La Mugunghwa, una nave spaziale coreana partita con lo scopo di fondare una colonia interstellare, viene improvvisamente ritrovata dopo anni di silenzio radar. La nave è apparentemente deserta, “morta”: il vostro compito è esaminarla per scoprire cosa le è successo, e riportare il suo database al vostro datore di lavoro, il tutto con l'aiuto delle due IA della nave, *Hyun-ae e *Mute.
Analogue: A Hate Story è stata presentata come il sequel spirituale di Digital: A Love Story. E infatti moltissime sono le somiglianze fra i due titoli di Christine Love, a partire dall'interfaccia, che in entrambi i casi simula quella di un computer.
In Digital, il computer in nostro possesso era una simil-Amiga; in Analogue, il computer della nostra navicella è interfacciato con quello della Mugunghwa, molto più moderno.
Dopo un inizio DOS-style, non troppo difficile neanche per chi è assolutamente a digiuno di computer, ci troveremo davanti delle normalissime icone sui cui cliccare per accedere ai vari documenti conservati nell'archivio della nave.
Leggere i documenti, – quasi tutti lettere o pagine di diario – alla caccia di indizi su cosa abbia causato il disastro sulla nave, è il nostro compito principale. Scopriremo ben presto che la Mugunghwa voleva essere una replica “in piccolo” della Corea, poiché vi erano quartieri per diverse famiglie, compresa quella Imperiale, e zone “pubbliche” come piazze e mercati. E scopriremo anche che l'intero equipaggio, negli anni, era retrocesso culturalmente ai valori dell'epoca Joseon, epoca contraddistinta da una rigida società patriarcale, in cui le donne godevano di pochissimi diritti.
Le logiche e le problematiche di una società simile sono il tema centrale di Analogue. Una volta sbloccate le IA della nave, *Huyn-ae e *Mute, esse ci aiuteranno a scovare archivi perduti e ci forniranno commenti e chiarimenti su quelli che mostreremo loro. Le due IA, inoltre, hanno una visione molto diversa degli eventi occorsi sulla Mugunghwa, ed entrambe ci terranno a esprimere il loro parere e a farci capire che “le cose non stanno proprio come dice l'altra”.
In questo modo, benché certe usanze, ai nostri occhi moderni, sembreranno solamente barbariche e ottuse, si arriva a comprendere le ragioni per cui venivano usate, o credute giuste e utili. E perché certe azioni, giustificabili o meno, possano essere compiute.
Non sono abbastanza competente in storia della Corea per dire quanto la fedeltà storica sia accurata, ma va detto che il feeling è autentico (ogni tanto sembra di leggere uno dei classici cinesi), e in ogni caso è un epoca "mista": sono presenti i computer e le moderne tecnologie accanto ai costumi antichi, ai caratteri cinesi e alla cultura del periodo. La Love, negli Extra, consiglia alcuni libri che ha usato per documentarsi.
Destreggiarsi fra i vari nomi e parentele coreane, all'inizio, non è semplice, e si rischia di confondere Tizio con il padre di Tizio, o peggio il fratello o lo zio di Tizio. I nomi sono simili, i cognomi sono gli stessi, e nonostante gli alberi genealogici forniteci dalle IA, più di una volta mi sono trovata a chiedermi di chi caspita stessi leggendo esattamente. Dopo un po', però, tutto diventa più chiaro, specialmente se invece di leggere archivi a casaccio, si seguono i suggerimenti dateci dalle IA.
Abbiamo già visto, con don't take it personally, babe, it just ain't your story, l'abilità della Love nel creare personaggi verosimili, diversi fra loro e riconoscibilissimi. In Analogue questo non è cambiato. *Huyn-ae e *Mute hanno entrambe una personalità ben definita, e nonostante partano da due stereotipi visti in centinaia di anime, si sviluppano in modo originale. Ho trovato solo qualche scambio di battute fuori luogo, verso la fine della visual novel, e specialmente in uno dei cinque possibili finali.
Ma, secondo me, sono ancora meglio realizzati, e narrati, gli altri personaggi, quelli che conosceremo solo tramite lettere e diari. Anche da poche frasi si intuiranno il loro carattere, i loro desideri e le loro speranze. Christine Love è bravissima a far intuire il non detto, a far immaginare al lettore quello che accade fra una lettera e l'altra, le conseguenze o le cause di questo o quel comportamento.
E in questo modo, ben presto il nostro scopo non sarà tanto più recuperare gli archivi, quanto capire cosa è successo, cosa ha mosso i vari personaggi, o semplicemente simpatizzare con il loro dolore e le loro – poche – gioie.
Girando online, ho notato che alcuni giocatori hanno trovato molto forti alcune delle scene descritte nei documenti. Non si arriva proprio al gore spinto, però c'è molta violenza psicologica e una scena in particolare è davvero cruenta. Chi si impressiona facilmente potrebbe voler lasciare perdere la visual novel, o approcciarla con cautela.
Dal punto di vista del gameplay, Analogue segue la scia di Digital, ossia cerca di presentare un'interazione coerente il più possibile con il mondo di gioco. Dapprima dovremo interagire con un'interfaccia DOS-style per entrare nel computer della Mugunghwa; poi ci troveremo a dialogare con le due IA. A differenza delle solite visual novel, qui non avremo delle linee di dialogo fra cui scegliere, né ci verranno proposte diverse azioni da compiere. Quando una IA ci farà una domanda, compariranno due tasti, di solito rappresentanti un “sì” e un “no”, e dovremo scegliere uno dei due. Questo sistema viene giustificato dal fatto che il computer ha subito gravi danni e non riconosce altro tipo di comunicazione. E' un modo per giustificare il limitato numero di risposte che per forza di cose giochi come questo propongono. E' anche un sistema frustrante in alcuni casi, quando la risposta che vorremmo dare non è nessuna delle due proposte, ma più sfumata: ma sospetto che anche questa sia stata una scelta voluta.
E' presente anche una sezione a tempo, in cui dovremo riuscire a impedire una piccola esplosione nucleare in 20 minuti. Neanche questa parte è molto difficile, specialmente se si ha un minimo di dimestichezza con ambienti DOS. Potremo anche provare l'ebbrezza di poter ragionare sui comandi da inserire, invece di eseguire semplicemente le istruzioni di qualcun altro, ma se resteremo bloccati, ci verrà fornito un aiuto.
Graficamente, il titolo è molto curato. A differenza di don't take it personally babe, in cui la Love ha usato sfondi e sprites presi da stock gratuiti sul web, in Analogue l'arte è stata creata appositamente per la visual novel - negli Extra è possibile visionare, tra le altre cose, degli sketch preparatori dei vari personaggi. La differenza si nota parecchio: sia *Huyn-ae che *Mute hanno un character design particolare, che riflette le loro personalità.
Anche le musiche sono originali, create da Isaac Schankler. A dire il vero, solo una mi è rimasta impressa, il theme di *Huyn-ae, che è quello che sentiremo più spesso durante la visual novel. Ma tutte le tracce sono carine e adatte ai diversi momenti della narrazione.
Direi che Analogue è un degno complemento/sequel di Digital. Così come Digital riusciva a immergere in quei “5 minuti nel futuro del 1988”, Analogue riesce a immergere in questa “futura era Joseon” alla perfezione, tramite la narrazione, l'interfaccia, le musiche. La sua storia è semplice, ma molto ben narrata ed emozionante, e i suoi personaggi tutti molto vividi. Complimenti alla Love, ancora una volta.
Il sito di OldGamesItalia è attualmente "in letargo". Nuovi contenuti saranno aggiunti con minore regolarità e con possibili lunghe pause tra un articolo e l'altro.
Il forum rimane attivo, ma meno legato al sito, e gli aggiornamenti riguarderanno principalmente le sezioni di IF Italia e della versione italiana del Digital Antiquarian e del CRPG Addict.
Grazie a chi ci è stato vicino nei vent'anni di attività "regolare" di OldGamesItalia, a chi ha collaborato o a chi ci ha soltanto consultati per scoprire il mondo del retrogaming. Speriamo di avere presto nuove energie per riprendere un discorso che non vogliamo davvero interrompere.
Grazie, OGI. Arrivederci!
Chi siamo | Contattaci | Policy | Manifesto