Domanda veloce: chi ha coniato per primo il termine interactive fiction? E perché?
Presupponendo che sappiate la risposta e presupponendo che anche voi siate dei tipetti loquaci come me, probabilmente avrete risposto qualcosa del genere:
Il termine ha avuto origine molti anni dopo la nascita del genere che descrive, all'inizio degli anni 80, con una società chiamata Infocom. A quel tempo i giochi di questo tipo erano comunemente noti come "giochi d'avventura" o "avventure testuali", con quest'ultimo termine che serviva a distinguerle dai giochi narrativi con grafica che stavano iniziando a spartirsi il mercato con i titoli meramente testuali. A dire il vero entrambi i termini sono usati comunemente ancora oggi, anche se ormai connotano un genere piuttosto "old-school", che pone la maggior parte della sua enfasi sugli aspetti ludici, invece che sulle potenzialità letterarie di questa tipologia. La Infocom decise che "interactive fiction" era il termine che descriveva meglio il suo obbiettivo di creare una vera e propria nuova forma di letteratura e -dopo la fine di questa società- di quel termine se n'è appropriata la moderna comunità di storyteller testuali (che da molti punti di vista si considerano gli eredi della tradizione della Infocom).
Questo è ciò che ho scritto cinque anni fa [era quindi il 2006 NdT] nella mia storia dell'interactive fiction. Credo che descriva ancora piuttosto bene il motivo per cui la Infocom ha rimpiazzato il termine "avventura testuale" con IF; tuttavia questa risposta non è accurata almeno da un importante punto di vista: il termine non è stato creato dalla Infocom. È stato infatti coniato da un tizio chiamato Robert Lafore, che aveva fondato una società omonima nel 1979 e che aveva pubblicato software dal 1980 al 1982 attraverso la Adventure International di Scott Adams. Quando Lafore arrivò alla Adventure International, aveva già tre titoli pronti: Local Call for Death e Two Heads of the Coin sono due gialli palesemente ispirati rispettivamente a Lord Peter Wimsey di Dorothy L. Sayers e allo Sherlock Holmes di Arthur Conan Doyle, mentre invece Six Micro-Stories ci presenta sei brevi storielle con ambientazioni e generi diversi fra loro. Più o meno nel corso dell'anno successivo ne scrisse altre due: His Majesty’s Ship Impetuous (nello spirito dei romanzi di Horatio Hornblower di C.S. Forester) e Dragons of Hong Kong (nello spirito dei gialli orientali di Fu Manchu, scritti da Sax Rohmer).
Per comprendere l'idea che aveva Lafore dell'interactive fiction, iniziamo con l'analizzare il materiale pubblicitario dei suoi giochi. Dopo averci chiesto di "entrare in una nuova dimensione della letteratura", la pubblicità della Adventure International proseguiva così:
Tradizionalmente la letteratura è stata un medium a senso unico. Le informazioni scorrevano dal racconto al lettore; punto. L'interactive fiction cambia tutto questo, consentendo al lettore di partecipare attivamente alla storia.
Il computer ti presenta la scena: una situazione fittizia, che apprendi leggendola dal terminale. A quel punto tu diventi il personaggio della storia: quando viene il tuo turno di parlare, tu scrivi la tua risposta. Il dialogo con gli altri personaggi, e perfino la trama, a quel punto dipenderanno da ciò che dirai.
Wow. Nessun altro "gioco" per computer prima di allora aveva osato confrontare la propria storia con quella di un romanzo. Il testo di cui sopra, tenuto distinto dal programma vero e proprio che affermava di descrivere, ci mostra una vera visione del futuro della narrativa ludica.
Ma come sa chiunque abbia un minimo di esperienza con le pubblicità dei primi giochi per computer, la realtà spesso non coincideva con la retorica pubblicitaria, con quest'ultima che spesso sembrava più rappresentare un'aspirazione che il prodotto vero e proprio, corrispondendo più al gioco che gli autori avrebbero voluto creare piuttosto che ai limiti tecnici imposti dai processori a 8 bit e alle loro minuscole memorie.
Ecco qui una partita completa della prima delle sei storielle di Six Micro-Stories: “The Fatal Admission”:
The Fatal Admission
Una coraggiosa avventura nel cuore del Terzo Reich
ADMIRAL KURTZ: Und so, Colonel Braun, si sta divertendo?
("Colonel Braun" in realtà è ovviamente Jimmy Maher)
MR MAHER: _
ADMIRAL KURTZ: Mi fa piacere sentirlo, Colonnello. Mi dica, se ho capito bene, lei è con la 57esima Squadriglia di Dusseldorf. Per caso conosce il Capitano Eiderdown? È un mio vecchio compagno di scuola.
(Ti fissa di nuovo con il suo sguardo di ghiaccio. Perché te lo chiede? È una specie di trappola? Adesso vorresti esserti candidato per un compito meno pericoloso, tipo i sommergibili.)
MR MAHER: _
ADMIRAL KURTZ: Non mi sorprende, visto che non esiste una persona con quel nome. Ma non c'è nemmeno un 57esimo Squadrone, né a Dusseldorf, né altrove. Eppure lei, Colonnello, ha lasciato intendere che esistesse!!! Credo che lei sia un impostore, Colonnello, e per quanto lei sia stato un perfetto commensale, temo di doverla mettere sotto arresto. Guardie!!! Arrestate quest'uomo. È un nemico del Reich.
Vieni trascinato via dai soldati con le temute insegne della testa della morte delle SS sulle loro sinistre uniformi nere, e all'alba vieni giustiziato.
(PREMI -ENTER- PER PROSEGUIRE)
È doveroso precisare che questa non è l'opera migliore di Lafore; cercherò quindi di essere clemente. Mettiamo da parte il fatto che un ammiraglio sarebbe potuto essere solo nella Kriegsmarine e non nella Gestapo, oltre al fatto che evidentemente Lafore non conosce minimamente il tedesco. E lasciamo pure da parte l'illogicità della premessa della svolta nella storia (se davvero ho impersonato il Colonnello Braun per così tanto tempo, come è possibile che non sappia a quale Squadrone appartenevo?). E lasciamo da parte anche l'ingiustizia di dover imparare morendo, che caratterizza l'intera esperienza di gioco. Mi limiterò semplicemente a esaminare come funziona il programma.
A questo punto nessuno di voi resterà sorpreso nello scoprire che il programma non decodifica in nessun modo significativo le risposte del giocatore, ma anzi si limita a ricercare dei semplici schemi all'interno degli input del giocatore, un po' sullo stile di quello che faceva Eliza, ma perfino senza i suoi accorgimenti più sofisticati. Ed è per questo che si rivela inevitabilmente molto semplice far "inciampare" il programma, intenzionalmente o non. Considerate ad esempio la seguente domanda dell'ammiraglio sul Capitano Eiderdown:
ADMIRAL KURTZ: Non mi sorprende, visto che non esiste una persona con quel nome.
[...]
(PREMI -ENTER- PER PROSEGUIRE)
Quello che è successo è che il programma ha trovato il "NON" all'interno dell'input del giocatore e quindi ha scartato tutto il resto, presupponendo di essere in presenza di una risposta negativa. Purtroppo non si tratta di un incidente isolato. Proviamo a rispondere di nuovo alla domanda trabocchetto sul 57esimo Squadrone e a sopravvivere a questo passaggio.
ADMIRAL KURTZ: Proprio così! La stavo semplicemente mettendo alla prova; spero che mi perdonerà per questa piccola formalità. Vede, figlio mio, lei mi piace. Lei è la persona che stavo cercando come mio corriere personale. Ho molti documenti top secret e sento istintivamente di potermi fidare di lei per la loro consegna. È disposto ad accettare questo incarico?
Ottimo! Ora possiamo accettare il nuovo incarico e apprendere ancora altri succosi segreti dei Nazisti.
ADMIRAL KURTZ: Per favore, Colonnello, non meni il can per l'aia. Il tempo è importante. Ho un appuntamento con un bel pilota di carrarmato... Cioè... volevo dire con una bella fraulein. Intende accettare l'incarico, oppure no?
Ooops. Stavolta il programma non è proprio riuscito a comprenderci (che però è sempre meglio di un fraintendimento, credo).
MR MAHER: Sì
ADMIRAL KURTZ: Molto bene!!! Inizieremo domani.
Così passi il resto della guerra con questa cornucopia dell'intelligenza militare. Il tuo contributo allo sforzo bellico sarà riconosciuto come insostituibile dal Generale Eisenhower e dopo la Giornata della Vittoria ti viene riconosciuta dal governo americano una pensione enorme.
Evidentemente le risposte semplici sono le migliori.
Le varie storielle di Six Micro-Stories usano in modo diverso il testo inserito dal giocatore. Forse la più complessa e tecnicamente interessante di questa raccolta è quella chiamata “Encounter in the Park”, nella quale si deve provare a ottenere un appuntamento con una ragazza incontrata per caso al parco. Funziona come una versione con obbiettivo di Eliza, seppure piuttosto primitiva. Qualora la connessione non sia già evidente di per sé, il nome di colei che ci interessa è proprio -ma lo avrete già immaginato- Eliza.
JIMMY: Ecco a lei, signorina.
LA DONNA: Grazie.
(La sua espressione non è né incoraggiante, né non. La tua prossima affermazione potrebbe essere determinante.)
La soluzione finale è il gelato; basta menzionarlo e Eliza lascia cadere i suoi sofisticati orpelli da lettrice di Updike e precipita in un sottomissione da studentessa (le implicazioni di un tale comportamento in una società paternalistica come la nostra è meglio lasciarle agli esperti di sociologia).
LA DONNA: Che bello! Adoro il gelato! Dammi un caramellato al caffè e farò tutto quel che vuoi!
La ragazza, palesemente interessata a te, accetta di andare a una lettura di poesie al Caffè No Name. A sera siete già buoni amici. La settimana successiva, dopo aver buttato al vento le vostre vite precedenti, sei disteso accanto a lei su una spiaggia di Bali, dove resterai per sempre in uno stato di cosmica beatitudine.
Un'altra storiella invece è poco più di un quiz a risposta multipla sulla vecchissima questione della definizione di arte.
MR MAHER: Bellezza.
DOTT. ZEROUGH: Sta facendo un errore fondamentale, Sig. Maher. La maggior parte delle persone concordano che certi fenomeni naturali (come i tramonti) sono belli, eppure quelli non vengono chiamati arte, perché in loro non c'è nessun artista immediatamente riconoscibile. Quindi l'arte può certamente essere bella, ma non c'è nessuna connessione necessaria fra arte e bellezza.
Mi dispiace, ma non posso promuoverla in questo esame. In bocca al lupo con le lezioni di composizione floreale.
E poi c'è quella nichilistica, in cui qualunque cosa noi scriviamo non fa alcuna differenza:
Voli alla latitudine e longitudine di Chicago, ma anche lì c'è solo l'oceano sotto di te e il silenzio su tutte le frequenze radio.
Decidi quindi che è giunto il momento di fare un qualche annuncio appropriato ai passeggeri. Attivi l'altoparlante e prendi il microfono.
CAPITAN MAHER: Sembra che...
Prima che tu abbia finito di parlare, l'intero aeroplano (inclusi te, la ciurma, e i passeggeri) svanisce nel nulla, lasciando solo il mare strano e vuoto.
Quando ha scritto questa, Lafore o era di cattivo umore, oppure era giunto a una qualche verità esistenziale che il resto di noi non può sopportare di conoscere – scegliete voi.
Ma queste sono eccezioni. Se guardiamo oltre il parser, per studiare le opzioni a disposizione del giocatore (sia lodato il BASIC!), scopriamo che il resto delle storielle -oltre alle infinitamente più appetibili storie complete- sono in realtà delle narrazioni a scelta multipla in cui il giocatore può scegliere (solitamente) da due o (sporadicamente) tre, quattro, o cinque opzioni, sempre e solo in una serie di punti decisionali predefiniti. In altre parole queste in realtà sono storie del tipo "choose-your-own-adventure" / narrativa iper-testuale / narrativa basata su scelte (scegliete voi il termine che preferite). Sono molto più simili ai Librigame (che nel 1980 già iniziavano a inondare le librerie) di quanto non lo siano alle avventure testuali di Scott Adams, o -tanto più- all'interactive fiction che la Infocom avrebbe iniziato a pubblicare di lì a poco. È solo che la loro vera natura è oscurata dal frustrante "parser" stile Eliza, che ci costringe a un ulteriore strato di congetture a ogni decisione che dobbiamo prendere. Ovviamente si può anche spendere qualche parola a favore del parser: almeno teoricamente infatti permettere al giocatore di prendere decisioni "con le proprie parole" potrebbe essere funzionale al farlo immedesimare ancora di più con la storia e il ruolo che vi svolge; in pratica però i fraintendimenti sono talmente tanto numerosi da farci dimenticare qualunque aspetto positivo.
Per farvi vedere quanto ridicolamente posso spingermi in là pur di dimostrare di aver ragione, ho reimplementanto His Majesty’s Ship Impetuous (che considero la migliore fra le storie lunghe di Lafore) utilizzando il sistema ChoiceScript (ok, è vero, effettivamente avevo già maturato la decisione di provare ChoiceScript, e questo progetto si è rivelato la scusa perfetta...). Se vi va di giocarlo, scoprirete che in questa forma è un'opera ben più completa e soddisfacente di quelle che ho illustrato sopra, seppur non del tutto priva di alcuni dei loro problemi di design (infatti, per ottenere un risultato ottimale, è comunque necessario imparare dai propri errori letali). La scrittura di Lafore resta comunque acuta e perfetta per il genere, e la storia nel suo complesso è ben ideata: essa rappresenta probabilmente il pezzo di narrativa scritto con maggior competenza che avesse mai ornato gli schermi di un computer al 1980. E le sue ottime qualità risaltano ancora di più una volta liberate dagli orpelli stile Eliza. Senza considerare poi che è un titolo storicamente molto più interessante se osservato in questa luce, considerato che la narrativa a scelta multipla non era ancora arrivata sui computer prima dell'opera di Lafore.
Non voglio nemmeno provare a formulare una teoria dettagliata della narrativa a scelta multipla, anche perché Sam Kabo Ashwell lo sta già facendo, un passo alla volta, in una stupefacente analisi di varie opere di questo genere – una serie che non teme confronti con niente di quello che potrei direi io in questa sede. Voglio però sottolineare che la narrativa a parser e quella a scelta multipla sono molto diverse fra loro, nonostante siano continuamente confuse; il primo a fare questo errore fu forse proprio Lafore, ma di certo non è stato l'ultimo. Per esempio il newsgroup su Usenet che è stato per tanti anni il centro della discussione sull'IF (rec.arts.int-fiction) fu fondato in origine da degli appassionati di ipertesti, per poi essere invaso e cooptato dal popolo delle avventure testuali. E ancora oggi anche l'interessantissimo progetto Varytale [ormai defunto: ndAncient] si definisce "interactive fiction". La Choice of Games non si spinge tanto in là, ma incoraggia comunque attivamente i suoi autori a presentare i loro giochi scritti in ChoiceScript alle competizioni di IF; il che personalmente non mi infastidisce più di tanto, ma contribuisce forse a portare due insiemi diversi di aspettative in rotta di collisione, senza che nessuno dei due ne abbia un vero vantaggio.
La principale differenza formale fra i due generi sta nella granularità delle scelte offerte al giocatore. L'IF basata sul parser si sviluppa tramite “micro azioni”: raccogliere e lasciare oggetti, spostarsi da uno spazio circoscritto a un altro, armeggiare con quel lucchetto esattamente nel modo giusto per far aprire la porta. La narrativa basata su scelte multiple invece si sviluppa (quando è eseguita al meglio) tramite grandi decisioni distintive: scendere in guerra con l'Eastasia o con l'Eurasia, provare a cercare un modo per rientrare nella Caverna del Tempo oppure rinunciarci. Anche quando le scelte che ci vengono presentate hanno una granularità apparentemente simile a un'opera di IF a parser (come quando si tratta di scegliere se svoltare a sinistra o a destra nel dungeon che stiamo esplorando), a tali scelte devono comunque seguire delle vere conseguenze. Una singola scelta in una narrativa basata su scelte multiple può racchiudere in sé l'equivalente di migliaia di turni di un'opera di IF a parser – o anche un intero gioco. Quando gli autori combinano insieme una struttura basata sulle scelte con un livello di granularità da IF a parser, i risultati sono quasi sempre sfortunati: guardate per esempio Trap Cave della IFComp del 2009 (che ha cercato di incastrare l'esplorazione di una caverna in stile Adventure in un formato a scelte multiple), oppure guardate l'analisi di Ashwell del librogame Fighting Fantasy. Una narrativa a scelta multipla per avere successo deve necessariamente dare al suo giocatore una vera “agency” sulla narrazione – e lo deve fare a un livello alto e autenticamente distintivo, permettendo di scegliere la direzione in cui si muove la trama. L'interactive fiction basata sul parser non ha un tale limite; può accontentarsi di lasciare il giocatore allegramente alla prese con i dettagli, mentre lo guida per mano lungo un arco narrativo sostanzialmente su binari.
Poiché possono raccontare larghi archi di storia in un balzo, potremmo essere tentati di concludere che i giochi basati su scelte multiple consentano di narrare storie più profonde e più ricche. In un certo senso questo è vero, specie nel contesto del 1980: allora sarebbe stato impossibile racchiudere anche solo il 10% della storia di His Majesty’s Ship Impetuous in un gioco sullo stile di quelli di Scott Adams. È anche vero però che le narrazioni a scelta multipla generalmente non vertono tanto sullo sfidare il giocatore con enigmi e dilemmi tattici, quanto piuttosto sull'esperienza “pura” della storia. Dave Albert, un recensore dell'epoca di His Majesty’s Ship Impetuous -che scriveva per la rivista SoftSide-, molto argutamente ha rilevato le seguenti qualità, e nel farlo ha riassunto bene anche le gioie della narrazione a scelta multipla e alcune delle frustrazioni legate alla primissima implementazione della stessa che ne fece Lafore:
Non definirei così positivamente come fa Albert tutte le specifiche scelte di design presenti in Impetuous, ma credo che nel complesso la sua riflessione stia in piedi. Le opere a scelte multiple incoraggiano il giocatore a guardarle dall'alto, come un burattinaio che manipola non solo i fili del burattino, ma anche quelli della trama vera e propria; notate che non a caso Impetuous è scritto in terza persona passato. Il giocatore manipola la storia, ma non sempre si sente DENTRO la storia. Alcune delle ultime opere a scelta multipla hanno addirittura definitivamente separato del tutto il giocatore da un suo avatar dentro il mondo di gioco. L'IF a parser invece eccelle nel metterti PROPRIO DENTRO LA STORIA, immerso nella realtà virtuale che stai esplorando.
Entrambi gli approcci sono validi per raccontare tipi diversi di storie, per creare tipi diversi di esperienze; ed entrambi possono essere usati in modo terribilmente sbagliato. Troppe opere a scelta multipla fanno sentire il giocatore così separato dall'azione da fargli smettere di essere coinvolto in ciò che succede (questo è -mi duole ammetterlo- esattamente come mi sento io quando gioco anche i più moderni fra i giochi ChoiceScript, ed è questa la ragione principale del perché il mio cuore appartiene fermamente al campo dei giochi a parser); troppe opere a parser, specialmente le prime, sono invece talmente rognose da risultare soltanto frustranti.
Senza le frustrazioni del parser, Impetuous è un'opera che funziona abbastanza bene, scritta con un adeguato livello di astrazione per la forma della narrativa a scelta multipla utilizzata. Se anche molte delle sue scelte sono in realtà false (perché non hanno conseguenze vere sulla trama), il gioco riesce a nasconderle bene quanto basta per non farlo comprendere al giocatore, almeno non durante la sua prima partita, mentre al tempo stesso ci sono abbastanza scelte significative da tenere alto l'interesse del giocatore nelle partite seguenti. Ma, soprattutto (e in modo assolutamente sorprendente, specie se consideriamo la struttura dei primi Librigame cartacei [e anche di tanti successivi... ndAncient]), non ci sono scelte arbitrarie e prive di adeguato contesto (svolto a sinistra oppure a destra?), e nessuna scelta che conduce a una morte prematura di punto in bianco. Certo alcune delle sue posizioni etiche sono discutibili (come ad esempio il modo in cui premia il gettarsi a testa bassa nella battaglia, invece di un approccio più ponderato), ma forse questo è anche quello che ci si aspetta dagli stilemi del genere a cui appartiene la sua storia.
Uno degli aspetti più divertenti e/o sconcertati di scrivere questo blog è stato che a volte mi sono trovato a rendere onore a dei pionieri che non hanno alcuna idea di esserlo. Lafore (dopo aver scritto Dragons of Hong Kong) scambiò la sua azienda di “entertainment-software” per una carriera (lunga, ricca di successi, e tutt'ora in corso) come autore di libri tecnici. Sono pronto a scommettere che non ha alcuna idea che il termine da lui coniato così tanti anni fa è ancora vivo e vegeto, mentre le opere in cui lo ha concretizzato sono state in larga parte dimenticate.
Per rimediare almeno in parte a quest'ultimo problema, date un'occhiata alla mia implementazione di His Majesty’s Ship Impetuous. Ritengo che in questo formato funzioni abbastanza bene e che sia più divertente e ben scritta di quanto non ci si aspetterebbe (e il merito di questo, ovviamente, è tutto di Lafore).
Se invece volete giocare le versioni originali di Six Micro-Stories o di His Majesty’s Ship Impetuous, potete fare anche questo.
1. Scaricate il mio "Robert Lafore starter pack".
2. Avviate l'emulatore sdltrs.
3. Premete F7, poi caricate “newdos.dsk” nel floppy drive 0, e quindi o “microstories.dsk” oppure “impetuous.dsk” nel floppy drive 1.
4. Riavviate l'emulatore premendo F10.
5. Al prompt DOS, scivete BASIC.
6. Digitate LOAD “STORY:1″ per Six Micro-Stories; oppure LOAD “STORY1:1” per His Majesty’s Ship Impetuous.
7. Digitate RUN.
La prossima volta darò un'occhiata alla situazione in evoluzione dell'industria dei computer nel 1980 – e inizierò ad eseguire un lesto (si spera) cambio di piattaforma.
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Traduzione a cura di: The Ancient One
Editing a cura di: Festuceto
Articoli precedenti:
- Sulle tracce di The Oregon Trail
- In difesa del BASIC
- A Caccia del Wumpus
- L'Avventura di Crowther
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- Tutto il TRaSh del TRS-80
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Il forum rimane attivo, ma meno legato al sito, e gli aggiornamenti riguarderanno principalmente le sezioni di IF Italia e della versione italiana del Digital Antiquarian e del CRPG Addict.
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