Una Definizione per i Giochi di Ruolo per Computer
The Digital Antiquarian (traduzione ufficiale italiana)

 
Nella prima versione di Adventure c'è un sacco di Dungeons & Dragons. Sarà anche ambientata nella Colossal Cave in Kentucky, ma tutta la premessa di esplorare e depredare un complesso sotterraneo pieno di strani pericoli e di strani tesori ha a che fare con il D&D non meno di quanto ha a che fare con la speleologia. Per non parlare delle sorprendenti similitudini nel modo di descrivere questi ambienti sotterranei. Un tipico "dungeon" ["labirinto / segreta"] di D&D era -proprio come la mappa di Adventure- diviso in una serie di stanze distinte e autonome. 
Questa che segue è una delle mappe di Temple of the Frog, il primo "modulo d'avventura" pubblicato per D&D, che nel 1975 fu inizialmente venduto come parte del secondo supplemento di D&D, Blackmoor:
 
 
E questa è la descrizione di un paio di queste stanze numerate. 
 
Stanza 3: È il quartier generale dei mercanti, mandati a vendere le loro cianfrusaglie ed è anche l'ufficio del capo della contabilità. Nascoste nella sua scrivania ci sono 600 monete di platino delle quali si è appropriato indebitamente (l'Alto Sacerdote ne è al corrente, ma la cosa sembra non interessargli)
 
Stanza 4: È l'ufficio del Comandante delle guardie del palazzo ed è qui che egli si reca quando deve organizzare la sicurezza del Tempio. All'interno ci sono gli allarmi principali del palazzo, che registrano la fonte esatta dei problemi in modo da poter prontamente inviare il personale a respingere l'intrusione. Da qui egli può comunicare, tramite un comunicatore da scrivania, con gli altri ufficiali e i sergenti sotto il suo comando. In questa stanza ci sono sempre almeno un ufficiale e due sergenti di turno, e solo gli anelli indossati dall'Alto Sacerdote al Comando della Guardia o dal Capo Custode consentono di accedervi (nessuno però sa che quest'ultimo ha questo privilegio e comunque non è stato usato da molti anni). 
 
 
Le successive avventure di D&D hanno reso ancora più ovvia questa similitudine con le stanze di una AT, avendo iniziato a prevedere, per ogni stanza, del testo all'interno di riquadri, che il DM avrebbe dovuto leggere ai giocatori appena questi entravano nella stanza, proprio come le onnipresenti descrizioni delle stanze nelle avventure testuali. 
Praticamente tutti i DM, se non quelli più esperti, tendevano a far apparire le stanze di un labirinto di D&D separate le une dalle altre, come se ognuna fosse un piccolo universo autonomo, proprio come in un'avventura testuale; innumerevoli sono stati gli avventurieri che, al termine di un'intensa battaglia con un gruppo di mostri, dopo averli infine sconfitti, si imbattevano in altri ancora, tranquillamente addormentati nella stanza accanto, proprio come la descrizione della stanza diceva che sarebbero dovuti essere: del tutto indisturbati dalla carneficina che si era appena svolta nella stanza accanto. 
Parlando di combattimenti (il cuore della maggior parte delle avventure di D&D) vale la pena ricordare che anche Adventure ne aveva qualcuno, sotto forma dei fastidiosi nani che terrorizzavano il giocatore finché egli non riusciva a sbarazzarsi di tutti loro. 
 
Tuttavia, nonostante tutte queste similitudini e nonostante la conclamata influenza che le sue esperienze di giocatore di D&D hanno avuto sull'opera originale di Crowther, nessuno (e intendo proprio nessuno!) si riferisce mai ad Adventure (o ai suoi numerosi antecedenti) come fossero dei giochi di ruolo per computer. Come è possibile?
 
 
Una prima osservazione può essere che Crowther non ha minimamente tentato di trasportare le regole del vero D&D all'interno del suo gioco per computer. Ha preso ispirazione da alcuni dei suoi temi e delle sue idee, ma poi è andato per la propria strada. Dobbiamo invece osservare che la famiglia di giochi di cui intendo iniziare ad occuparmi ha un debito verso le meccaniche del D&D che è importante almeno quanto quello che ha verso le sue tematiche. 
 
Ma fermarmi qui non mi è sufficiente. Possiamo fare un po' meglio, creando nel contempo qualcosa che ci sarà utile anche in un contesto più ampio. 
 
Matt Barton, nel primo capitolo di Dungeons and Desktops: The History of Computer Role-Playing Games, afferma qualcosa di interessante:
 
"A spanne possiamo dire che gli adventure pongono l'accento sul pensiero deduttivo e qualitativo, mentre i GDR su computer danno valore al pensiero induttivo e quantitativo. Il giocatore di giochi d'avventura lavora con le definizioni e con i sillogismi; l'appassionato di giochi di ruolo con le formule e con le statistiche. L'unico modo che un personaggio di un GDR su computer ha per progredire è attraverso un attento ragionamento induttivo: se una certa strategia risulta vincente in sei battaglie su dieci, significa che è migliore di un'altra che conduce solo a tre vittorie su dieci. Questo tipo di ragionamento induttivo è raro nei giochi d'avventura, ma abbondante nei GDR su computer, dove praticamente ogni oggetto ha un valore statistico (ad esempio, una spada lunga potrebbe fare un 10% in meno di danni rispetto ad uno spadone a due mani, ma consentire però l'uso contemporaneo dello scudo)."
 
Queste differenze nel modo di pensare nascono ovviamente da approcci molto diversi al game design e alla narrazione da parte dei rispettivi creatori. Il tipico designer di giochi d'avventura passa gran parte del suo tempo a ideare un'esperienza predefinita per il suo giocatore, costruendo una serie di enigmi predefiniti con un'unica soluzione e un singolo arco narrativo (o, al massimo, un arco narrativo leggermente ramificato). Il designer di GDR su computer invece presta meno attenzione a tali particolari, in favore della creazione di un intricato sistema di regole e interazioni, alle quali è demandata l'emersione dell'esperienza di gioco, nonché gran parte della narrazione. I GDR su computer, in altre parole, sono essenzialmente dei giochi simulativi, anche quando l'oggetto di tale simulazione è un mondo narrativo interamente immaginario.
 
 
A prima vista si direbbe che non ci sia spazio per dibattere su quale sia l'approccio "migliore". Se vi venisse offerta la scelta fra saltare nei cerchi per procedere lungo un singolo binario rigido, oppure crearvi la propria esperienza personalizzata, scrivendo la vostra storia mano a mano che giocate, chi mai sceglierebbe il primo approccio? Nella realtà però le cose non sono così nette. Ci sono infatti limiti insuperabili quando si cerca di creare un'esperienza di vita vissuta attraverso una simulazione informatica. È certamente possibile simulare un gruppo di avventurieri che discendono in un dungeon per combattere i mostri che vi si trovano; non è altrettanto facile simulare -per esempio- le dinamiche interpersonali di una famiglia normale. Per quanto ci si abbia provato, e si continui a farlo, per ora l'approccio simulativo alla narrativa ludica ha limitato in modo drastico il tipo di storie che possono essere vissute in modo interattivo. È per questo che l'approccio simulativo può paradossalmente rivelarsi un limite, oltre che una libertà. 
E poi c'è anche un altro aspetto da considerare: più mettiamo in primo piano la simulazione (enfatizzando la libertà del giocatore come obbiettivo primario del gioco), più ci allontaniamo dal vecchio ideale dell'artista che condivide con il mondo la sua visione [il link a corredo di quest'ultima informazione purtroppo non è più disponibile]. Ciò con cui sostituiamo tale visione può sicuramente rivelarsi interessante ed anche affascinante, ma -qualunque cosa sia- per me è sempre più difficile considerarla arte. Con questo non voglio dire che ogni game design debba aspirare ad essere arte, ovviamente; anzi, considerata la mia esperienza generale con i giochi che esplicitamente si definiscono come tale, preferirei di gran lunga che i game designer si concentrassero semplicemente sul proprio lavoro, lasciando a noi altri giocatori il compito di dare giudizi in merito.
 
A questo punto devo essere certo di aver puntualizzato bene che "l'emersione dell'esperienza di gioco" e "l'esperienza predefinita" di cui sopra non formano delle categorie di gioco distinte, ma piuttosto i poli opposti di un'unica entità. Infatti praticamente tutti i giochi hanno in sé entrambi gli elementi: prendete per esempio il dialogo scriptato che appare a schermo proprio prima che il giocatore uccida il Super-Cattivone di un classico GdR per computer, oppure l'oggetto che il giocatore deve avere nel proprio inventario per poter risolvere l'enigma predefinito di un'avventura testuale. Ed è poi anche vero che giochi diversi dello stesso genere pongono l'enfasi su aspetti diversi e nel tempo le tendenze hanno tirato i giochi quando in una direzione, quando in un'altra. Questo è un piccolo diagramma che mostra visivamente ciò che sto dicendo: 
 
 
Come potete vedere sul diagramma, i moderni GdR ad alto budget, tipo quelli di Bioware [l'articolo è dell'Agosto 2011], tendono ad includere molta più storia predefinita di quanto non facessero i loro predecessori classici, nonostante la potenza di calcolo infinitamente superiore che hanno a loro disposizione per poterla impiegare nell'aspetto puramente simulativo (al riguardo c'è del grande materiale in Expressive Processing di  Noah Wardrip-Fruin in merito alla strana dicotomia fra la parte simulativa sorprendentemente sofisticata di giochi come Knights of the Old Republic e il limitato sistema di conversazione a scelta multipla in cui il giocatore si trova catapultato ogni volta che l'enfasi passa dalle meccaniche seriose dell'esplorazione e del combattimento, alle stravaganze leggere  della storia e delle relazioni interpersonali). 
Dal canto suo, anche la moderna interactive fiction si è allontanata dalla simulazione, spostando l'enfasi dai problemi della geografia, delle fonti di luce, della gestione dell'inventario, e a volte anche del combattimento, di certe avventure testuali old-school, in favore di esperienze "letterarie" più autoriali. 
 
Ma io non volevo dare una definizione di Gioco di Ruolo per Computer?
Ebbene, eccola qua:
 
Un Gioco di Ruolo per Computer [in inglese: "computer role-playing game (CRPG)"] è un approccio alla narrativa ludica che pone l'accento sulla simulazione informatica dello storyworld a discapito degli elementi narrativi e dal design predeterminato e preconfezionato. I GdR per computer offrono generalmente al giocatore uno spettro di scelte più ampie di altri approcci, anche se spesso al costo di un minor spessore narrativo e di una minore ampiezza delle possibilità narrative a disposizione del designer.
 
Per il momento credo che questo dovrebbe bastare. La maggior parte delle altre definizioni tendono a enfatizzare (come requisti essenziali per appartenere al genere) la creazione del personaggio e gli elementi legati al passaggio di livello. Tuttavia, anche se non posso non riconoscere la loro presenza nella vasta maggioranza dei GdR per computer, mi sembra limitante per le possibilità di questa forma assumerli come requisiti essenziali. 
Ovviamente avrei semplicemente potuto usare la definizione che si usava nel 1980: nei giochi d'avventura si esplora e si risolvono enigmi, nei GdR su computer si esplora e si uccidono mostri, ma sarebbe stato troppo facile, no?
 
Spero che adesso sia abbastanza chiaro ciò che differenzia un GdR su computer dalle opere di Crowther, Woods, e Adams. Premesso questo, la prossima volta potremo così iniziare a guardare ai primi esemplari del genere. 

The Digital Antiquarian è un blog, scritto da Jimmy Maher, che si occupa di storia e di cultura del videogioco partendo dall'analisi di singoli videogiochi. OldGamesItalia è lieta di presentarvi la traduzione italiana, autorizzata dall'autore!
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Sulle tracce di The Oregon Trail
In difesa del BASIC
A Caccia del Wumpus
L'Avventura di Crowther
TOPS-10 in a Box
L'Avventura completata
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- Dungeons And Dragons


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