare nei libri (come si vedrà nella descrizione dei singoli capitoli).
Il combattimento è sicuramente una delle parti che ha subito i cambiamenti più drastici: abbandonati elementi come i tiri di dado o le caratteristiche del giocatore (Skill, Luck), gli scontri si basano sul concetto di "attacco vs difesa": a ogni round, giocatore e nemico hanno una determinata quantità di "punti azione" e possono decidere se attaccare (e con quanta forza) o difendersi, cercando di portare a zero i Punti Vita dell'avversario. I punti azione calano a ogni attacco e si rigenerano rapidamente solo difendendosi: è quindi necessaria un po' di tattica per gestire al meglio le proprie risorse. Alcuni indizi nascosti nel testo aiutano a capire le prossime azioni dello sfidante.
Il sistema di magia è invece piuttosto simile all'originale: in alcune occasioni è possibile lanciare un incantesimo (scelto tra i 48 a disposizione) intonando una sillaba magica di tre lettere (da comporre sullo schermo del proprio tablet). Gli effetti non sono sempre quelli sperati e le restrizioni legate a certe magie (consumo di Punti Vita o necessità di oggetti particolari) sono elementi che rendono non sempre praticabile il ricorso alla stregoneria. Un gioco nel gioco è provare diversi incantesimi anche solo per il gusto di "vedere l'effetto che fa", sebbene ciò conduca il più delle volte all'utilizzo del tasto "rewind" per annullare risultati non graditi. Durante le fasi di combattimento con la spada, la magia è bandita, sebbene Sorcery! dia sempre la possibiltà di lanciare un incantesimo subito prima dello scontro, così da influenzare (si spera in maniera positiva) gli esiti della battaglia. Sicuramente gradita è anche la possibilità di consultare più o meno liberamente il grimorio, dato che nei libri tale pratica era categoricamente vietata. Qualche purista potrebbe storcere il naso, ma il giocatore occasionale ringrazia.
Completano l'interfaccia di gioco l'inventario (comprensivo di lista degli indizi), gli indicatori di Punti Vita, Oro e Viveri, e la schermata che indica lo spirito guida, una sorta di aiuto divino che, invocato al momento giusto, può risolvere alcune situazioni spinose o far recuperare un po' di energie all'esausto avventuriero.
CAPITOLO I - The Shamutanti Hills (TheRuler)
Le colline di Shamutanti, con il loro verde a perdita d'occhio e il loro aspetto bucolico, potrebbero apparire come una perfetta meta di villeggiatura, se non fosse per la fastidiosa fauna locale che si contraddistingue per le intenzioni tutt'altro che amichevoli nei confronti del tipico eroe di passaggio.
La scomparsa di un potente artefatto ha però risvegliato in noi un desiderio di avventura talmente grande da mettere in secondo piano tutti i rischi connessi. La leggendaria Corona dei Re è stata trafugata dal perfido Arcimago di turno che minaccia di destabilizzare gli equilibri del mondo grazie al suo potere di influenzare le volontà. Un potere troppo grande da lasciare nelle mani di una persona così malvagia.
Sapendo che il destino delle persone libere è in serio pericolo, per puro altruismo decidiamo di rispondere alla chiamata del nostro re e di partire alla volta della cittadella di Mampang per recuperare la Corona...
La prima parte dell'avventura comincia al Passo Nord del regno di Analand, il paese natale del protagonista, e proseguirà lungo la strada maestra che passa per Cantopani e Kristatanti, due piccole cittadine ricche di misteri e pericoli, ma anche di oggetti utili e preziosi indizi. Certo, esiste anche la possibilità di tagliare per le verdi radure, i pascoli a est o gli sterminati campi di frumento a ovest, ma nessuno sa cosa nasconde questa terra apparentemente tranquilla, in realtà dominata da poteri arcani e misteriosi. Una cosa è certa: non sempre la via battuta è la più sicura.
Un eroe (o un'eroina) che si imbarca in una simile impresa non è certo uno sbarbatello alle prime armi; esperto di magia e di spada, l'avventuriero senza nome ha nella versatilità la sua forza più grande. Ogni incontro richiede un'attenta analisi della situazione e questo primo capitolo della saga di Sorcery!, nella più classica tradizione delle storie a bivi, offre un'ampia gamma di scelte possibili, sebbene, a ben guardare, la libertà concessa al giocatore non è altro che una illusione. Si tratta però di un inganno ben costruito, celato sotto testi convincenti, nonostante poi tutte le decisioni con esiti positivi tendano a convertire verso situazioni comuni. Alcuni passaggi potrebbero risultare più vantaggiosi di altri (magari portando ad accumulare più monete d'oro o indizi importanti), ma il punto d'arrivo sarà per forza uno solo: superare indenni le insidie delle colline di Shamutanti. Vicoli ciechi esclusi, s'intende!
Gli scontri sono tutt'altro che facili, con diversi mostri e nemici di vario genere pronti a ostacolare il cammino dell'eroe. Ma oltre alla fida spada e al potente libro degli incantesimi, il giocatore potrà contare su un pratico sistema di indizi (una sorta di diario di viaggio) e su un inventario pronto ad accogliere ogni tipo di oggetto.
La possibilità di ricominciare da un precedente bivio permette di affrontare un percorso diverso per evitare uno scontro particolarmente ostico o semplicemente per provare un'altra strategia d'attacco. Si tratta di fatto di un Trial&Error ma l'esito di ogni scelta è accompagnato da descrizioni molto approfondite, piacevoli da leggere e che aiutano a non percepire mai alcuna sensazione di frustrazione.
Il primo capitolo si concluderà alla porte della città di Kharé; arrivarci interi sarà una vera impresa!
CAPITOLO II - Kharé, Cityport of Traps (Gwenelan)
Il secondo capitolo di Sorcery! si apre, ovviamente, con una scelta. Potrete importare il salvataggio del capitolo precedente, oppure creare una nuova partita. Nel primo caso, non solo recupererete tutti gli oggetti unici che avevate trovato durante le vostre peregrinazioni per le colline Shamutanti, ma potrete essere riconosciuti da questo o quel personaggio e i dialoghi saranno diversi a seconda delle scelte che avrete compiuto durante Sorcery 1. Nel caso in cui, invece, decidiate di cominciare una nuova partita, vi verrà assegnato un equipaggiamento standard e potrete nuovamente decidere il sesso del vostro protagonista.
Qualsiasi sia la vostra scelta, vi troverete proprio lì dove si era concluso il primo capitolo di questa saga: davanti alle porte di Kharé, città di ladri e briganti. Il vostro obiettivo è quello di attraversarla fino a trovare il Cancello Nord, unico accesso alle Baklands, tappa obbligatoria della vostra quest.
Il problema è che Kharé è una città piena di trappole e misteri, dove non è semplice trovare quello che si cerca perché poche cose sono quelle che sembrano e quasi nessuno ha voglia di darvi una mano, anzi! Anche quando si tratta di (apparentemente) innocui bambini, non è il caso di fidarsi di quello che vi dice la gente di Kharé.
Una volta riusciti a entrare in città, dovrete farvi strada nei suoi numerosi quartieri (i Bassifondi, il porto, il Quartiere Rosso...) e resterete per forza di cose invischiati negli intrighi della politica locale. Scoprirete dei misteriosi Nobili, che dovrebbero governare Kharé ma sono nascosti chissà dove, e di un tentativo di colpo di stato, appoggiato da parte del popolo, e se vi avventurerete nelle fogne scoprirete una terza forza all'opera, che ha obiettivi ancora diversi.
L'atmosfera di pericolo e incertezza, di miseria e di speranza che aleggia su Kharé è molto ben resa dalle descrizioni, dai dialoghi e dai disegni che vi accompagneranno nel gioco. E la città stessa è molto grande e molto dettagliata: Sorcery 2 è molto più vasto del primo capitolo e presenta molti più incontri. Quasi ogni angolo di Kharé ha qualcosa che può essere ammirato o con cui interagire. E' stato anche aggiunto un mini-gioco, lo Swindlestone, un gioco di dadi con il quale potrete vincere (o perdere) molti soldi e ottenere indizi da personaggi altrimenti riservati.
Le scelte sono quasi onnipresenti e numerosi sono i vicoli ciechi. E' facile morire se non si sta attenti, ma vi sono numerose occasioni in cui non fare la scelta “perfetta” non è così penalizzante e può dare anzi ricompense diverse. Addirittura, potrete scegliere di fallire miseramente nel vostro tentativo di aprire la Porta Nord, e comunque riuscire a finire il gioco “con successo” – portando nel capitolo 3 la conseguenza di questo vostro “fallimento”.
Sorcery 2 cerca di dare al giocatore molta libertà, ogni tanto facendogliela pagare cara, ma dando al contempo grande soddisfazione. Chi ha apprezzato il primo capitolo adorerà il secondo, che cerca di seguire la regola “more of the same... but better!”.
CAPITOLO III - The Seven Serpents (Ragfox)
Abbandonati i vicoli pericolosi e maleodoranti di Kharé, l'eroe si trova ad affrontare le distese desolate delle Baklands, l'ultimo ostacolo prima di raggiungere la cittadella dov'è custodita la Corona dei Re. Come se le insidie "naturali" non fossero sufficienti, a complicare il cammino del protagonista arriva la notizia che Sette Serpenti, creati dall'Arcimago, hanno scoperto la sua missione e stanno tornando dal loro padrone per avvertirlo del pericolo. Non resta altro da fare che inseguirli e ucciderli prima che possano mandare all'aria tutti gli sforzi fatti dall'avventuriero senza nome. Ma attenzione: basta un attimo perché il cacciatore diventi preda a sua volta.
Il terzo capitolo di Sorcery! a prima vista riprende la stessa struttura di gioco degli episodi precedenti e infatti molte meccaniche di gioco (combattimento, sistema di magia...) sono rimaste inalterate o hanno subito qualche lieve modifica (come l'introduzione del concetto di contro-incantesimi). Già dalle prime mosse, tuttavia, ci si rende conto che non si tratta di una semplice avventura a bivi, ma di un vero proprio "open world", nel quale è possibile visitare nuovamente location già esplorate (senza schiacciare il pulsante di rewind). Una vera e propria rivoluzione in termini di gameplay che rende The Seven Serpents un'esperienza profondamente diversa rispetto alla controparte cartacea. Molte delle descrizioni rimangono fedeli all'originale, certo, ma quasi tutto il resto è farina del sacco di inkle. A fare il paio con l'elemento open world c'è il concetto di "tempo", già in parte esplorato nel capitolo precedente, ma qui elevato a un ruolo più centrale: l'avventura si sviluppa in diverse giornate e ogni azione o decisione del giocatore fa scorrere inesorabili i minuti, mentre i giorni si susseguono senza sosta.
L'aspetto temporale non si limita a gestire un arco di alcune settimane, ma abbraccia un periodo di secoli: Le lande di Sorcery! 3 esistono in due dimensioni diverse: presente e passato. Queste due realtà condividono lo stesso spazio, così che tracce delle vecchie Baklands riaffiorano qua e là, evocate da potenti magie. Riuscire a dominare il tempo diventa dunque fondamentale per portare a termine con successo l'avventura. Il giocatore, infatti, avrà modo di modificare l'aspetto stesso della regione, non soltanto tramite gli onnipresenti incontri a scelta multipla, ma anche attraverso sei torri i cui strani apparati emettono un raggio che consente di aprire una breccia nel passato. Un ponte è crollato? Basta illuminarlo e tornerà integro. Quella fiorente città è sorta proprio dove un prezioso artefatto è stato sepolto? Una lieve regolazione del raggio e voilà, al posto degli edifici non ci sarà altro che una verde radura.
Siamo dunque di fronte a una cambiamento che, se non lo si vuol definire radicale, segna comunque un deciso segno di svolta e un allontanamento netto dal materiale originale. Un esperimento interessante che rappresenta di fatto uno sconfinamento nel campo del CRPG "puro" e potrebbe incuriosire i non appassionati dei libri-game, ma anche allontanare qualche fan della vecchia guardia. Per vedere quale decisione avrà preso inkle di fronte a questo "bivio", non resta che giocare al quarto e conclusivo capitolo.
CAPITOLO IV - The Crown of Kings (Ragfox)
Dal dedalo spazio-temporale di "The Seven Serpents" il giocatore poteva uscire in vari modi. Una sola cosa è certa: finalmente l'Avventuriero senza nome ha raggiunto le pendici della montagna su cui è arroccata Mampang, la cittadella dell'Arcimago. Analand è ormai un ricordo lontano e dopo un viaggio durato settimane (e tre anni di sviluppo), le alte mura della fortezza rappresentano l'ultimo ostacolo prima di affrontare il crudele stregone e recuperare la Corona dei Re. La missione sembra disperata, ma è inutile guardarsi indietro... la strada è tracciata e si può solo andare avanti: è necessario mettere la parola fine a questa epopea.
Anche la sfida che inkle si trova ad affrontare non è certo semplice. Dopo l'incredibile rivoluzione vista negli episodi precedenti e giunta a piena maturazione con il terzo capitolo, per il Gran Finale i fan della serie non attendono altro che veder fuoriuscire nuove e mirabilanti feature dalla mente di Jon Ingold e compagni. Il miracolo, è bene metterlo subito in chiaro, non è però riuscito: Sorcery! 4 non è l'ennesimo passo in avanti, bensì un assestarsi su posizioni già consolidate. Anzi, si può dire che il gameplay, che presto viene privato dell'elemento di controllo del tempo, sembra regredire a quello già visto nel primo episodio, offrendo dunque una struttura più rigida e più focalizzata sullo scopo finale.
Si può dunque parlare di delusione? Certo che no. La inkle ha voluto sopperire a questa impostazione più "classica" mettendosi d'impegno per offrire ai giocatori un'esperienza incredibilmente ricca e complessa. Le diramazioni sono più numerose che mai e i testi si susseguono sfarzosi sullo schermo. E non manca nemmeno qualche piccola novità, come l'importanza dei travestimenti, che (spesso, ma non sempre) aiuta ad allontanare quella sensazione di "già visto" che per forza di cose inizia a farsi sentire.
L'atmosfera, come d'obbligo, si fa ancora più tetra e una volta superate le porte della fortezza la sensazione di pericolo imminente è sempre presente, complice anche la scomparsa dei rewind (che coincide con l'ingresso nella roccaforte dell'Arcimago). Ogni mossa va ponderata con ancora più attenzione e tutte le sottotrame aperte negli episodi precedenti entrano in gioco nel condurre l'Avventuriero verso l'agognato finale... sì, ma quale finale? Quella Corona tanto ricercata e sognata, è davvero una benedizione? E l'Arcimago... qual è il suo vero scopo? Solo il futuro, e il passato, sapranno dare una o molteplici risposte.
CONCLUSIONI (Ragfox)
Partita come una semplice riproposizione testuale di un classico dei libri-game, con una marcia in più, la saga di Sorcery! è presto diventata un grandioso esperimento di gameplay da parte della inkle, talentuosa software house inglese le cui radici affondano nell'Interactive Fiction più classica. Non solo Jon Ingold e compagni hanno ricreato un vero e proprio "multiverso", dove trame e sottotrame si sviluppano incrociandosi più volte o forse nemmeno una, ma hanno anche introdotto elementi d'interattività (le diramazioni spaziotemporali tanto spesso citate) che dimostrano una capacità degli sviluppatori di pensare al di fuori degli schemi tradizionali, senza produrre risultati elitari o troppo astratti per poter essere apprezzati pienamente. In Sorcery! non ci sono solo tante parole e filosofeggiamenti vari, c'è pure tanta "carne". Ed ecco che si ritorna nelle terre maledette non solo per perdersi nella lettura di stravaganti descrizioni, ma anche per rivivere un'avventura che ogni volta è diversa e ogni volta sa stupire e far riflettere.
Dopo Sorcery! l'avventura testuale non potrà più essere la stessa.
Questa recensione fa parte del Ciclo Inkle Studios.
Si chiude oggi, con l'uscita del quarto e ultimo capitolo, una delle saghe più appassionanti degli ultimi anni. Sorcery! 4 è il momento conclusivo di una serie, ispirata a una famosa collana di libri-game, che ha ridefinito il modo di pensare l'avventura testuale su schermo.
Bivi, conseguenze multiple, interattività e grande tecnica narrativa saranno ancora una costante in questo episodio che mette la parola fine alle fatiche dell'Avventuriero senza nome. In attesa della recensione (che andrà a inserirsi insieme a quelle degli altri capitoli), trovate qui sotto alcune delle caratteristiche più interessanti di Sorcery! 4:
Il gioco è disponibile per l'acquisto su:
Uno Stregone si è stabilito nel cuore della Montagna Infuocata, terrorizzando gli abitanti delle regioni limitrofe. Ma egli, per quanto potente, non è che una delle insidie che popolano le profondità di quel misterioso massiccio. Il cammino dei prodi, o forse degli incoscienti, che si avventurano nei roventi cunicoli è irto di pericoli di ogni sorta.
Nato dalla penna di Steve Jackson e Ian Livingston, The Warlock of Firetop Mountain (Puffin Books, 1982) è stato un vero e proprio successo globale; non soltanto è stato tradotto in varie lingue e ristampato più volte nel corso dei decenni, ma ha dato anche origine alla serie di libri-game nota come Fighting Fantasy, un vero caposaldo del genere. Si tratta inoltre di uno dei romanzi interattivi più convertiti, basti pensare alle versioni per ZX Spectrum, Nintendo DS e Kindle. Non bisogna inoltre dimenticare il remake sotto forma di gioco da tavolo ideato dallo stesso Jackson e pubblicato nel 1986. Oggi, nel 2016, la Tin Man Games ha guardato indietro di 30 anni e ha preso spunto proprio dal boardgame per offrire al pubblico una versione tutta nuova di TWoFM che unisce la flessibilità del libro game originale, alla fisicità di tabellone e pedine.
Gli appassionati conosceranno già Tin Man Games per i loro passati lavori, tra cui spiccano le conversioni digitali di varie avventure di Steve Jackson e di altri autori (quasi 30 i titoli al loro attivo). Negli ultimi anni, tuttavia, la inkle di Jon Ingold ha spezzato il monopolio della software house australiana non soltanto andando a "rubare" direttamente dal loro orticello (la serie di Sorcery! è di Jackson - sempre lui!), ma anche dimostrando che le paiattaforme moderne offrono nuovi elementi sulla base dei quali è possibile espandere le potenzialità dei giochi di ruolo a scelta multipla, senza tuttavia perderne l'essenza.
The Warlock of Firetop Mountain è la risposta al guanto di sfida lanciato da inkle.
La Montagna Infuocata del titolo è percorsa da cunicoli che dovranno essere esplorati dalla "pedina" che rappresenta il giocatore. Niente dadi per calcolare gli spostamenti, che invece avvengono automaticamente tra un "bivio" e l'altro, mentre sullo schermo nero si va passo passo componendo il tabellone e dunque il mondo di gioco. Invece di lasciare al giocatore la libertà di crearsi un proprio avatar, Tin Man ha scelto di mettere a disposizione una serie di personaggi preimpostati, ognuno con un set base di caratteristiche (Abilità, Salute, Fortuna), con tratti individuali specifici (Vista Acuta, Destrezza, solo per citarne un paio), ma soprattutto dotati di personalità e motivazioni uniche. Questo è forse il più evidente punto di rottura con la tradizione dei libri game, solitamente impostati perché il giocatore interpreti, a conti fatti, una versione virtuale di sé stesso piuttosto che metterlo nei panni di un personaggio dotato di "vita propria". Addirittura, in certi frangenti sarà la pedina a prendere le decisioni al posto del giocatore, rompendo quell'equilibrio che ogni videogame sembra dare per scontato.
Un vero e proprio azzardo, si direbbe, che tuttavia porta innegabili benefici: ogni partita affrontata con un personaggio diverso assume un gusto particolare e unico, aggiungendo nuovi piccoli dettagli in che rendono l'ambiente più ricco e interessante.
Le scelte multiple (introdotte da testi talvolta un po' troppo banali) di solito richiedono soltanto di indicare la direzione da seguire, altre volte portano a eseguire azioni (che leva abbasso? che domanda faccio?) e spesso costringono a tirar fuori le armi per eliminare i nemici che si parano d'innanzi all'eroe. I combattimenti si svolgono su una sorta di scacchiera, dove a ogni turno PG e MOB scelgono se spostarsi o attaccare. Si tratta di un sistema piuttosto semplice e intuitivo, ma che dopo qualche partita mostra più chiaramente il suo lato tattico in quanto ogni tipo di mostro ha un suo proprio schema di comportamento (per es. i goblin attaccano solo diagonalmente) ed è fondamentale studiare tali "pattern" per poter superare gli scontri subendo il minor danno possibile. Cosa assai fondamentale, date le poche possibilità di recuperare i punti ferita persi. Di occasioni per perderli ce ne sono invece a bizzeffe: dopo una parte introduttiva piuttosto rilassata, la Montagna Infuocata diventa improvvisamente un luogo da incubo, dove ogni passo può essere l'ultimo e dove nemici potentissimi saltano fuori al momento meno opportuno. Se poi si mette nella miscela anche un labirinto generato proceduralmente di partita in partita, è facile intuire che raggiungere lo Stregone non sarà certo una passeggiata tra le margherite di campo.
Per quanto assurdo possa suonare, un gameplay di questo tipo strizza l'occhio anche ai vecchi, difficilissimi platform delle console a 8-bit, con (rari) checkpoint per i salvataggi e un numero limitato di "vite" che, una volta terminate, obbligano a ricominciare da capo. In questo tipo di giochi, se a migliorare non sono i personaggi (qui le statistiche hanno un valore iniziale massimo che non può essere aumentato), chi diventa più abile nel gioco è invece il giocatore che, fallimento dopo fallimento, piano piano inizia a scoprire i percorsi migliori, le scorciatoie, le tattiche migliori per vincere i combattimenti. Proprio come in un vecchio Megaman! Per i meno pazienti la frustrazione è probabilmente dietro l'angolo, ma i giocatori di vecchia data non saranno immuni da quel fascino dal sapore antico che solo certe sfide sanno creare (e che è alla base di una serie di successo come Dark Souls). Questa è di certo un'altra scommessa vinta da Tin Man Games.
Grafica e sonoro sono elementi di secondo piano in un titolo del genere e qui fanno il loro dovere senza particolari guizzi. Anzi, per ciò che concerne texture e poligoni, si può tranquillamente dire che il risultato sia piuttosto spartano. L'intento dichiarato dagli autori è quello di ricreare il feeling del tabellone con miniature, ma certi ambienti spogli e senza dettagli (come nelle schermate dei combattimenti) sono tutt'altro che memorabili. La pedina saltellante del proprio Avatar è un altro elemento che rovina un po' l'atmosfera, soprattutto nei momenti di maggiore tensione. Belle invece le ricolorazioni delle illustrazioni originali (sebbene chi scrive continui a preferire quelle in bianco e nero, comunque visualizzabili anche in-game).
Nonostante qualche incertezza tecnica di poco conto, the Warlock of Firetop Mountain è senza dubbio un ottimo gioco, che coniuga bene diversi stili di gameplay e si mantiene aderente al materiale originale, espandendolo con efficacia. Tin Man Games sembra seriamente intenzionata a usare questo stile anche per gli altri libri della serie Fighting Fantasy (e ce ne sono 59 tra cui scegliere!). Il nostro augurio è che gli sviluppatori continuino indomiti su questa strada.
Il quarto capitolo della saga di Sorcery! è previsto per il 15 Settembre!
Molte sono le novità annunciate per questo quarto capitolo, che conclude la saga iniziata con il primo Sorcery!. Già il terzo capitolo presentava le dimensioni e la flessibilità di un open world. Il quarto promette una marea di segreti da scoprire, nuovi mostri, divinità con cui fare i conti, la possibilità di travestirsi per passare inosservati e grande libertà di scelta sul modo di affrontare l'avventura.
Sono previsti anche finali multipli, che terranno conto delle nostre scelte, grandi e piccole effettuate durante il gioco. Sarà possibile, come per i capitoli precedenti, importare il proprio personaggio oppure crearne uno nuovo.
Tin Man Games è ormai un nome noto agli appassionati di libri-game in quanto da anni pubblica conversioni digitali di alcuni grandi classici della letteratura ludica, tra cui diverse opere di Steve Jackson.
Probabilmente ispirati dal successo di critica e pubblico riscosso da Inkle con il suo Sorcery! (che di fatto ha rivoluzionato l'idea di remake nell'ambito delle cosiddette avventure a bivi), i Tin Man hanno pensato bene di provarci anche loro, lanciando con successo un kickstarter per portare a compimento la conversione di The Warlock of Firetop Mountain, avventura pubblicata nel 1986 da Steve Jackson e Ian Linvingstone. Si trattava di un ibrido tra gioco di ruolo con tabellone e libro game.
Di TWoFM esistono in realtà già diverse versioni digitali, ma quella proposta dallo sviluppatore inglese propone elementi che la rendono fedele all'originale, con grafica 3D per ricreare il tabellone e i personaggi e pagine "virtuali" che descrivono le varie scelte, ma anche con alcune innovazioni, tra cui spicca il combattimento in tempo reale.
Il gioco dovrebbe essere disponibile sugli scaffali digitali di Steam entro l'inizio di settembre.
Il terzo capitolo di Sorcery sbarca anche su Steam, in sconto del 25%!
Adesso, chi di voi ha acquistato i primi due capitoli su pc potrà importare il proprio personaggio per proseguire l'avventura nelle lande create da Steve Jackson.
Ricordiamo che il quarto capitolo ucirà in contemporanea su Steam, Android e iOS.
I primi due capitoli di Sorcery sbarcano su PC e sarannoa a breve seguiti dal terzo capitolo, al momento disponibile solo su iOS e Android.
La Inkle aveva già portato sui nostri amati PC un altro suo titolo, 80 Days, che già aveva riscosso successo su smartphone e tablet. Adesso, su Steam potete acquistare anche la saga di Sorcery. Il quarto capitolo, ancora in fase di sviluppo, uscirà contemporaneamente su dispositivi mobile e su PC.
Cainsville Files è una graphic novel scritta da Kelley Armstrong, una prolifica autrice fantasy Canadese con all'attivo alcuni "New York Times Best Sellers".
Il gioco è stato scritto utilizzando l'engine inklewriter e illustrato da Julie Dillon.
Si tratta di un gioco più piccolo e assai più modesto, sia nelle intenzioni che nella realizzazione, dei successivi titoli Inkle, (Sorcery! o 80 Days). Tuttavia si rivela una lettura complessivamente piacevole, che saprà intrattenervi per qualche ora con un'investigazione dai tratti horror.
Cainsville Files è la storia di una giovane detective privata alle prime armi. Giovane, single, orfana e molto legata alla memoria della sua ultima matrigna, nonché poliziotta dimissionaria. La nostra investigatrice dovrà vedersela con la sparizione di un suo ex e della sua attuale compagna, forse per mano di un assassino seriale attivo in città.
Il titolo, per quanto concettualmente completamente autonomo, rappresenta una sorta di prequel digitale alla saga di Cainsville della stessa autrice (saga ancora in corso, con il terzo libro in uscita).
In verità la trama non è niente di originale, a cavallo fra la storia investigativa, l'horror e il sovrannaturale. Presenta una buona dose di cliché e di situazioni già abbondantemente viste. Riesce però a farsi giocare fino in fondo grazie a una buona scrittura e a un'ottima gestione dei tempi narrativi. Non vi folgorerà, ma si farà leggere.
Le musiche di sottofondo sono alquanto povere, ma non disturbano. Stesso discorso per i fondali e per i personaggi: poveri e con tratti quasi infantili, ma fanno il loro dovere.
È la parte ludica che invece lascia un po' a desiderare.
Ci sono molto scelte, inframmezzate da una giusta quantità di testo, ma è praticamente impossibile morire o restare bloccati.
In tutto ci sono 33 indizi da scoprire. Il sottoscritto ha finito a 32/33 senza alcuna fatica e senza sentire mai il bisogno di "riavvolgere" la storia per sondare gli esiti di scelte diverse. In più, fra le variabili della storia, c'è anche la possibilità di una romance, che però io ho scelto di non perseguire.
In buona sostanza però questo Cainsville Files è più "narrativa interattiva"" che "avventura testuale"". Difficile dire se sia un bene o un male: in ultima analisi dipende dai gusti. Del resto questa tendenza ormai è ben visibile anche nelle competizioni di genere, basti pensare al secondo posto di un titolo come Creatures Such As We all'IfComp 2014. È ormai evidente che le nuove piattaforme di sviluppo (di cui inklewriter è certamente una delle più avanzate e interessanti) stiano lentamente spostando l'interactive fiction verso la sua componente narrativa, allontanandola invece dall'impostazione enigmistica/esplorativa dei titoli classici a parser testuale.
Down among the dead men,
Down among the dead men,
Down, down, down, down,
Down among the dead men let him lie.
John Dyer (1700-58)
Down Among the Dead Men è un adattamento digitale realizzato con inklewriter dell'omonimo libro-game di Dave Morris, autore anche di Frankenstein (altro libro-game passato per le mani degli InkleStudios).
Il titolo è tratto da una canzone popolare del 1700 di John Dyer e riassume bene l'atmosfera piratesca di questo titolo. Dimenticatevi però le scanzonate isole caraibiche di Monkey Island o le romantiche avventure "a tinte rosa" di Plundered Hearts: questo Down Among the Dead Men è un gradevole e originale connubio fra pirati e fantasy.
Il gioco narra la storia di come il protagonista e i suoi tre compagni riusciranno a scappare da un vascello pirata e salvare fra mille peripezie la vita della Regina! Le loro temerarie avventure li vedranno solcare i sette mari, fra cannibali, streghe e vulcani; arrivando a possedere una nave tutta loro e magari diventando loro stessi dei veri pirati!
L'ambientazione è abbastanza originale, grazie alle sue vaghe influenze fantasy; la storia invece presenta un intreccio abbastanza esile e con situazioni da "cliché piratesco".
Il fascino del racconto e il suo buon ritmo narrativo sono però garantiti dal serrato susseguirsi di tantissimi episodi avventurosi. Pur senza trovate geniali, c'è tantissima varietà in Down Among the Dead Men e al termine del gioco sarete davvero gratificati dalla sensazione di aver portato a compimento una lunga avventura piratesca.
Il gioco è diviso in vari capitoli da giocare in sequenza. Il giocatore non può annullare le singole scelte, ma può in ogni momento riprendere la storia dall'inizio di uno qualsiasi dei capitoli già giocati (annullando quindi tutte le scelte successive eseguite). Come in tutti i giochi Inkle c'è grandissima attenzione alla quantità di testo da leggere prima di arrivare alla scelta multipla successiva, e questo giova non poco all'esperienza di gioco.
Assolutamente da segnalare come Down Among the Dead Men, rispetto ad altri titoli simili dell'attuale generazione di interactive fiction (fra cui anche Cainsville Files, sempre degli InkleStudios), mantenga una dimensione "giocosa". Il titolo presenta infatti tre livelli diversi di difficoltà. Quello più basso farà sì che la trama si adatti per correggere ogni vostro sbaglio, in modo tale che arrivare alla fine sia solo "questione di click". Il livello più alto invece (che corrisponde grosso modo al libro-game originale) è una sfida vera e propria, che non ammette errori e che vi costringerà a "riavvolgere"" la storia più e più volte, alla disperata ricerca del percorso giusto per arrivare al sospirato finale. Vi garantisco che, per finirlo a difficoltà massima, dovrete penare un bel po' e imparerete a conoscere bene le conseguenze di ogni singola scelta.
Down Among the Dead Men, pur non essendo un titolo vasto e complesso come la successiva produzione degli InkleStudios (vedi 80 Days e Sorecery!), è però in grado di esprimere al massimo le potenzialità dell'engine inklewriter.
Il gioco è in grado di gestire livelli di difficoltà diversi, protagonisti di sesso e capacità diverse, e anche una sorta di inventario degli oggetti chiave che abbiamo trovato. Il risultato è un numero davvero cospicuo di variabili, che capitolo dopo capitolo si sommeranno per restituirvi una storia fluida ma veramente interattiva.
Non è la migliore storia di pirati mai scritta, però è davvero interattiva e dinamica, divertente e impegnativa. Un buon esempio di narrativa interattiva a scelta multipla che non rinuncia però alla sua componente ludica. Ahimé, solo per iOS e solo in inglese.
Questa recensione fa parte del Ciclo Inkle Studios.
L'interactive fiction è un genere di nicchia, che ha però dimostrato di sapersi evolvere nel tempo. In questi ultimi anni sono comparsi nuovi linguaggi di programmazione e nuove software house; intorno alle avventure testuali è tornato a concretizzarsi un mercato vero e proprio.
Gli InkleStudios, con il loro engine Inklewriter, sono la software house che forse più di ogni altra ha saputo interpretare questa nuova epoca dell'interactive fiction. Ed è quindi a loro che è dedicato questo ciclo di approfondimento di OldGamesItalia e IfItalia.
Ma partiamo dall'inizio, per cercare di capire meglio le nuove tendenze del genere.
Alcuni nuovi linguaggi di programmazione col tempo hanno reso l'interactive fiction più user-friendly, spostando in parte l'ago della bilancia del gameplay dalla componente ludico/enigmistica (tipica della decennale tradizione del genere) a quella più prettamente narrativa (che caratterizza invece molto nuovi titoli). Accanto ai vecchi parser a linea di comando si sono affacciate nuove interfacce e nuove tipologie d'interazione. Fra queste:
- interfacce a link ipertestuali, come quelle dei giochi programmati in Twine (es. With Those We Love Alive di Porpentine) o in Unundum (es. Mere Anarchy di Bruno Dias)
- interfacce a scelta multipla, fra cui tipo i tantissimi titoli editi da Choice of Games (vedi Creatures Such as We di Lynnea Glasser) o quelli realizzati con Versu (vedi Blood & Laurels di Emily Short) o proprio con Inklewriter
La Inkle è stata fondata da due ex dipendenti della Sony, probabilmente stanchi di lavorare all'ennesimo titolo "derivativo": Jon Ingold e Joseph Humfrey.
I più esperti avranno sicuramente riconosciuto il nome di Jon Ingold, che prima di diventare un gamedesigner professionista ha avuto modo di farsi conoscere sulla scena amatoriale dell'interactive fiction con titoli di grandissimo spessore, fra cui i famosissimi Fail-Safe (2000) e All Roads (2001; vincitore della IF Comp 2001 e vincitore degli XYZZY Awards 2001 per Best Setting, Best Story e Best Game).
La Inkle esordisce su AppStore nel 2012 con un adattamento del Frankenstein di Mary Shelley, scritto da Dave Morris (celebre autore di librigame).
La app è talmente elegante e ben realizzata che, nonostante un'accoglienza controversa della stampa, finisce subito sotto i riflettori di Apple, lanciando la Inkle nel mercato di massa del mobile. Da qui inizia un lungo percorso di crescita e maturazione, ricco di successi e caratterizzato da titoli sempre più ampi e complessi, fino all'ottimo e gigantesco 80 Days, vincitore di numerosissimi riconoscimenti.
Nel corso di questo ciclo, vi proporremo le recensioni di tutti i loro titoli usciti fino ad oggi.
I giochi Inkle si appoggiano, per quanto riguarda la parte narrativa, all'engine InkleWriter.
Tale engine è liberamente utilizzabile on-line e ad una cifra irrisoria la Inkle offre un servizio di porting delle proprie opere su piattaforma Kindle.
Esiste già una raccolta dei migliori titoli amatoriali realizzati con Inklewriter, gratuitamente scaricabile da AppStore: Future Voices, che contiene alcune letture interessanti e originali, seppur dallo scarso contenuto ludico.
EDIT: L'engine InkleWriter è stato recentemente utilizzato anche per i dialoghi di the Banner Saga.
[si ringrazia Yak per l'interessante precisazione]
Come gli altri engine simili citati sopra, InkleWriter ha la funzione principale di gestire la "combinazione" del testo, facilitando la creazione di storie interattive che sappiano tener conto di un numero elevato di variabili dipendenti dalle scelte del lettore.
La qualità di questi engine viene misurata sulla base della loro capacità di adeguare la storia alle scelte del giocatore, riducendo contemporaneamente quanto più possibile il testo che deve essere scritto da parte dell'autore. Detto in altre parole: un buon engine è quello che consente la maggiore interattività possibile con il minor "spreco" possibile di testo.
La vera sfida del futuro per la narrativa interattiva sarà esattamente questo: immaginare meccaniche in grado di espandere la libertà del giocatore all'interno della storia, riducendo al contempo la percentuale di testo che al termine della storia resta "non letto".
Avremo giochi che, sempre di più, sapranno adattare automaticamente il testo alle scelte del giocatore. Mutando al volo le descrizioni, gestendo in modo dinamico il "mood" dei PNG, garantendo scelte piccole e grandi, ma tutte potenzialmente capaci di cambiare il corso della storia.
Che dire? Noi non aspettiamo che di vivere queste nuove "esperienze testuali", consapevoli che giochi come 80 Days contengono in sé una radiosa speranza per il futuro dell'interactive fiction! E siamo anche pronti a rinunciare a qualche enigma e a qualche dungeon da mappare, se la qualità e l'interattività della narrazione saprà fare davvero un balzo in avanti.
INDICE DEI CONTENUTI DEL CICLO:
- FailSafe, breve avventura con ambietazione fantascientifica
- Intervista a Jon Ingold, realizzata da Rob Grassi!
- 80 Days, il giro del mondo adesso anche su pc!
- Sorcery!, dai librigame di Steve Jackson!
- Down Among The Dead Men, adattamento del librogame di David Morris
- Frankenstein, dall'opera di Mary Shelley
- First Draft of the Revolution di Emily Short
Il sito ufficiale degli Inkle Studios
Scrivi la tua storia interattiva con InkleWriter
"inkle Adventures!" il bundle dei principali giochi della Inkle su AppStore
Bellissima notizia per tutti gli amanti della saga Sorcery, di Steve Jackson!
Per 24 ore il terzo capitolo della saga, che abbiamo recensito ultimamente, sarà disponibile per il download gratuito dall'App-Store di Amazon! chiunque disponga di un dispositivo adeguato (Android e Windows) non ha più scuse: correte a scaricarlo!
Superate le insidie delle infernali Shamutanti Hills e lasciatasi alle spalle la caotica città portuale di Kharé, l'eroe continua il proprio viaggio verso la fortezza di Mampang, dove l'attende l'ambita Corona dei Re e il suo custode, il crudele Arcimago. Ma prima di giungere a destinazione, il nostro paladino dovrà attraversare indenne il deserto delle Baklands, dove lo attendono, striscianti e letali, i sette serpenti inviati dal suo spietato antagonista.
Sorcery! per iOS e Android è laa riproposizione in forma digitale dell'omonima serie di libri-game scritta da Steve Jackson all'inizio degli anni '80 (e nota in Italia con il titolo Sortilegio). Così come la versione cartacea, il videogioco si articola in quattro episodi: i primi due sono già disponibili da qualche tempo e la data d'uscita del terzo capitolo è imminente: 23 aprile 2015.
Sorcery! 1 e 2 sono titoli di assoluto prestigio: grafica accattivante che richiama i giochi da tavolo fantasy, sonoro e musica ben curati, sistema di gioco impeccabile, ma soprattutto testi scritti con maestria e un'infinità di bivi e situazioni diverse che rendono ogni partita diversa dalla precedente.
E tutta questa qualità (e forse anche di più) è più che scontato attendersela anche per Sorcery! 3 - The Seven Serpents. Al timone di questa conversione c'è infatti ancora una volta la Inkle, software house recentemente salita agli onori delle cronache per l'ottimo 80 Days e specializzata nella creazione di avventure testuali "moderne".
L'attesa si fa già snervante!
Il sito di OldGamesItalia è attualmente "in letargo". Nuovi contenuti saranno aggiunti con minore regolarità e con possibili lunghe pause tra un articolo e l'altro.
Il forum rimane attivo, ma meno legato al sito, e gli aggiornamenti riguarderanno principalmente le sezioni di IF Italia e della versione italiana del Digital Antiquarian e del CRPG Addict.
Grazie a chi ci è stato vicino nei vent'anni di attività "regolare" di OldGamesItalia, a chi ha collaborato o a chi ci ha soltanto consultati per scoprire il mondo del retrogaming. Speriamo di avere presto nuove energie per riprendere un discorso che non vogliamo davvero interrompere.
Grazie, OGI. Arrivederci!
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