Benvenuti lettori temerari al consueto appuntamento con la traduzione ufficiale del The Digital Antiquarian, scritta dalla sapiente penna poliglotta del nostro The Ancient One e con la bislacca supervisione del sottoscritto: uno sforzo editoriale che si perpetua ormai da innumerevoli mesi e che raccoglie sempre più consensi e apprezzamenti. Un lungo viaggio, dunque, che ci ha portati alla storia di Infocom e del primo grande successo commerciale nella storia delle avventure testuali, Zork. Ma, prima di addentrarci nel magico Regno Sotterraneo, L'Antiquario ci parlerà di un aspetto tecnico di importanza notevole per lo sviluppo delle avventure testuali: il parser. E come dimenticare la lista degli articoli del ciclo Infocom: – Giochi col Parser – Esplorando Zork, Parte 1 – Esplorando Zork, Parte 2 – Esplorando Zork, Parte 3 – Infocom: Come Cavarsela da Soli – Zork II, Parte 1 – Zork II, Parte 2 – Lo Zork User Group – Zork III, Parte 1 – Zork III, Parte 2 Buona lettura avventurieri... e scegliete bene le parole! Festuceto |
“Due sono i prodotti che hanno venduto più computer di tutti gli altri: VisiCalc e Zork.” — Mike Berlyn “Dopo la scuola andavamo in questo negozio e giocavamo a qualunque gioco ci fosse disponibile, oppure inserivamo personalmente il codice dei giochi, e mi ricordo anche di quando uscì Zork e lo giocavamo su Apple II, e ne eravamo semplicemente estasiati.” — Andrew Kaluzniacki “La gente vedeva Zork e diceva: 'Lo voglio anche io, assolutamente sì. A chi intesto l'assegno?'” — Mike Berlyn “Credo che ci sia stato un periodo di tempo, probabilmente fra l'80 e l'84, in cui, per un sacco di macchine, non c'era praticamente niente di lontanamente simile.” — Mike Dornbrook |
Credo che molte persone, incluso me stesso, abbiano effettivamente giocato a Facade come fosse una commedia, provando azioni sempre più oltraggiose per vedere cosa sarebbe successo, cercando cioè di arrivare a “rompere” il sistema. Mi permetto di osservare, però, che quando il giocatore inizia a fare ciò, è segno che il game designer ha, in una qualche misura, fallito. Ho infatti iniziato ad adottare un approccio ironico con Facade dopo aver provato numerose condotte ragionevoli a cui il gioco o non ha risposto affatto, o ha risposto in un modo che era palesemente inappropriato alle mie azioni. A quel punto per me la mimesi è crollata e ho iniziato a trattare il sistema come fosse un giocattolo ingegnoso, anziché come una narrativa interattiva immersiva. Ovviamente non c’è niente di male nel fallimento di Facade: è un concept rivoluzionario e dovrà necessariamente passare per molte altre iterazioni prima che possa sperare anche solo di avvicinarsi a un realismo completo. Questo però solleva un punto: non credo che i giochi possano mantenere la propria mimesi rimproverando il giocatore, dicendogli in termini espliciti “di NO”, quando tenta di mangiarsi la spada o di colpire un amico. Dovremmo piuttosto impegnarci per rendere la nostra scrittura così buona, le nostre ambientazioni così credibili, e le nostre interazioni così lisce, che il giocatore sia assolutamente catturato dalla nostra storia, in modo che non gli venga mai in mente di mangiarsi la spada o di colpire gli amici, esattamente come non verrebbe mai in mente al suo avatar. Detto in altre parole, dobbiamo fare in modo che il giocatore DIVENTI davvero il suo avatar per tutto il poco tempo che giocherà. Appena il gioco inizia ad andare in frantumi (per usare questa metafora)… è allora che il giocatore si ricorderà solo una stupida avventura testuale, ed è allora che inizierà a giocare per ridere, cercando di rompere più che mai il sistema. Io lo faccio ogni anno con almeno una dozzina di giochi dell’IFComp, cercando di RUBARE porte ed edifici, e più in generale di creare scompiglio nello storyworld. Del resto il divertimento sta dove lo si trova. Ovviamente ci sono giocatori che affrontano ogni gioco con l’intenzione di romperlo. E alcuni potrebbero certamente considerare l’interactive fiction più interessante come un sistema con cui giocare che come storia, anche se penso che altri generi sarebbero più adatti per soddisfare questo loro bisogno. A questi giocatori dico: bene, divertitevi come più vi piace. Tuttavia credo che la maggior parte delle persone che giocano all’interactive fiction vi arrivino desiderando di essere immersi, per un po', in uno storyworld (e, sì, magari anche in una storia coerente) e di sperimentarlo attraverso gli occhi di qualcun altro. E le ricompense di un tale approccio devono essere infinitamente più grandi del provare azioni a caso per vedere dove sono collocati i confini della simulazione (per quanto anche questo possa risultare divertente). |
WEST OF HOUSE YOU ARE STANDING IN AN OPEN FIELD WEST OF A WHITE HOUSE, WITH A BOARDED FRONT DOOR. THERE IS A SMALL MAILBOX HERE. >FUCK SUCH LANGUAGE IN A HIGH-CLASS ESTABLISHMENT LIKE THIS! >SHIT YOU OUGHT TO BE ASHAMED OF YOURSELF. >TAKE ME HOW ROMANTIC! >ZORK AT YOUR SERVICE! >XYZZY A HOLLOW VOICE SAYS 'CRETIN'. >FIND HOUSE IT'S RIGHT IN FRONT OF YOU. ARE YOU BLIND OR SOMETHING? >FIND HANDS WITHIN SIX FEET OF YOUR HEAD, ASSUMING YOU HAVEN'T LEFT THAT SOMEWHERE. >FIND ME YOU'RE AROUND HERE SOMEWHERE... >CHOMP I DON'T KNOW HOW TO DO THAT. I WIN IN ALL CASES! >WIN NATURALLY! >SIGH YOU'LL HAVE TO SPEAK UP IF YOU EXPECT ME TO HEAR YOU! >REPENT IT COULD VERY WELL BE TOO LATE! >WHAT IS A GRUE? THE GRUE IS A SINISTER, LURKING PRESENCE IN THE DARK PLACES OF THE EARTH. ITS FAVORITE DIET IS ADVENTURERS, BUT ITS INSATIABLE APPETITE IS TEMPERED BY ITS FEAR OF LIGHT. NO GRUE HAS EVER BEEN SEEN BY THE LIGHT OF DAY, AND FEW HAVE SURVIVED ITS FEARSOME JAWS TO TELL THE TALE. >WHAT IS A ZORKMID? THE ZORKMID IS THE UNIT OF CURRENCY OF THE GREAT UNDERGROUND EMPIRE. >YELL AAAARRRRGGGGHHHH! |
“Molti giochi prevedano solo la parte del ‘se’, che poi sarebbe il percorso principale attraverso il gioco, di cui parlavo prima. Se il giocatore fa esattamente questo e tutto va bene, allora il gioco risponde così e tutto va avanti. Ma c’è sempre anche ‘altro’. E se il giocatore non facesse ciò che dovrebbe? Che succede se gli viene questa strana idea, o se digita quella o quell’altra cosa stramba che vuole provare semplicemente per vedere se il gioco si rompe? Così, tanto per vedere dove sono i confini. Ecco, questo fa parte del divertimento di giocare a un’avventura testuale, nonché parte del divertimento (una GRANDE parte del divertimento) del crearle; io infatti mi immagino un dialogo con il giocatore, così che alla fine quando il giocatore fa questa cosa estremamente strana e nel farla esclama ‘ah, nessuno può aver pensato di fare questo!’ e poi ‘Oh, cielo! Quella non è una risposta standard! Anche l’autore ci aveva pensato!’. Questo aiuta a forgiare un legame fra te e l’autore. ‘Quel tizio è strambo quanto me. Io e lui pensiamo nello stesso modo.’” |
The Digital Antiquarian è un blog, scritto da Jimmy Maher, che si occupa di storia e di cultura del videogioco partendo dall'analisi di singoli videogiochi. OldGamesItalia è lieta di presentarvi la traduzione italiana, autorizzata dall'autore!
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Traduzione a cura di: The Ancient One
Editing a cura di: Festuceto
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