"Che cosa c'è in un nome? Forse che quella che chiamiamo rosa cesserebbe d'avere il suo profumo se la chiamassimo con altro nome?" Così dice la sfortunata protagonista del Romeo e Giulietta di Shakespeare. Ma cosa direbbe il buon vecchio Bardo se sapesse che gli abitanti di Atlantide sono in grado di modificare oggetti e concetti alterando semplicemente le parole che li descrivono?
Counterfeit Monkey è l'ultima avventura creata (in Inform 7) da Emily Short, inossidabile e apprezzatissima autrice di Interactive Fiction. Il gioco ci mette nei panni di Alexandra... o meglio, Alex-Andra: due persone diverse, fuse insieme per tentare di oltrepassare le guardie di frontiera di Atlantide e portare all'estero preziosi documenti che dovrebbero fruttar loro un bel gruzzoletto. Ad aiutarli non c'è soltanto la materia grigia del giocatore che sta dietro alla tastiera, ma anche (e, senza offesa, soprattutto) il Rimuovi-Lettera, uno strumento attorno a quale ruota gran parte delle meccaniche di gioco. Tale aggeggio, infatti, è in grado di eliminare una lettera (qualsiasi lettera) da un nome, modificando al contempo l'oggetto che tale nome descrive. Se nell'inventario avessimo del miele, per esempio, e gli togliessimo la i... alla fine ci troveremmo con delle mele! Counterfeit Monkey diventa rapidamente non soltanto una sfida tra noi e gli enigmi che ci propone, ma anche un esercizio di conoscenza della lingua (inglese) non indifferente. Le possibilità sono potenzialmente infinite ed è incredibile come Emily Short sia riuscita a prevedere tutte le differenti opzioni che la rimozione di questa o quella lettera sono in grado di generare a partire da un singolo oggetto. E siccome gli oggetti in gioco non sono certo pochi, l'impresa assume toni sovrumani. Un grande applauso a Emily e ai suoi beta tester.
Basterebbe questa feature per rendere Counterfeit Monkey un titolo meritevole di essere giocato, ma l'autrice si è spinta ancora più in là. Gli enigmi sono integrati perfettamente nella struttura di gioco e sono tutt'altro che banali, pur riuscendo a rimanere nei confini di una logica non troppo bislacca. Una volta che il giocatore riesce ad accettare la "filosofia" che sta alla base di CM, il ritmo diventa subito molto rapido e i puzzle vengono risolti quasi con naturalezza, nonostante la curva di difficoltà aumenti con andamento costante e le ultime fasi siano davvero toste. Da sottolineare il fatto che molti passaggi possono essere superati usando soluzioni multiple. Infine, la comparsa di nuovi strumenti modifica-parole, che diventano disponibili a mano a mano che si avanza nell'avventura, è la ciliegina sulla torta che stronca sul nascere la possibilità che gli enigmi diventino noiosi.
L'unica nota stonata è la presenza di qualche (raro) "buco" di sceneggiatura. Un difetto limitato che tuttavia si fa sentire in maniera piuttosto pesante, perché va a rompere quel ritmo che l'autrice si è imposta di mantenere sempre molto alto.
Nonostante la complessità dell'intero impianto, però, non si può dire che Counterfeit Monkey sia un titolo che cerca di spaventare i meno esperti. Al di là del consueta flessibilità del parser, appena si avvia il file di gioco è impossibile non notare l'enorme mappa che occupa la parte sinistra dello schermo: su di essa sono riportati tutti i luoghi più rilevanti di Atlantide, con tanto di bussola (che indica le possibili uscite della location in cui ci troviamo) e un segnalino che ci consente di sapere sempre dove ci troviamo. La prima parte del gioco è poi strutturata come un tutorial, dove il giocatore viene accompagnato alla scoperta delle funzioni del Rimuovi-Lettera e delle caratteristiche principali del mondo di gioco. Come se non bastasse, un'utilissima lista degli obiettivi è consultabile in ogni momento e ci consente di ritrovare il filo del discorso nel caso in cui l'avessimo perso per qualche motivo. Per tutta la durata dell'AT, inoltre, Alex ci darà suggerimenti su quali domande fare ai vari personaggi che ci troveremo davanti. Quest'ultimo elemento talvolta risulta un po' invasivo, ma considerata le molte sfaccettature del gioco è una agevolazione assai benvenuta.
Non temano gli amanti degli enigmi impossibili! Emily ha creato una modalità "esperto" fatta apposta per loro e che cambia in maniera drastica l'approccio a un gran numero di situazioni (in maniera non troppo dissimile da quanto avveniva in Monkey Island 2). Inutile dire che tale possibilità aumenta in maniera considerevole la rigiocabilità del titolo.
La trama di Counterfeit Monkey non è propriamente indimenticabile, ma fa da semplice sfondo a tutta una serie di informazioni relative a personaggi e situazioni che rendono il mondo di gioco estremamente ricco e interessante. Leggere le varie descrizioni, consultare la guida turistica per conoscere la storia di un luogo o semplicemente rivivere il passato dei due protagonisti tramite i loro ricordi è un vero piacere e talvolta ci porta a mettere in secondo piano la nostra missione.
Giunti a questo punto diventa quasi superfluo sottolineare come Emily Short sia riuscita ancora una volta a dimostrare le enormi potenzialità di un medium, l'Interactive Fiction, che ancor oggi rimane colpevolmente relegato a una nicchia dell'universo dei videogiochi. Va detto tuttavia che nonostante la cura riposta nel tentativo di accompagnare anche il giocatore meno esperto lungo le vie di Atlantide, Counterfeit Monkey rimane un gioco difficile e lo è ancora di più per chi non ha una conoscenza molto buona dell'inglese o una mente particolarmente elastica. Si tratta comunque di un'esperienza unica e che va provata, anche solo per il tempo del tutorial.
PS. Un recensore particolarmente puntiglioso potrebbe aggiungere che gli elementi che formano il cuore del gioco erano già presenti in nuce nelle avventure Infocom Nord & Berth (i giochi di parole) e The Leather Goddesses of Phobos (il T-remover), ma io preferisco sorvolare.
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Molto interessante ed intrigante.
Però, il Tizio Sospettoso che è in me si chiede se proprio l'idea che sta alla base del gioco non sia stata ispirata da Grant Morrison e dalla serie degli "Invisibili".
Anche lì, infatti, molte sotto-trame erano incentrate sulla vera natura delle parole e sull'esistenza (addirittura) di altre lettere dell'alfabeto celate al resto dell'umanità. Coloro che le sapevano, dunque, potevano usare tale conoscenza proprio per influenzare le percezioni delle altre persone.
Per certi versi, molto simile!
Colgo l'occasione per farvi ancora i complimenti per il sito. Vengo spesso a darci un'occhiata e lo trovo sempre d'interesse! Continuate così!
Grazie del commento e dei complimenti.
E grazie anche per gli spunti di discussione sulle possibili fonti di ispirazione. Io mi sono mantenuto nell'ambito delle sole avventure testuali, anche se elementi vagamente simili li troviamo in almeno un paio di avventure della Legend (Spellcasting 101 e Companions of Xanth) e in ambito letterario. Il romanzo Ella Minnow Pea di Mark Dunn potrebbe aver fornito l'idea di un'isola dove le lettere hanno un'importanza quasi sacrale.